Però non accetto che osservazioni mie sparse vengano trasformate in affermazioni superficiali.
Ho citato gli aperitivi perché davvero ho visto che sono aspetti che vengono considerati essenziali. L’ho lette qui, l’ho visto nelle colleghe giovani (“Non porto il libro per capire le dinamiche della classe, che mettono ME in difficoltà, o per preparare la lezione, perché mi merito una birretta con gli amici“ sai dove gliela volevo mettere la birretta?”) l’ho letto sui social e lo vedo ogni giorno fuori dai bar. Questo non è grave in sé, ma è un indicatore della mentalità diffusa. Un edonismo che fa ricercare costantemente svago e non è compatibile con i bisogni dei bambini. Seguo content creator (ci credo che sono contente con quello che guadagnano per far vedere una crema!) simpatiche e intelligenti, madri che vivono (o credono che sia necessario farlo vedere per accrescere la community…

ancor più significativo) come una tragedia il raffreddore del figlio o l’uscita ai giardinetti. Ma soprattutto esaltano la stanchezza che impedisce anche “un minimo di vita sociale.” Per carità, ci ho provato anch’io a continuare la vita sociale. Poi, dopo una uscita, insignificante come tante prima, ho pensato “Ma io devo veder piangere la mia bambina per uscire con quattro deficienti e andare a giocare a bowling?” Perché poi si esce, come si faceva prima, per fare cose varie, giusto per stare in compagnia, come si faceva prima. Ma io in quelle uscite sempre non stavo bene. Non mi sentivo arricchita.
Ma c’è chi in quella routine si esalta e trova appartenenza indispensabile. Cosa che è raccontata nei film di Scola che rappresenta i circoletti di cui ora si parla, ma che ci sono sempre stati. Magari di altro livello.