Quando capitasse che vostro figlio/a vi facesse una confidenza sua privata legata a sue percezioni e sensazioni, esplicitando la volontà di aprirsi solo con voi e NON con il vostro compagno/a ..
Voi cosa fareste?
Vi inculate il compagno/a mantenendo la riservatezza richiesta?
O vi inculate il figlio, andando subito a spifferare le sue sensazioni e percezioni al vostro compagno/a , disattendendo di fatto la sua volontà?
Tendenzialmente questo genere di "alleanze" non va bene. Sono il modo migliore per "smontare" l'altro genitore. Da figlia purtroppo mi e' più spesso capitato l'inverso, vale a dire (ed ero piccola) di tacere a mio padre alcune cose che mia madre non voleva sapesse. Oltre che di raccogliere sfoghi di cui certamente non avrei dovuto essere destinataria.
I danni li ho capiti a posteriori.
Adesso nella mia situazione faccio il possibile per non demolire il padre di mio figlio, e ho a mia volta imposto ai miei genitori (a entrambi) che non voglio sentire volare una mosca del padre in presenza di mio figlio.
Questa e' la premessa.
Adesso mio figlio e' ancora piccolo, e peraltro ho il problema opposto (vale a dire che ha più che introiettato la assenza di un dialogo sereno tra noi e tende a lasciare "divisi" i mondi, quindi il lavoro è quello di fargli capire che mamma e papà sono divisi ma la sua vita con entrambi e' un unicuum. E questo ovviamente passa attraverso il recupero di un dialogo per quanto "basico", ma sereno, tra noi genitori. Ed è difficile).
Cio' detto, nella pratica credo che capiti, random, quella confidenza che può essere raccolta anche con un "non glielo dire a papà /mamma). Non necessariamente inculando l'altro. Dipende anche dalla questione e dalla età del figlio. Dal fatto che siano esperienze o problemi, tanto per dirne una. Scelte individuali legittime, o cose da nascondere. Credo che l'importante (fondamentale) sia non prestarsi a diventare il "raccoglitore" di confidenze se ed in quanto vanno contro i principi dell'altro genitore. Che in quel caso DEVE sapere. Insomma, un continuo discernimento che alla base ha la non abitudine (anche fattiva dell'altro genitore come membro disposto all'ascolto) ad essere "quello che ascolta", o al contrario "quello che gli va bene ascoltare tutto senza intervenire".