Questo è molto interessante, anche io tendo a farlo (di prendere il passato e in un certo senso fottermi da sola).
Non so se sia questione del caso o meno, tu hai fatto un percorso di psicoterapia serio mi pare, dai racconti che hai scritto in passato, oltre che studi specifici.
Non è facile per chiunque, forse per questo è meno semplice che per te la distinzione.
Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa.
Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa abbia perduto.
«Ho perso le chiavi di casa», risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarle.
Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto chiede all’uomo ubriaco se è proprio sicuro di averle perse lì.
L’altro risponde: «No, non le ho perse qui, ma là dietro», e indica un angolo buio in fondo alla strada.
«Ma allora perché diamine le sta cercando qui?»
«Perché qui c’è più luce!»

E' una barzelletta, ma da quando l'ho trovata avevo riso moltissimo.
Watzlawick ci fa sopra una bella pensata: dice fondamentalmente che tendenzialmente ci si identifica col poliziotto, ossia con chi ha un bel pensiero lucido, logico e razionale mica con l'ubriaco!
Eppure nella maggior parte dei casi, siamo l'ubriaco

Quando abbiamo un problema tendiamo a focalizzarci sulla ricerca della soluzione e di solito scattano due tendenza: la prima è andare a recuperare in archivio, nel passato, le soluzioni che hanno funzionato.
La seconda è che tentare di inquadrare il problema in modo logico, e magari l'inquadramento è anche logico, ma quell'inquadramento non è adatto al nostro caso.
Si finisce così per cercare e spesso pretendere la soluzione basandoci sulle nostre aspettative di soluzione, tipo l'ubriaco che cerca sotto il lampione le chiavi che ha perso nell'angolo buio, le cerca dove vorrebbe si manifestino in modo chiaro, comodo, facile, alla luce.

E' una scelta fondamentalmente fra l'idea che si ha di se stessi e se stessi.
Vale di fronte ad un trauma, la mente è conservativa ed è disposta ad ogni giochetto pur di conservarsi in comfort, come l'ubriaco, ma questo atteggiamento vale di fronte anche agli eventi in generale, li si inquadra in un quadro logico ma che è logico sulla base delle soluzioni che fino a quel momento sono state conosciute.
Il passato deriva fondamentalmente da come ci si relaziona col passato e da come ci si relaziona col passato si può aprire il discorso per cui il passato diventa una componente attuale - ma è un inganno della mente perchè il passato non è presente - oppure resta passato ossia oltrepassato.
Che è un po' il video che hai messo qui sotto e che mi piace da sempre!

Io ho guardato qualcuno su you tube, soliti nomi che salgono in cima ai motori di ricerca, ma è uguale ormai.
Un discorso come il tuo non lo farebbero mai, calerebbero gli ascolti, e poi aprirebbe porte ad altri contesti.
E comunque mi hai fatto venire in mente questo:
https://www.ansa.it/canale_scienza/...za-_a9d03d3d-ae87-44f2-8580-746d21b77915.html
Piace ad un sacco di gente il problema del tempo in relazione alla velocità della trasmissione delle informazioni.
Non è una questione di dicotomizzare tra entusiasmo, il tuo quando parli della tua curiosità in proposito, o tragedia che dovrebbero essere i miei dubbi in proposito, dal momento che la curiosità appartiene anche al sottoscritto, altrimenti non starebbe qui. E' una faccenda che riguarda il nostro personale atteggiamento su futuro e passato.
La linearità dello svolgimento delle cose è entropia e la velocità sempre una faccenda relativa.
Quello che io sostengo dall'inizio di questa discussione è che qualsiasi cosa si pensi, compresa qualsiasi idea di futuro e anche l'immagine di passato che ciascuno ha proviene da una elaborazione di dati esistenti.
Anche il feto impara ed ascolta dalla madre, certo. Impara qualcosa di esistente.
La volontà propria è indimostrabile in quanto non esiste interazione zero tra cervello ed ambiente. Esistono semmai interazioni limitate, prendi per esempio i sordociechi, con gli effetti non solo che si possono immaginare ma che ampiamente si vedono.
Quando scrivo che i mezzi cambiano ma le idee no, non intendo che le idee rimangono le stesse, intendo che qualsiasi novità non può prescindere da altro che non sia una elaborazione di uno stimolo o di qualcosa di scibile che venga introiettato, masticto, risputato sotto diversa forma e con delle aggiunte.
Condivido le perplessità dello studioso che hai citato, non perchè sia un vecchio bacucco moralista, come stai insinuando da mo.
Semplicemente perchè cerco in ogni faccenda di vedere anche gli aspetti che mi entuusiasmano meno e mi perplimono.
E siccome amo la storia (o se preferisci la narrazione storica) dalla quale ritengo aver imparato molto sulla interpretazione di quello che vedo oggi, trovo riduttivo il tuo atteggiamento in proposito.
Ma dove sono i post del mio entusiasmo?
Dubito che tu possa confondere curiosità, meraviglia di fronte al nuovo e al non conosciuto, con entusiasmo, sbaglio?
Io non confondo la curiosità con tragedia.
La tragedia la vedo nelle aspettative di "imbecillità" dovute a qualcosa di cui ancora non si sa in maniera tale da poter fare previsioni sensate.
Quando l'imbecillità non è una aspettativa, è una certezza, una cifra.
E sì che è una questione di dicotomizzazione.
In particolare in un periodo storico in cui non si può andare a cercare nella storia (non nel passato) situazioni simili ad oggi che possano essere funzionali ad una previsione, farlo significa spostarsi nella predizione.
Rispetto alla tematica della tecnologia non ci sono situazioni simili ad oggi sotto il punto di vista dell'impatto. Salvo fare l'ubriaco della barzelletta.
Comunque, io sto considerando storia e passato come due entità e quel che ragiono lo sto considerando su questa base di partenza.
Tu mi sembra che sovrapponi storia è passato, sbaglio?
Fra l'altro, pensavo, in tutto questo OT c'è un elefante nella stanza. Ossia la paura, e la rigidità di cui accenna Barbero.
Per quanto riguarda Merzenich, prova a cercare BrainHQ

Non può venire il dubbio che nuovi e modificati funzionamenti possono dare luogo a nuove forme di intelligenza, ma di conseguenza anche a nuovi e imprevedibili malfunzionamenti e di conseguenza a nuove forme di imbecillità? Se così fosse la mia preoccupazione sarebbe che solitamente il rapporto "funzionamento corretto" / "possibili funzionamenti imbecilli" tende a zero
Io non ho il dubbio che possa accadere.
Intelligenza e imbecillità vanno di pari passo.
Ma in ogni caso, quale sarebbe il problema?
L'imbecillità è una invenzione del presente?
La tecnologia è già assodato creerà disuguaglianze non di poco conto.
Le sta già creando. E ne creerà anche di nuove.
L'analfabetismo funzionale è un dato.
Rapportato all'analfabetismo digitale diventa parecchio interessante.
E la risposta quale sarebbe?