Dal 1983, secondo i dati, le interruzioni sono in costante decrescita.
Anche nelle straniere, che restano comunque la percentuale più alta di richiedenti.
Basta guardare i dati in modo complesso e senza estrapolarli. E soprattutto considerandoli in modo sociale, ossia descrittori sempre parziali di un processo e non di un oggetto.
Questo significa diverse cose: che stanno funzionando interventi atti all'utilizzo dell'interruzione come extrema ratio, che la possibilità di accedere ai farmaci (banalmente avere la pillola del giorno dopo senza ricetta) è aumentata, che l'interruzione farmacologica, che non avviene sul water di casa o almeno non tanto quanto avviene in casa l'infibulazione che poi finisce in urgenza per stepsi in ospedale, che forse forse l'uso di contraccettivi si sta diffondendo.
I consultori hanno il compito di non schierarsi. Prescritto dalla legge.
Il consultorio è un passaggio obbligato se si vuole iniziare il percorso di interruzione.
Non è un luogo morale. E neppure di convincimento.
E' un luogo in cui si analizza, in campo NEUTRO, le opzioni. CONCRETE e in modo PRAGMATICO.
E soprattutto REALISTICO.
Questo è stabilito dalla legge. Spesso inapplicata.
Che un "ti aiutiamo noi" che nel concreto diventa un nulla, meglio farne serenamente a meno.
Se è vero che ci sono difficoltà per la donna che si presenta, diventa pure crudele e vessatorio. E giudicante. Non l'atto ma la persona, nel suo percorso di vita.
Alla stessa stregua di un "liberati" (e quanto è significativa questa parola in relazione alla concezione della maternità in questo paese...)
La legge recita
I consultori familiari istituiti dalla
legge 29 luglio 1975, n.
405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la
donna in stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla
legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e
assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel
territorio;
b) informandola sulle modalita' idonee a ottenere il rispetto
delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo all'ente locale competente
o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi,
quando la gravidanza o la maternita' creino problemi per risolvere i
quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera
a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la
donna all'interruzione della gravidanza.
Sempre citando la legge
Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover
garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni
caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della
gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o
sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la
donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel
rispetto della dignita' e della riservatezza della donna e della
persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei
problemi proposti, di
aiutarla a rimuovere le cause che la
porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado
di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere
ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti
gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto
In questo genere di discussione mi piace sempre notare come ci si concentri sulla morale, sul sì e sul no, lasciando quasi del tutto fuori le questioni per cui quella legge è nata.
Alcune delle quali parecchio attuali.
L'utero è mio era uno slogan, in risposta alla condizioni socio storico e culturali del tempo in cui nacque.
Fino al 1978, l’interruzione volontaria della gravidanza era considerata un reato. Nel “codice Rocco” erano previsti una serie di reati tra cui “l’aborto di donna consenziente”, l’aborto di donna “non consenziente”, “l’autoprocurato aborto” e la “istigazione all’aborto”. Del tutto in linea con la concezione culturale dell’epoca era l’attenuante della “causa d’onore” che permetteva la diminuzione delle pene per chi commetteva i reati previsti per l’aborto per “salvare l'onore proprio o quello di un prossimo congiunto”. In questo caso le pene venivano diminuite dalla metà ai due terzi.
Che ancora si parta da un concetto come quello, destoricizzandolo, indica soprattutto il fatto che il processo di autodeterminazione, in particolare per quanto riguarda la percezione delle donne stesse e in collaborazione con gli uomini è ancora di là da venire.
A partire da una discussione in cui donne e uomini considerano l'autodeterminazione non come un atto di proprietà ma come una espressione di una individualità, di un ruolo, e di un corpo sociale, soprattutto, che riconosce se stesso nella storia e nelle condizioni.
Senza parlare del fatto che quella legge, tutto sommato, ha sanitarizzato un atto, meccanicizzandolo.
Uno degli obiettivi era soprattutto legalizzare un atto prima illegale. E puntualmente punito con rigore. (a differenza di uno stupro, che fino al '98 mi pare, era considerato un reato contro la morale e non contro la persona e di conseguenza non punito, con gli strascichi attuali a riguardo.)
Fra i risultati l'etremizzazione e la polarizzazione in due schieramenti, il sì e il no, che non portano ad altro se non ad uno scontro fra idee e ideali. E principi.
In mezzo, tanto per cambiare, c'è il corpo delle donne e anche il benessere dei bambini.
Nel frattempo, interventi di educazione alla sessualità, demoliti.
Fondi spariti.
Scuola devastata.
Sanità ridicolizzata e resa grottesca.
Mondo del lavoro e sostegni concreti alle famiglie (che non siano il bonus di sticazzi e il tu stai a casa che ti diamo 5 euro per il disturbo). E in questo ambito a far testo sono le fasce basse, del lavoro, non quelle alte che tutto sommato dei passi li stanno facendo.