Si. Per te è un critica per me una benedizione
Aggiungo chr quando hanno deciso di iniziare la sedazione tutto il dolore e la preoccupazione per mio padre è scomparsa. Ho ritrovato ls serenità di vederlo sereno e spegnersi con me e mia mamma al suo fianco.
ancora oggi quando entro in hospice e passo davanti alla stanza dove era lui mi capita di sorridere
Non potevo volere per lui una fine migliore di quella non potendo sperare in una guarigione o in una vita degna
Grazie per avermi risposto.
Non lo davo per scontato.
Per te è una critica, non per me.
Esiste una forma di eutanasia in Italia, e sono le cure palliative di fine vita (sedazione terminale). Nei confronti che potuto avere, con chi ha avuto parenti malati di tumore al pancreas, da entrata in hospice la media di giorni di vita è di 5 giorni. Se la persona è in grado di muoversi, dopo 2 giorni sarà allettata.
Ho scritto un messaggio senza quotare nessuno, dopo aver letto una serie di messaggi.
Quando si parla di eutanasia e di "staccare macchine" o roba simile, pare quasi in Italia non ne esista alcuna forma, mentre invece è comune la sospensione delle terapie quando subentrano le cure palliative. Quindi per essere chiari, nel momento che entrano le cure palliative, viene levata o diventa inapplicabile una cura intesa come la consideriamo genericamente, in cui si tende ad un recupero verso la vita, intesa come la vita che la persona stessa poteva svolgere prima del conclamarsi di una patologia. Il termine stesso, palliazione, dice tutto.
Ho citato gli hospice ma come tu ben saprai, non è solo negli hospice che può avvenire un percorso di fine vita, ma è possibile farlo anche rimanendo a casa propria (qui si potrebbe aprire una divagazione su come funziona a livello sanitario a seconda della regione, ma non mi pare il caso di andare nello specifico).
So che nella letteratura scientifica le cure palliative vengono divise dal concetto di eutanasia (probabilmente è nell’uso del termine eutanasia che hai letto una critica agli hospice), intesa come morte intenzionale, effettuata da un medico, per mezzo della somministrazione di farmaci, assecondando la richiesta volontaria e consapevole della persona stessa.
Mentre la definizione di Sedazione Palliativa è la seguente:
Riduzione, fino alla totale abolizione, della coscienza del paziente, indotta farmacologicamente, finalizzata al controllo di gravi sintomi refrattari in prossimità della morte (ore o pochi giorni).
Sintomo refrattario
Sintomo che non può essere adeguatamente controllato nonostante ogni sforzo volto ad identificare una terapia adeguata che non comprometta lo stato di coscienza.
Ma di fatto non è infrequente che una persona con già gravi comprossioni fisiche arrivi alla morte con concomitanza di quanto può produrre l’uso di determinati farmaci (morfina, fentanyl, ossidocone, ect), ad esempio la depressione respiratoria conseguente da oppiacei, già "visibile" con un decremento della saturazione di ossigeno dopo la prima somministrazione di oppioidi.
Probabilmente per te, molte di queste cose, come si suol dire sono accademia, ma per molte persone non è lo stesso.
La decisione anche riguardo le cure palliative, prevede un consenso informato qualora il paziente venga definitivo "competente", o in altri casi un giudizio sostitutivo. La prassi prevederebbe che laddove siano facilmente prevedibili complicanze terminali andrebbero preparati in anticipo e con gradualità, paziente e familiari.
In questo non vi è critica, ne giusto o sbagliato, ne buono o cattivo, è quanto noi abbiamo stabilito, perlomeno in Italia.
In altri luoghi del nostro pianeta, o in passato, quanto stabilito era diverso.
Fuori da quello che può essere un ambito accademico, si tende più ad andare alla sostanza, e di fatto quindi ho usato scrivere che esiste una forma di eutanasia.
Se devo rivolgere una critica, ma critica in senso lato, nel senso che non so che critica possa essere scritta nel nulla, è che tutto ciò che è perfetto in letteratura scientifica, talvolta non è esattamente uguale quando viene applicato, magari nel reparto di un ospedale.
E’ vero, non siamo abituati a vedere i nostri simili morire, e la perdita di una persona cara è qualcosa che spesso viene vissuto come evento sconvolgente, per quanto razionalmente si possa tutti concordare che la morte fa parte della natura.
Anche se ci sono percorsi diversi, il mio, quello di Giulia, il tuo (nel neretto tu non mi parli di tuo padre, di qualcosa di clinico, ma di te, della tua condizione, non della sua) il dolore lo abbiamo provato. Leggendo Giulia (messaggi passati, non recenti), che ha descritto qualcosa quasi in antitesi rispetto a quanto ho vissuto io, ho capito quanto entrambe più ancora a fronte dell’antitesi parlassimo di uno stesso dolore.
Non so se questo si capirà.
A questo punto, per completezza, dovrei scrivere cosa ho visto io, però dal momento che tante persone probabilmente non lo vivranno mai, e che non ci stiamo scrivendo in forma privata, preferisco autocensurarmi. Non riguarda gli hospice, ad ogni modo.
Dopo lo collochi, dentro quel dolore comune ad un percorso di malattia, che porta a vedere mancare un affetto.
Oltre i casini svolti da personaggi che su vicende umane ne fanno questione di potere, come penso sia avvenuto in questo caso (tema del topic), a me pare che venga dimenticata la storia di una madre, che avrà seguito lo svolgersi della patologia della figlia, ed entrando nel mondo della patologia, scoprendo termini che magari non conosceva, seguendo un percorso teso a vedere la propria creatura migliorare. Non credo a tal proposito possano far testo parole come quelle riportate in uno degli articoli che ho letto qua sopra, in cui la madre dice una cosa, e il padre invece un altra. Mi pare evidente che questa donna, questi genitori, stavano lottando per seguire delle cure, sperando da qualche parte venisse data una possibilità alla piccola, per questo ho usato il termine "viaggio della speranza", e non credo quindi sia tanto importante il dettaglio clinico specifico, in qualche modo quella donna ha certo visto un possibilità per la sua creatura, nel viaggio in Italia.
E qui non escludo sia mancato, un tempo che teoricamente si pensa dovuto e dedicato, alla preparazione della morte della creatura.