Ci hanno insegnato che l'amore è eterno e ora ...

iosolo

Utente di lunga data
Io ne faccio più una questione di ruoli e mi domanderei: che ruolo ho io per lui? E lui per me? È cambiato? Se si, mi può andare bene comunque?
Io credo che il mio ruolo per lui sia di "famiglia", importante senza ombra di dubbio, perché accoglie in sè affetto e progettualità. Però il ruolo passionale, di moglie, compagna, amica è andato perso sempre di più negli anni.
Io volevo però anche quel ruolo lì, moglie compagna, amica, ma negli anni dopo il tradimento secondo me non sono riuscita ad ottenerlo.
Oggi dopo il nostro vissuto, sarà ancora più difficile, per lui ma anche per me. Quindi la domanda che mi pongo e mi sto ponendo da subito è:
posso vivere una relazione senza questi sentimenti? Io credo di no.
Il rischio è che faccia esattamente quello che ho fatto negli ultimi anni, cercare di ficcare una forma rotonda in una quadrata sperando di non notare la differenza, ma che ha portato a quel senso di insoddisfazione e al successivo disastro.
 

Marjanna

Utente di lunga data
La "certezza" dei sentimenti, a guardare bene, era frutto di una educazione rigida, di un'etica del dovere non più attuale e, non ultimo, di una condizione femminile di inferiorità. Ed anche di una certa ignoranza diffusa, frutto del vivere in un ambiente ristretto.
Io invece penso che non è che in passato ci fosse tutta sta totale ignoranza, detti, proverbi, espressioni locali creavano delle forme di sapere.
Le canzoni raccontavano gli amori.
La vita più dura, i periodi di guerra, falciavano inesorabilmente chi era più fragile, o chi poteva avere momenti di fragilità, ma nel momento decisamente sbagliato.

Viviamo credendo che il presente sia il futuro, e che non possa seguire altro futuro a quello che viviamo noi. E mentre crediamo questo, diventa passato...
Io non escludo che la durata delle vita e il benessere possa aver inciso nei rapporti. Tanti dei scriventi qui, hanno genitori anziani in vita, ma basta uscire per strada per vedere quante coppie di anziani ci sono. Dunque le nuove generazioni hanno quel parametro.

Nel 1863 l’età mediana di morte non arrivava ai 50 anni, fermandosi a 49,29. Negli anni a seguire ci sono aumenti e flessioni, ma con un complessivo trend in crescita che fa registrare come età media di morte 54 anni nel 1881, quasi 60 nel 1891, 62,46 nel 1901, fino ai 71,11 del 1951. Oggi, la speranza di vita per un bambino che nasce in Italia è di 78,67 anni, mentre una bambina può sperare in 84,04 anni da vivere
(dati Istat 2007).

Ora so che al massimo si tende a tornare indietro al dopoguerra, ma la nostra formazione avviene -a livello culturale, che siano detti, proverbi, o libri- considerando molti più anni. Percui pensa a dover parlare di amore, con il limite di vita di 50 anni.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io credo che il mio ruolo per lui sia di "famiglia", importante senza ombra di dubbio, perché accoglie in sè affetto e progettualità. Però il ruolo passionale, di moglie, compagna, amica è andato perso sempre di più negli anni.
Io volevo però anche quel ruolo lì, moglie compagna, amica, ma negli anni dopo il tradimento secondo me non sono riuscita ad ottenerlo.
Oggi dopo il nostro vissuto, sarà ancora più difficile, per lui ma anche per me. Quindi la domanda che mi pongo e mi sto ponendo da subito è:
posso vivere una relazione senza questi sentimenti? Io credo di no.
Il rischio è che faccia esattamente quello che ho fatto negli ultimi anni, cercare di ficcare una forma rotonda in una quadrata sperando di non notare la differenza, ma che ha portato a quel senso di insoddisfazione e al successivo disastro.
Questo è il “tutto” di cui parlavi.
Devi decidere però di poterne fare a meno. Non è facile trovarlo in un altro che neppure ha tutti i pregressi che saldano le relazioni.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io invece penso che non è che in passato ci fosse tutta sta totale ignoranza, detti, proverbi, espressioni locali creavano delle forme di sapere.
Le canzoni raccontavano gli amori.
La vita più dura, i periodi di guerra, falciavano inesorabilmente chi era più fragile, o chi poteva avere momenti di fragilità, ma nel momento decisamente sbagliato.

Viviamo credendo che il presente sia il futuro, e che non possa seguire altro futuro a quello che viviamo noi. E mentre crediamo questo, diventa passato...
Io non escludo che la durata delle vita e il benessere possa aver inciso nei rapporti. Tanti dei scriventi qui, hanno genitori anziani in vita, ma basta uscire per strada per vedere quante coppie di anziani ci sono. Dunque le nuove generazioni hanno quel parametro.

Nel 1863 l’età mediana di morte non arrivava ai 50 anni, fermandosi a 49,29. Negli anni a seguire ci sono aumenti e flessioni, ma con un complessivo trend in crescita che fa registrare come età media di morte 54 anni nel 1881, quasi 60 nel 1891, 62,46 nel 1901, fino ai 71,11 del 1951. Oggi, la speranza di vita per un bambino che nasce in Italia è di 78,67 anni, mentre una bambina può sperare in 84,04 anni da vivere (dati Istat 2007).

Ora so che al massimo si tende a tornare indietro al dopoguerra, ma la nostra formazione avviene -a livello culturale, che siano detti, proverbi, o libri- considerando molti più anni. Percui pensa a dover parlare di amore, con il limite di vita di 50 anni.
Però la prospettiva di vita è determinata dalla mortalità infantile (ma pure per guerra e malattie) non è che la gente morisse a cinquant’anni. Purtroppo molti morivano prima. La famiglia di Alessandro Manzoni è un esempio.
 

Marjanna

Utente di lunga data
Perché sono impulsiva e la sua sola presenza mi disgustava profondamente.
Mi sono tormentata mesi per cercare di capire se il mio agire era conforme al mio senso di impegno e responsabilità. Poi ho capito che lui non capiva niente e io non posso stare con chi non capisce queste cose.
Ma dopo un tradimento vedevi questo (come coppia).
Chi ci vorrebbe abitare?



Però la prospettiva di vita è determinata dalla mortalità infantile (ma pure per guerra e malattie) non è che la gente morisse a cinquant’anni. Purtroppo molti morivano prima. La famiglia di Alessandro Manzoni è un esempio.
Si certo. Ma ciò che ci arriva dai detti, dai romanzi, ect. arriva da chi era in vita, non da bambini che morivano.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ma dopo un tradimento vedevi questo (come coppia).
Chi ci vorrebbe abitare?





Si certo. Ma ciò che ci arriva dai detti, dai romanzi, ect. arriva da chi era in vita, non da bambini che morivano.
Tutto vero.
Bellissima la metafora della casa.
 

iosolo

Utente di lunga data
Questo è il “tutto” di cui parlavi.
Devi decidere però di poterne fare a meno. Non è facile trovarlo in un altro che neppure ha tutti i pregressi che saldano le relazioni.
Essere consapevoli però di non averlo mai è difficile, com'è difficile continuare a volere qualcosa e continuare ad accantonarlo. Finchè riesci a rimanere in un tuo schema mentale è più facile, ma il mio tradimento ha fatto saltare anche quel piano, ho consapevolezza che voglio anche quello, come posso accontentarmi ora di qualcosa di meno?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Essere consapevoli però di non averlo mai è difficile, com'è difficile continuare a volere qualcosa e continuare ad accantonarlo. Finchè riesci a rimanere in un tuo schema mentale è più facile, ma il mio tradimento ha fatto saltare anche quel piano, ho consapevolezza che voglio anche quello, come posso accontentarmi ora di qualcosa di meno?
Si chiama principio di realtà.
Io ho la consapevolezza di non essere stata amata. Pazienza, ho amato io.
@Divì vuoi completare?
 

iosolo

Utente di lunga data
Però la prospettiva di vita è determinata dalla mortalità infantile (ma pure per guerra e malattie) non è che la gente morisse a cinquant’anni. Purtroppo molti morivano prima. La famiglia di Alessandro Manzoni è un esempio.
Io ricordo sempre il racconto di una nonna, che dopo il mio aborto a pochi mesi, mi disse, pensa io ho partorito un figlio morto di 8 mesi, non è la fine del mondo. Che è vero, se ci pensiamo con un certo cinismo.
Però ogni situazione, dolore, è condizionato dal proprio tempo e dalle proprie "aspettative". Oggi le aspettative sono sicuramente più alte.
Anche nel matrimonio e nei rapporti di coppia.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io ricordo sempre il racconto di una nonna, che dopo il mio aborto a pochi mesi, mi disse, pensa io ho partorito un figlio morto di 8 mesi, non è la fine del mondo. Che è vero, se ci pensiamo con un certo cinismo.
Però ogni situazione, dolore, è condizionato dal proprio tempo e dalle proprie "aspettative". Oggi le aspettative sono sicuramente più alte.
Anche nel matrimonio e nei rapporti di coppia.
Direi che sono diverse.
 

iosolo

Utente di lunga data
Direi che sono diverse.
Un po' in eccesso come paragone ma non così lontano, con quelli che erano i rapporti e i sentimenti di quell'epoca, dove la morte infantile era la normalità.
Mia nonna disse a mia madre che la scelta del marito doveva basarsi sul se era un buon lavoratore.
Tu ti accontenteresti ora di questa definizione per tua figlia? Si vuole di più, se non per noi, per i nostri figli.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Un po' in eccesso come paragone ma non così lontano, con quelli che erano i rapporti e i sentimenti di quell'epoca, dove la morte infantile era la normalità.
Mia nonna disse a mia madre che la scelta del marito doveva basarsi sul se era un buon lavoratore.
Tu ti accontenteresti ora di questa definizione per tua figlia? Si vuole di più, se non per noi, per i nostri figli.
Buon lavoratore non era che una definizione per un uomo affidabile che mantiene gli impegni anche faticosi. Era sottinteso che era ciò su cui potevano esprimere giudizio i genitori, poi doveva piacere a lei.
Tu chiederesti a tua figlia di mettersi con un nullafacente?
 

iosolo

Utente di lunga data
Buon lavoratore non era che una definizione per un uomo affidabile che mantiene gli impegni anche faticosi. Era sottinteso che era ciò su cui potevano esprimere giudizio i genitori, poi doveva piacere a lei.
Tu chiederesti a tua figlia di mettersi con un nullafacente?
Tu chiederesti a tua figlia di stare con un uomo solo per la sua posizione economica?
Il sottinteso era se mantiene te e i tuoi figli, va bene, che chiedere di più? Cultura, rispetto, intelligenza o interessi in comune?
Se neghi che per la maggior parte della popolazione erano queste, giustamente le priorità, sai anche tu che fai una forzatura.
Le scappatelle degli uomini erano viste, anche li, immagino con biasimo, ma erano accettate come fatto della vita, di cui non lagnarti nemmeno troppo.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Tu chiederesti a tua figlia di stare con un uomo solo per la sua posizione economica?
Il sottinteso era se mantiene te e i tuoi figli, va bene, che chiedere di più? Cultura, rispetto, intelligenza o interessi in comune?
Se neghi che per la maggior parte della popolazione erano queste, giustamente le priorità, sai anche tu che fai una forzatura.
Le scappatelle degli uomini erano viste, anche li, immagino con biasimo, ma erano accettate come fatto della vita, di cui non lagnarti nemmeno troppo.
“Bravo lavoratore” non è dire “uomo ricco”.
Gli altri aspetti spettano a chi se lo “sposa”.
Non sto negando nulla su cui non si possono fare indagini, al più si possono fare supposizioni.
Sei tu che stai facendo deduzioni da “buon lavoratore”.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
A me sembra che questo iato fra sentimento e emozione sia anacronistico.
L'errore di Cartesio che si perpetua.

Come se ancora fosse vera la considerazione per cui le funzioni superiori dell'essere umano (ragione, linguaggio, morale) risiedono nel cervello e tutto ciò che è sotto (emozioni comprese) appartengano all'animalità inferiore.

Ed è ormai dimostrato che questa considerazione è un errore.

L'altro errore è sezionare, col bisturi le emozioni.
Positive e negative, come se anche questo fosse ancora vero.
E non lo è più. Non che prima fosse vero, lo si credeva vero.
Ora è dimostrato che è un errore.


La qualità della regolazione emotiva da parte del funzionamento cognitivo sembra essere determinata sia dalla qualità delle rappresentazioni del sistema cognitivo sia dalla forza delle vie neuronali che vanno dalla corteccia prefrontale verso l’amigdala (LeDoux 1989).

LeDoux ipotizza che i sentimenti vengano vissuti quando le rappresentazioni delle valutazioni degli stimoli effettuate dall’amigdala e dalla neocorteccia, insieme alle rappresentazioni degli stimoli scatenanti, sono immerse nella memoria di lavoro e si integrano con le rappresentazioni delle esperienze passate e le rappresentazioni del sé (LeDoux 1989).


Senza entrare nello specifico e lasciando da parte le puttanate dell'ultima ora sull'educazione ai sentimenti e amenità simili da delegare ad un unico istituto, che è una puttanata non per parere personale ma per prove scientifiche, io piuttosto mi chiedo:

come è possibile conservare quello che qui una utente ha chiamato "sguardo amorevole" se la comunicazione interna con le proprie emozioni, TUTTE e TUTTE INSIEME, è interrotta?

E come è possibile conservare quello sguardo amorevole, che è l'unico che permette Cura, dal momento in cui nella comunicazione, in generale e in particolare di coppia, vieto l'ingresso all'altro nelle mie ombre personali, se non condivido il dolore di un percorso, di una o più scelte, il dolore di Essere fondamentalmente?

Di che sentimenti sto parlando nel momento in cui non sono educato a regolare i miei stati emotivi?

Tutti gli stati emotivi. Nessuno escluso.
E soprattutto con particolare attenzione e cura a quelli meno voluti...paura, rabbia, dolore...

Qualche studioso dice che "i sentimenti sono la coscienza delle emozioni".

Beh...che coscienza ci può essere se il mondo emozionale è relegato alla punta di iceberg perlopiù inesplorato ed esplorabile in solitaria?

E cosa discende, anche semplicemente nella definizione di "fedeltà", dall'inesplorazione?

Il modello corrente da un centinaio di anni è una sorta di grande libro della vita, una sorta di materiale semplificato che indicasse una via valida suppergiù per tutti.
Tranne che per gli anormali, i deviati, i perversi.

Poi...eh...surprise,,,è cambiata la definizione di normale e a-normale, di devianza, di perversione, di malattia...e i materiali semplificati sono anacronistici.

Un grosso problema per i giovani, per come la vedo io, è che sono ancora costretti a farci riferimento, sapendo benissimo, perchè lo sperimentano, che quello a cui stanno facendo riferimento è una sorta di libro dei morti ma per i vivi.

Sarei parecchio incazzata al posto loro. :D
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
A me sembra che questo iato fra sentimento e emozione sia anacronistico.
L'errore di Cartesio che si perpetua.

Come se ancora fosse vera la considerazione per cui le funzioni superiori dell'essere umano (ragione, linguaggio, morale) risiedono nel cervello e tutto ciò che è sotto (emozioni comprese) appartengano all'animalità inferiore.

Ed è ormai dimostrato che questa considerazione è un errore.

L'altro errore è sezionare, col bisturi le emozioni.
Positive e negative, come se anche questo fosse ancora vero.
E non lo è più. Non che prima fosse vero, lo si credeva vero.
Ora è dimostrato che è un errore.


La qualità della regolazione emotiva da parte del funzionamento cognitivo sembra essere determinata sia dalla qualità delle rappresentazioni del sistema cognitivo sia dalla forza delle vie neuronali che vanno dalla corteccia prefrontale verso l’amigdala (LeDoux 1989).

LeDoux ipotizza che i sentimenti vengano vissuti quando le rappresentazioni delle valutazioni degli stimoli effettuate dall’amigdala e dalla neocorteccia, insieme alle rappresentazioni degli stimoli scatenanti, sono immerse nella memoria di lavoro e si integrano con le rappresentazioni delle esperienze passate e le rappresentazioni del sé (LeDoux 1989).


Senza entrare nello specifico e lasciando da parte le puttanate dell'ultima ora sull'educazione ai sentimenti e amenità simili da delegare ad un unico istituto, che è una puttanata non per parere personale ma per prove scientifiche, io piuttosto mi chiedo:

come è possibile conservare quello che qui una utente ha chiamato "sguardo amorevole" se la comunicazione interna con le proprie emozioni, TUTTE e TUTTE INSIEME, è interrotta?

E come è possibile conservare quello sguardo amorevole, che è l'unico che permette Cura, dal momento in cui nella comunicazione, in generale e in particolare di coppia, vieto l'ingresso all'altro nelle mie ombre personali, se non condivido il dolore di un percorso, di una o più scelte, il dolore di Essere fondamentalmente?

Di che sentimenti sto parlando nel momento in cui non sono educato a regolare i miei stati emotivi?

Tutti gli stati emotivi. Nessuno escluso.
E soprattutto con particolare attenzione e cura a quelli meno voluti...paura, rabbia, dolore...

Qualche studioso dice che "i sentimenti sono la coscienza delle emozioni".

Beh...che coscienza ci può essere se il mondo emozionale è relegato alla punta di iceberg perlopiù inesplorato ed esplorabile in solitaria?

E cosa discende, anche semplicemente nella definizione di "fedeltà", dall'inesplorazione?

Il modello corrente da un centinaio di anni è una sorta di grande libro della vita, una sorta di materiale semplificato che indicasse una via valida suppergiù per tutti.
Tranne che per gli anormali, i deviati, i perversi.

Poi...eh...surprise,,,è cambiata la definizione di normale e a-normale, di devianza, di perversione, di malattia...e i materiali semplificati sono anacronistici.

Un grosso problema per i giovani, per come la vedo io, è che sono ancora costretti a farci riferimento, sapendo benissimo, perchè lo sperimentano, che quello a cui stanno facendo riferimento è una sorta di libro dei morti ma per i vivi.

Sarei parecchio incazzata al posto loro. :D
Quindi quando nel 2008 circa la mia ex ex psicologa iscritta all'albo mi definiva i sentimenti come attribuzione di significato alle emozioni mi stava prendendo per il culo?
 

Brunetta

Utente di lunga data
A me sembra che questo iato fra sentimento e emozione sia anacronistico.
L'errore di Cartesio che si perpetua.

Come se ancora fosse vera la considerazione per cui le funzioni superiori dell'essere umano (ragione, linguaggio, morale) risiedono nel cervello e tutto ciò che è sotto (emozioni comprese) appartengano all'animalità inferiore.

Ed è ormai dimostrato che questa considerazione è un errore.

L'altro errore è sezionare, col bisturi le emozioni.
Positive e negative, come se anche questo fosse ancora vero.
E non lo è più. Non che prima fosse vero, lo si credeva vero.
Ora è dimostrato che è un errore.


La qualità della regolazione emotiva da parte del funzionamento cognitivo sembra essere determinata sia dalla qualità delle rappresentazioni del sistema cognitivo sia dalla forza delle vie neuronali che vanno dalla corteccia prefrontale verso l’amigdala (LeDoux 1989).

LeDoux ipotizza che i sentimenti vengano vissuti quando le rappresentazioni delle valutazioni degli stimoli effettuate dall’amigdala e dalla neocorteccia, insieme alle rappresentazioni degli stimoli scatenanti, sono immerse nella memoria di lavoro e si integrano con le rappresentazioni delle esperienze passate e le rappresentazioni del sé (LeDoux 1989).


Senza entrare nello specifico e lasciando da parte le puttanate dell'ultima ora sull'educazione ai sentimenti e amenità simili da delegare ad un unico istituto, che è una puttanata non per parere personale ma per prove scientifiche, io piuttosto mi chiedo:

come è possibile conservare quello che qui una utente ha chiamato "sguardo amorevole" se la comunicazione interna con le proprie emozioni, TUTTE e TUTTE INSIEME, è interrotta?

E come è possibile conservare quello sguardo amorevole, che è l'unico che permette Cura, dal momento in cui nella comunicazione, in generale e in particolare di coppia, vieto l'ingresso all'altro nelle mie ombre personali, se non condivido il dolore di un percorso, di una o più scelte, il dolore di Essere fondamentalmente?

Di che sentimenti sto parlando nel momento in cui non sono educato a regolare i miei stati emotivi?

Tutti gli stati emotivi. Nessuno escluso.
E soprattutto con particolare attenzione e cura a quelli meno voluti...paura, rabbia, dolore...

Qualche studioso dice che "i sentimenti sono la coscienza delle emozioni".

Beh...che coscienza ci può essere se il mondo emozionale è relegato alla punta di iceberg perlopiù inesplorato ed esplorabile in solitaria?

E cosa discende, anche semplicemente nella definizione di "fedeltà", dall'inesplorazione?

Il modello corrente da un centinaio di anni è una sorta di grande libro della vita, una sorta di materiale semplificato che indicasse una via valida suppergiù per tutti.
Tranne che per gli anormali, i deviati, i perversi.

Poi...eh...surprise,,,è cambiata la definizione di normale e a-normale, di devianza, di perversione, di malattia...e i materiali semplificati sono anacronistici.

Un grosso problema per i giovani, per come la vedo io, è che sono ancora costretti a farci riferimento, sapendo benissimo, perchè lo sperimentano, che quello a cui stanno facendo riferimento è una sorta di libro dei morti ma per i vivi.

Sarei parecchio incazzata al posto loro. :D
E come regoli gli stati emotivi se non con la consapevolezza degli stessi e la valutazione degli stessi?
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Quindi quando nel 2008 circa la mia ex ex psicologa iscritta all'albo mi definiva i sentimenti come attribuzione di significato alle emozioni mi stava prendendo per il culo?
No.
Semplicemente una psicologa è una psicologa e non una neuroscienziata.
E lo stato dell'arte del 2008 non è quello di oggi :)
 

Brunetta

Utente di lunga data
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