Volevo dire la mia sull'argomento, ché mi è capitato di rifletterci.
Dato l'argomento, sarò serio: eviterò battute, farò anche un'analogia che mi sembra pertinente e cercherò di essere chiaro.
La cultura mafiosa non riguarda solamente la mentalità della criminalità organizzata ma ha un’accezione più ampia poiché con essa s’intende la negazione delle regole sociali a favore delle regole private e familistiche.
Alla base della cultura mafiosa c'è quindi un principio di "compromesso" che viene vissuto giorno per giorno fin nelle più piccole cose: chiedere un favore per agevolare una pratica, per farla indebitamente passare avanti, ecc. Cose così.
Questa cultura del compromesso è evidentemente tossica ed è l'humus necessario senza il quale non si potrebbe sviluppare la mafia che poi finisce sui giornali.
Nonostante ciò, a me (ma neanche a nessun altro) viene da paragonare il geometra del comune che chiede un foglio da 100 aggiustare una pratica al piccioto che, pistola alla mano, va a chiedere il pizzo al negozio e ancora meno al boss che scioglie un bambino nell'acido.
Anche quello che fa il geometra è un reato ma ha un nome diverso ed una punizione diversa rispetto a ciò che viene attribuito ai suddetti picciotti né, ovviamente, si può dare alcuna responsabilità al geometra che si prende il biglietto da 100 delle stragi mafiose.
Penso che l'analogia sia chiara e non ci sarebbe neanche bisogno di svilupparla, ma lo farò lo stesso.
Se tollerata, la cultura machista di chi considera una goliardata la pacca sul culo ad una donna è ovviamente il substrato che fornisce il contesto sociale in cui si svilupperà qualcuno che considererà naturale e legittimo scoparsi una ragazza fatta ubriacare apposta e in cui si svilupperà, all'estremo, lo stupratore da strada.
Ora, siamo d'accordo che il palpeggiatore contribuisce a creare questa cultura, e va bloccato.
Diamo quindi un nome a quello che ha fatto: un nome che vada oltre il semplice concetto di idiozia ma che, però, non lo trasformi in un criminale sessuale, perché la cosa mi sembra un po' fuori di misura.
E diamo anche una punizione a quello che ha fatto ma che sia commisurata alla gravità di quello che ha fatto.
Leggo che gli è stato dato un Daspo di tre anni. Si potrebbe aggiungere un periodo di volontariato in un centro antiviolenza. Per me, così, sarebbe appropriato.
Poi, vabbeh, c'è anche quello che dovrà sopportare a casa, perché immagino che la compagna gli farà pelo e contropelo (ma questi, in fondo, sono cazzi suoi e della sua idiozia!).
Però sentir parlare di "violenza sessuale" e pene di carcere che vanno dai 6 ai 12 anni lo considero fuori da ogni proporzione e, soprattutto, da ogni logica.
Non è però questo il problema: poco importa che a me sembri sproporzionato.
E il problema non è neanche tanto il rispetto per chi ha subito violenze più gravi.
Il problema vero è che dipingendo tutto con un unico pennello si stempera la questione della violenza sessuale: tutti stupratori == nessuno stupratore.