Un conto è la legge, ed altro è la sua corretta applicazione.
Se fossi ginecologa, io sarei antiabortista, lungi da me pensar male di chi sceglie questa via, ma personalmente scelgo di non accoppare nessuno

Ciò non toglie che le strutture ospedaliere devono essere in grado di far fronte alle richieste, così come previsto dalla legge, e che non esiste al mondo che (come ricordato da alcuni qui dentro) se decido di abortire praticamente non appena mi accorgo, rischio di trovarmi ben più in là a causa di lungaggini burocratiche e/o indisponibilità dei medici. Comprendo comunque la posizione di chi, abituato a salvare vite, o a far nascere, o comunque ad aumentare il benessere delle persone, si trovi a dire di non volere sulla coscienza futuri bambini mai nati, ovviamente però questo è un discorso che sta alla sensibilità individuale. Io stessa nel corso della vita l'ho cambiata

Ma questo non toglie che, se esiste un diritto, deve anche esistere la relativa possibilità di esercitarlo.
Tempo fa (non sono sicura, ma mi pare che fosse un utente medico che si chiamava twinpeaks) discutemmo sulla correttezza formale della legge. Lui, se non ricordo male, sosteneva l'attuazione indiscriminata della pratica abortiva, per come disciplinata dalla legge. Io gli mostrai come, dal testo legislativo, così non fosse. Ecco: il deprecabile, secondo me (in senso buono, che capisco bene che se ci si trova convintissimi delle proprie ragioni poi si finisca pure per non essere più obiettivi) è ciò che succede DOPO. Che si creino "schieramenti", del tutto non obiettivi. La legge da noi c'è. Trova agevole applicazione nel concreto? da ciò che sento in giro, no. Attuare la scelta dell'aborto diventa spesso una giostra infinita di rimbalzi, con un tempo a scadenza, che non fa altro (spesso) che aumentare il dolore e l'angoscia di chi si trova a farne uso. Il problema della carenza di medici che lo praticano, idem, pur nel rispetto del loro (sacrosanto) diritto di astenersi. E questo è abbastanza sotto gli occhi di tutti. Andare invece a criticare la chiarezza, o la coerenza, di una legge che (una tamtum!) spiega assai bene
iter, tempistiche e modalità di intervento, no, non mi pare una scelta condivisibile. Perché una legge c'è, e disciplina in modo assai chiaro tutti gli step, e tutte le casistiche. Andare ad attaccarsi alla inadeguatezza della legge (piuttosto che alle carenze del sistema che la dovrebbe attuare) significa alimentare odi e fazioni. A creare il solito casino, in virtù del quale si giunge persino a dire "la legge sono io" (twinpeaks non si era spinto a tanto, mi pare si fosse fermato a dire che la legge non prevedesse un iter fatto anche di colloqui preliminari all'aborto: cosa non veritiera, perché la legge li disciplina eccome, e i problemi, ove ce ne siano, risiedono nel rispetto delle tempistiche previste dalla stessa legge, che li contempla eccome). Ecco: l'inadeguatezza non è della legge (per una volta), ma del sistema che la dovrebbe mettere in concreta applicazione. E non è un distinguo da poco, secondo me. Guardare alla legge significa o non volere vedere il problema, distrarre il potenziale fruitore di quella legge dai problemi reali, oppure (ipotesi nemmeno troppo diversa) creare fazioni. Che pure quelle fanno discreto casino e allontanano dal cuore del problema.
La legge non ha (non deve avere) connotazioni interpretative di tipo "morale" (per il che, come si è ben visto, ognuno dice la sua). La legge deve contemperare interessi, e nel far questo deve tenere conto del progresso e dello "stato" di una società, del suo sentire: solo in questa misura la morale concorre alla sua formazione. Non nella sua successiva applicazione, però. C'è una legge, e quella si applica. Quando quella legge non sarà (più) rispondente alla società che la ha creata, la legge dovrà essere adeguata. Ma fino ad allora quella c'è (con tutti i rischi connessi alla percepita iniquità della medesima, eh: che però van tenuti ben distinti dalla inadeguatezza del sistema ad applicarla).
Secondo me, nel caso in questione, dato atto della mancata attuale possibilità di vederla applicare senza mille odissee, il lavoro da compiersi è proprio sulla copertura della domanda, vale a dire sul disporre di medici non obiettori che la attuino. E quindi destinare un "tot" di personale medico non obiettore nei reparti ospedalieri, operando un contemperamento tra le esigenze di quelli obiettori a non vedersi "preferiti" colleghi non obiettori con l'esigenza che chi fruisce di questa legge possa farlo fattivamente e non solo sulla carta. Non sono certo un'esperta, ma direi che in questi termini un qualche sistema di contemperamento che si basi, che so, sulla diversità degli interventi che un medico ostetrico/ginecologo possa trovarsi normalmente a svolgere in un ospedale, e quindi sulla relativa attribuzione delle mansioni (azzardo un'ipotesi), la si possa anche trovare