Brunetta
Utente di lunga data
Credo che chiunque guardi Masterchef (o altro reality, ma non guardo molto i reality e non so) provi istintive simpatie e antipatie.
A parte la tendenza di ognuno di noi di non smentire i propri giudizi iniziali, credo che ogni “concorrente“, nonostante il copione proposto, si riveli nel corso del programma.
Teoricamente la selezione dovrebbe avvenire per i piatti iniziali, teoricamente invece penso che vi sia una selezione casting che individui i “caratteri” rappresentativi.
Premesso ciò (prima che qualcuno me lo spieghi) trovo che la cosa più interessante sia osservare le reazioni e le attribuzioni.
Ad esempio nell’ultima puntata si è svolto uno delle consuete prove esterne a squadre.
La capitana della squadra che ha vinto ha attribuito la vittoria a sé stessa.
In pratica la vittoria viene determinata dal gradimento dei piatti da parte del gruppo a cui viene servito. Ora noi sappiamo benissimo che una volta mangiamo volentieri spaghetti al pomodoro e un’altra volta gradiamo maggiormente spaghetti aglio e olio. E non dipende dal fatto che siano cucinati più o meno bene. Quindi la vittoria è piuttosto basata sul gradimento e non stabilisce chi sia più o meno bravo a cucinare, né tantomeno l’impegno.
Invece moltissimi dei partecipanti attribuiscono la riuscita o sono indotti ad attribuirla all’impegno.
Altri invece alla sfortuna.
Altri invece piangono per la tensione dal principio alla fine.
Credo che l’interesse nei reality dipenda dalla possibilità di ritrovare il proprio stile di attribuzione e di poter trovare conferme e gratificazioni a specchio.
Ma quali sono le attribuzioni sane? Ovvero quelle attribuzioni del successo e della sconfitta a una concomitanza di fattori e non solo a se stessi? È chiaro che se il successo dipende totalmente da noi, pure totalmente da noi dipenderà il non successo.
Ad esempio un concorrente eliminato è andato via dicendo che aprirà un ristorante. Forse si sopravvaluta? Forse ha preso la trasmissione come occasione di apprendimento e notorietà e non come valutazione di sé?
it.wikipedia.org
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A parte la tendenza di ognuno di noi di non smentire i propri giudizi iniziali, credo che ogni “concorrente“, nonostante il copione proposto, si riveli nel corso del programma.
Teoricamente la selezione dovrebbe avvenire per i piatti iniziali, teoricamente invece penso che vi sia una selezione casting che individui i “caratteri” rappresentativi.
Premesso ciò (prima che qualcuno me lo spieghi) trovo che la cosa più interessante sia osservare le reazioni e le attribuzioni.
Ad esempio nell’ultima puntata si è svolto uno delle consuete prove esterne a squadre.
La capitana della squadra che ha vinto ha attribuito la vittoria a sé stessa.
In pratica la vittoria viene determinata dal gradimento dei piatti da parte del gruppo a cui viene servito. Ora noi sappiamo benissimo che una volta mangiamo volentieri spaghetti al pomodoro e un’altra volta gradiamo maggiormente spaghetti aglio e olio. E non dipende dal fatto che siano cucinati più o meno bene. Quindi la vittoria è piuttosto basata sul gradimento e non stabilisce chi sia più o meno bravo a cucinare, né tantomeno l’impegno.
Invece moltissimi dei partecipanti attribuiscono la riuscita o sono indotti ad attribuirla all’impegno.
Altri invece alla sfortuna.
Altri invece piangono per la tensione dal principio alla fine.
Credo che l’interesse nei reality dipenda dalla possibilità di ritrovare il proprio stile di attribuzione e di poter trovare conferme e gratificazioni a specchio.
Ma quali sono le attribuzioni sane? Ovvero quelle attribuzioni del successo e della sconfitta a una concomitanza di fattori e non solo a se stessi? È chiaro che se il successo dipende totalmente da noi, pure totalmente da noi dipenderà il non successo.
Ad esempio un concorrente eliminato è andato via dicendo che aprirà un ristorante. Forse si sopravvaluta? Forse ha preso la trasmissione come occasione di apprendimento e notorietà e non come valutazione di sé?
Teoria dell'attribuzione - Wikipedia
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