Io penso che il significato di una richiesta sia multistrato.
Per come la vedo io si chiede per offrire uno sguardo sui propri bisogni (sballati o centrati che siano) all'altro.
Solo poi può (come no) arrivare un qualcosa, e spesso quel qualcosa è completamente inaspettato.
Può essere un atto di pace o un atto di guerra, chiedere.
Non saper cogliere la differenza fra le due cose io non penso che derivi dalla dissonanza...penso derivi dal non aver mai dovuto combattere una qualche guerra. (e non mi riferisco alle guerre "fuori", non soltanto almeno).
Va bene il dolore del tradito. Va bene la fiducia in frantumi.
Non voglio assolutamente sminuire nulla.
Ma mi piacerebbe ridimensionare anche però....
La ricetta della nonna (e del nonno) necessitava una competenza che non la rende possibile oggi: ossia il fatto che conoscendo il Dolore, quello della fame, delle bombe, della Morte, il dolore aveva una collocazione. Ogni dolore la sua.
Mio nonno è tornato a casa dalla Russia con le scarpe di cartone.
Il fratello di mia nonna si è amputato da solo il piede durante il viaggio per poterlo proseguire.
La famiglia di mio nonno è stata decimata. E idem quella di mia nonna.
Una mia zia è stata picchiata e torturata per sapere dove fosse suo padre (partigiano)
Alla sorella è stato regalato un mazzo di ortiche da portare per il paese fino a che da qualcuno fosse stato deciso che poteva smettere. E sua madre guardava. Non per indifferenza. Ma perchè se fosse intervenuta sarebbe stato immensamente peggio. Ergo gestione e collocazione del dolore.
Adesso se ci si sbuccia il ginocchio è già bello non si corra al pronto soccorso.
Se soffri un pochettino, il dolore del mondo si riversa su di te e non si riesce a fare un cazzo.
Basta un nonnulla per perdere lucidità. Men che meno si prende in considerazione la lucidità che serve per guardare un dolore e aspettare il momento opportuno.
La cecità di fronte al dolore. Credo sia uno dei fulcri delle reazioni di traditi e traditori.
E credo che si sia davvero molto, molto poco abituati ad avere a che fare con il dolore.
Lo si evita.
In ogni modo possibile. Anche farmacologicamente.
Non si impara ad abbracciarlo. E a sentirlo scorrere, anche lasciandosi portare se necessario.
Non si impara la ricchezza di un dolore.
E nemmeno la sua bellezza.
Lo si rifiuta a priori.
E non si sa più chiedere nel dolore (e AL dolore).
E non si sa ascoltare il dolore.
Che ascoltare quello dell'altro, mica è questione di empatia.
E' questione che per sentire il dolore dell'altro l'unica porta d'accesso è il proprio di dolore.
Ovvio che scatti la rabbia.
La rabbia è un meccanismo di difesa dal dolore.
O meglio...è un meccanismo che scatta ancora prima del dolore. Scatta per la paura del dolore come potrebbe essere.
tipo il bambino che urla "AHIIIIIIIII"....e l'ago è ancora a 2 cm dalla pelle.
Chiedere nel dolore vuol dire esserci seduti in mezzo.
Pazientemente.
Guardare chiedere significa sopportare la visione dell'altro che soffre.
Con le risonanze a sè.
è guardare una bambina che attraversa il paese abbracciando le ortiche senza poter fare nulla. (ma non distogliendo lo sguardo, però).
E allora le richieste non restano quello che sono. Richieste.
Diventano implicitamente ordini.
Qualcosa a cui dire semplicemente sì oppure no.
Non diventano spazio di confronto e condivisione.
Diventano un modo per combattere per un potere.
Credo che di fondo si stia perdendo il senso che chiedere è offrire.
E si gira intorno a questa questione per tutt'altre questioni. Che riguardano l'ego.
Se chiedo mi sto offrendo.
E l'unica cosa che posso fare...è guardare.
A me, la decisione di guardare fermandomi al primo strato di uno sguardo, ossia la risposta.
Oppure scendere sotto la risposta.
E si può offrire tutto chiedendo.
Guerra o pace.
Trovo che la questione non sia chiedere. La questione è offrire.
E senza motivazione valida...non ha senso.
E in alcuni momenti, magari ci sta anche. Il non senso. (ma è un'altra di quelle questioncine a cui non si è più per il niente abituati...il non senso della sofferenza, dell'ingiustizia, della delusione).
Ma è lì che si vede se l'altro è un alleato affidabile e onesto oppure no.
Tacere...è comunque chiedere all'altro di parlare.
Cambia solo la posizione in cui lo si fa.
Anche il tacere, se non posizionato non porta a nulla. Se non alla chiusura della comunicazione. All'arroccamento.
Ovviamente e come sempre, a mio parere.
