Gisele

ologramma

Utente di lunga data
Io invece non capisco perché se sono alta non posso mettere i tacchi soprattutto se lui è più basso. Resta un mistero per me
Per me non mi sono mai posto il problema ,i miei genitori quando lamia dolce mamma metteva i tacchi superava mio padre anche di poco essendo lui alto 170 me ne tre mia madre era 167.Quando rivedo le vecchie foto sono orgoglioso di loro due stavano bene ,ricordo male varie pellicce ,hai presente quella singola la faceva molto elegante ,era una donna massiccia con un sorriso che mi ricorda una persona💕
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Quando l’altezza media in un paese povero era molto bassa.
A me hanno sempre sistematicamente detto che la mia altezza dava loro un senso di protezione, ignare che non sarei in grado di sostenere alcun confronto fisico, povere illuse
 

Brunetta

Utente di lunga data
A proposito di trauma. La Soncini trova le parole.


“Era già tutto previsto, nel caso di Marzia della quale non farò il cognome, perché miro alla medaglietta di adulta meno imbecille della settimana, facile da ottenere in una settimana di adulti così imbecilli che, per cavarne quattordici clic, non esitano a condannare una ventitreenne a ritrovarsi indicizzata a vita con la scemenza che fece a ventitré anni. Gli stessi adulti che ogni giorno ringraziano che le scemenze dei ventitré anni loro siano dimenticate anche dai loro parenti.
Era già tutto previsto, per la povera Marzia, da quando il suo video TikTok, non ancora particolarmente diffuso, mi è apparso in un tweet di Repubblica(prometto di non far notare un giorno sì e uno no che la distrazione di massa del momento parte dalla disperazione dei giornalisti di Repubblica, che pur di riempire pagine ci metterebbero anche le scimmie di mare; in cambio, Repubblica potrebbe promettermi di non elevare a notizia proprio qualunque stronzata).
Per fortuna nella vita di Marzia c’è un adulto disposto a fare la fatica di far l’adulto, qualcuno che a un certo punto di domenica le suggerisce di rendere private le sue pagine Instagram e TikTok, perché va bene che la viralità è bella, la viralità è remunerativa, la viralità è un ottimo sostituto al trovarsi un lavoro vero, ma stava andando come ampiamente prevedibile da quando, sabato, il suo siparietto era stato rilanciato da Repubblica e da tutti gli altri.

I fatti, se beati voi non guardate i social (o quella loro succursale che sono i giornali: Repubblica domenica aveva un’intera paginad’intervista a Marzia; se mi ricordo che una volta era un giornale che si dava un tono, mi metto a piangere).

Di Marzia so quel che ha detto lei stessa (le notizie non le verificano i giornalisti, non penserete lo faccia io): ventitré anni, siciliana, aspirante attrice, vive a Roma, e giovedì va in ospedale perché ha mal di testa. In ospedale le fanno una tac. Prima della quale qualcuno – quello che lei nel video definisce medico, ma qualunque adulto sa che il medico non sta lì in quel momento, e nell’intervista Marzia specifica non fosse neppure il tecnico della tac – le dice di levarsi l’anello al naso perché i metalli eccetera eccetera: tutto ciò che gli adulti si spera già sappiano.
Marzia dice che chiede se debba sfilarsi il reggiseno col ferretto, e che questo tizio (per esclusione: un infermiere o quella variazione chiamata operatore socio sanitario, distinzioni che importano moltissimo a chi lavora in ospedale e per niente al resto del mondo) le dice di no perché la tac gliela faranno solo al cranio; poi, dice, il tizio aggiunge: certo, se te lo vuoi levare noi siamo contenti. È un infermiere romano, il punto più basso nella scala evolutiva, ma Marzia vede, nella scatolina delle carte “imprevisti” del Monopoli, che fuori posto c’è la carta “probabilità”. Quindi fa ciò che farebbero probabilmente in tante tra quelle abbastanza sfortunate da avere vent’anni in questo secolo.
In questo secolo in cui gli adulti non ti hanno insegnato che certo che esistono le gerarchie dei traumi, e certo che una battuta fuori luogo non vale quanto uno stupro. In questo secolo in cui gli adulti, se reagisci da ventenne, non ti dicono mai mai mai «Guarda che poi è peggio», perché a loro non interessa salvarti da te stessa: a loro interessa che tu non pensi che sono, santo cielo, dei boomer. «È vero quello che senti», ha scritto ieri Concita De Gregorio, che per fortuna non ha figlie femmine, assecondando la determinazione delle ventenni a vivere il mondo come trauma.
Marzia va nel cesso dell’ospedale, con addosso ancora le pecette cui attaccare gli elettrodi dell’elettrocardiogramma, e piange al telefono. Piange di fronte alla telecamera del telefono dicendo che deve denunciare questa cosa gravissima che le è successa.
Avessi vent’anni nel secolo in cui li ha Marzia forse anch’io, in una città in cui tutte sono aspiranti attrici, in un mondo in cui non hai alcuna speranza di distinguerti per bellezza o talento, penserei che così avrò un quarto d’ora di notorietà, e finalmente ai casting potrò portare ciò che il sistema completamente ubriaco ormai richiede: i follower. Solo che era già tutto previsto.
Sabato Marzia ripostava entusiasta nelle storie di Instagram la rassegna stampa, i giornali che l’avevano ripresa, la gente che le scriveva non necessariamente cose carine, il suo improvviso esistere in un’economia dell’attenzione in cui è durissima farsi notare. Nessun adulto, nella sua vita, la avvisava che era già tutto previsto.
Che i detrattori avrebbero aperto i suoi social e non sarebbe stato necessario giornalismo investigativo o uno spirito d’osservazione particolarmente acuto, perché il penultimo TikTok era di nuovo Marzia che piangeva, scrivendo che era un’attrice e che piangeva spesso da quando si era accorta che piangere la rendeva particolarmente fotogenica. Che sul suo Instagram avrebbero trovato foto di lei senza mutande, di lei con delle banconote infilate nel reggiseno, persino una bio con scritto «non ho peli sulla lingua, e se li ho non sono miei» (chissà che battute sofisticate e che foto da collegiali raccontano i voi ventitreenni, invece).
(…)
Quando Marzia infine si decide a rendere privati i suoi social, ormai è tardi. Abbiamo tutti avuto modo di spiare l’inconsapevolezza d’una ragazza che mette il reggiseno persino meno spesso di me: l’elemento di commedia è che tutto questo minuetto utile agli opposti posizionamenti social discenda, a giudicare dai video in cui Marzia balla, chiacchiera, si trucca, dall’unica giornata in cui Marzia s’era sacrificata alla scomodità d’un reggiseno. Se l’infermiere romano non fosse così basso nella scala evolutiva, invece di fare battute cretine sarebbe andato a guardarsi il TikTok di Marzia: quel niente – una canotta senza reggiseno, sai che pornografia – che ambiva a vedere stava già lì, filmato dalle angolazioni giuste per il suo diletto.
Certo, poi completezza di ricognizione ingiunge di dar conto anche di coloro che dell’infermiere si preoccupano, della sua reputazione, della sua vita, chissà se l’ha detto davvero o se la ragazza lo sta rovinando per capriccio. Ma nessuno sta rovinando nessuno. A parte chi provvede a rovinarsi da sola, come Repubblica, questo minuetto in cui Marzia parla con automatismi da ventenne di «normalizzare» e di «victim blaming», in cui l’infermiere passa per il solito porco, in cui l’internet corre a prendere cuoricini coi posizionamenti rispetto alla vicenda, questo minuetto, è già previsto, verrà archiviato alla prossima puttanata che possa farci giocare ai piccoli moralizzatori.
Formate due file ben ordinate, voialtri che quando qualcuno s’accende la telecamera davanti alla faccia pensate a come prendervi un pezzettino di riflettore. Di qua si stacca il numeretto se si vuol fare la morale alla ragazza, che di certo vuol rovinare un povero padre di famiglia e si vede che è una poco di buono. Di là il numeretto se si vuol fare la morale a lui, raccapricciante emanazione del patriarcato sistemico per il quale chiedere come minimo il 41 bis. Venghino siori venghino al grande circo delle polemiche social, solo per oggi, domani ne arriva un’altra. ”
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
A proposito di trauma. La Soncini trova le parole.


“Era già tutto previsto, nel caso di Marzia della quale non farò il cognome, perché miro alla medaglietta di adulta meno imbecille della settimana, facile da ottenere in una settimana di adulti così imbecilli che, per cavarne quattordici clic, non esitano a condannare una ventitreenne a ritrovarsi indicizzata a vita con la scemenza che fece a ventitré anni. Gli stessi adulti che ogni giorno ringraziano che le scemenze dei ventitré anni loro siano dimenticate anche dai loro parenti.
Era già tutto previsto, per la povera Marzia, da quando il suo video TikTok, non ancora particolarmente diffuso, mi è apparso in un tweet di Repubblica(prometto di non far notare un giorno sì e uno no che la distrazione di massa del momento parte dalla disperazione dei giornalisti di Repubblica, che pur di riempire pagine ci metterebbero anche le scimmie di mare; in cambio, Repubblica potrebbe promettermi di non elevare a notizia proprio qualunque stronzata).
Per fortuna nella vita di Marzia c’è un adulto disposto a fare la fatica di far l’adulto, qualcuno che a un certo punto di domenica le suggerisce di rendere private le sue pagine Instagram e TikTok, perché va bene che la viralità è bella, la viralità è remunerativa, la viralità è un ottimo sostituto al trovarsi un lavoro vero, ma stava andando come ampiamente prevedibile da quando, sabato, il suo siparietto era stato rilanciato da Repubblica e da tutti gli altri.

I fatti, se beati voi non guardate i social (o quella loro succursale che sono i giornali: Repubblica domenica aveva un’intera paginad’intervista a Marzia; se mi ricordo che una volta era un giornale che si dava un tono, mi metto a piangere).

Di Marzia so quel che ha detto lei stessa (le notizie non le verificano i giornalisti, non penserete lo faccia io): ventitré anni, siciliana, aspirante attrice, vive a Roma, e giovedì va in ospedale perché ha mal di testa. In ospedale le fanno una tac. Prima della quale qualcuno – quello che lei nel video definisce medico, ma qualunque adulto sa che il medico non sta lì in quel momento, e nell’intervista Marzia specifica non fosse neppure il tecnico della tac – le dice di levarsi l’anello al naso perché i metalli eccetera eccetera: tutto ciò che gli adulti si spera già sappiano.
Marzia dice che chiede se debba sfilarsi il reggiseno col ferretto, e che questo tizio (per esclusione: un infermiere o quella variazione chiamata operatore socio sanitario, distinzioni che importano moltissimo a chi lavora in ospedale e per niente al resto del mondo) le dice di no perché la tac gliela faranno solo al cranio; poi, dice, il tizio aggiunge: certo, se te lo vuoi levare noi siamo contenti. È un infermiere romano, il punto più basso nella scala evolutiva, ma Marzia vede, nella scatolina delle carte “imprevisti” del Monopoli, che fuori posto c’è la carta “probabilità”. Quindi fa ciò che farebbero probabilmente in tante tra quelle abbastanza sfortunate da avere vent’anni in questo secolo.
In questo secolo in cui gli adulti non ti hanno insegnato che certo che esistono le gerarchie dei traumi, e certo che una battuta fuori luogo non vale quanto uno stupro. In questo secolo in cui gli adulti, se reagisci da ventenne, non ti dicono mai mai mai «Guarda che poi è peggio», perché a loro non interessa salvarti da te stessa: a loro interessa che tu non pensi che sono, santo cielo, dei boomer. «È vero quello che senti», ha scritto ieri Concita De Gregorio, che per fortuna non ha figlie femmine, assecondando la determinazione delle ventenni a vivere il mondo come trauma.
Marzia va nel cesso dell’ospedale, con addosso ancora le pecette cui attaccare gli elettrodi dell’elettrocardiogramma, e piange al telefono. Piange di fronte alla telecamera del telefono dicendo che deve denunciare questa cosa gravissima che le è successa.
Avessi vent’anni nel secolo in cui li ha Marzia forse anch’io, in una città in cui tutte sono aspiranti attrici, in un mondo in cui non hai alcuna speranza di distinguerti per bellezza o talento, penserei che così avrò un quarto d’ora di notorietà, e finalmente ai casting potrò portare ciò che il sistema completamente ubriaco ormai richiede: i follower. Solo che era già tutto previsto.
Sabato Marzia ripostava entusiasta nelle storie di Instagram la rassegna stampa, i giornali che l’avevano ripresa, la gente che le scriveva non necessariamente cose carine, il suo improvviso esistere in un’economia dell’attenzione in cui è durissima farsi notare. Nessun adulto, nella sua vita, la avvisava che era già tutto previsto.
Che i detrattori avrebbero aperto i suoi social e non sarebbe stato necessario giornalismo investigativo o uno spirito d’osservazione particolarmente acuto, perché il penultimo TikTok era di nuovo Marzia che piangeva, scrivendo che era un’attrice e che piangeva spesso da quando si era accorta che piangere la rendeva particolarmente fotogenica. Che sul suo Instagram avrebbero trovato foto di lei senza mutande, di lei con delle banconote infilate nel reggiseno, persino una bio con scritto «non ho peli sulla lingua, e se li ho non sono miei» (chissà che battute sofisticate e che foto da collegiali raccontano i voi ventitreenni, invece).
(…)
Quando Marzia infine si decide a rendere privati i suoi social, ormai è tardi. Abbiamo tutti avuto modo di spiare l’inconsapevolezza d’una ragazza che mette il reggiseno persino meno spesso di me: l’elemento di commedia è che tutto questo minuetto utile agli opposti posizionamenti social discenda, a giudicare dai video in cui Marzia balla, chiacchiera, si trucca, dall’unica giornata in cui Marzia s’era sacrificata alla scomodità d’un reggiseno. Se l’infermiere romano non fosse così basso nella scala evolutiva, invece di fare battute cretine sarebbe andato a guardarsi il TikTok di Marzia: quel niente – una canotta senza reggiseno, sai che pornografia – che ambiva a vedere stava già lì, filmato dalle angolazioni giuste per il suo diletto.
Certo, poi completezza di ricognizione ingiunge di dar conto anche di coloro che dell’infermiere si preoccupano, della sua reputazione, della sua vita, chissà se l’ha detto davvero o se la ragazza lo sta rovinando per capriccio. Ma nessuno sta rovinando nessuno. A parte chi provvede a rovinarsi da sola, come Repubblica, questo minuetto in cui Marzia parla con automatismi da ventenne di «normalizzare» e di «victim blaming», in cui l’infermiere passa per il solito porco, in cui l’internet corre a prendere cuoricini coi posizionamenti rispetto alla vicenda, questo minuetto, è già previsto, verrà archiviato alla prossima puttanata che possa farci giocare ai piccoli moralizzatori.
Formate due file ben ordinate, voialtri che quando qualcuno s’accende la telecamera davanti alla faccia pensate a come prendervi un pezzettino di riflettore. Di qua si stacca il numeretto se si vuol fare la morale alla ragazza, che di certo vuol rovinare un povero padre di famiglia e si vede che è una poco di buono. Di là il numeretto se si vuol fare la morale a lui, raccapricciante emanazione del patriarcato sistemico per il quale chiedere come minimo il 41 bis. Venghino siori venghino al grande circo delle polemiche social, solo per oggi, domani ne arriva un’altra. ”
Una 23enne siciliana, Marzia, denuncia in un video TikTok una battuta fuori luogo di un infermiere durante una TAC. Il video diventa virale grazie ai giornali, specie Repubblica. Marzia inizialmente cavalca la notorietà, ma i suoi social pubblici espongono contenuti usati contro di lei. La vicenda scatena il solito teatrino social tra chi la attacca e chi accusa il patriarcato. Morale dell’articolo: era tutto prevedibile, e presto verrà dimenticato. Ho capito bene?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Una 23enne siciliana, Marzia, denuncia in un video TikTok una battuta fuori luogo di un infermiere durante una TAC. Il video diventa virale grazie ai giornali, specie Repubblica. Marzia inizialmente cavalca la notorietà, ma i suoi social pubblici espongono contenuti usati contro di lei. La vicenda scatena il solito teatrino social tra chi la attacca e chi accusa il patriarcato. Morale dell’articolo: era tutto prevedibile, e presto verrà dimenticato. Ho capito bene?
Hai usato IA?
 

Nocciola

Super Moderatore
Staff Forum
A proposito di trauma. La Soncini trova le parole.


“Era già tutto previsto, nel caso di Marzia della quale non farò il cognome, perché miro alla medaglietta di adulta meno imbecille della settimana, facile da ottenere in una settimana di adulti così imbecilli che, per cavarne quattordici clic, non esitano a condannare una ventitreenne a ritrovarsi indicizzata a vita con la scemenza che fece a ventitré anni. Gli stessi adulti che ogni giorno ringraziano che le scemenze dei ventitré anni loro siano dimenticate anche dai loro parenti.
Era già tutto previsto, per la povera Marzia, da quando il suo video TikTok, non ancora particolarmente diffuso, mi è apparso in un tweet di Repubblica(prometto di non far notare un giorno sì e uno no che la distrazione di massa del momento parte dalla disperazione dei giornalisti di Repubblica, che pur di riempire pagine ci metterebbero anche le scimmie di mare; in cambio, Repubblica potrebbe promettermi di non elevare a notizia proprio qualunque stronzata).
Per fortuna nella vita di Marzia c’è un adulto disposto a fare la fatica di far l’adulto, qualcuno che a un certo punto di domenica le suggerisce di rendere private le sue pagine Instagram e TikTok, perché va bene che la viralità è bella, la viralità è remunerativa, la viralità è un ottimo sostituto al trovarsi un lavoro vero, ma stava andando come ampiamente prevedibile da quando, sabato, il suo siparietto era stato rilanciato da Repubblica e da tutti gli altri.

I fatti, se beati voi non guardate i social (o quella loro succursale che sono i giornali: Repubblica domenica aveva un’intera paginad’intervista a Marzia; se mi ricordo che una volta era un giornale che si dava un tono, mi metto a piangere).

Di Marzia so quel che ha detto lei stessa (le notizie non le verificano i giornalisti, non penserete lo faccia io): ventitré anni, siciliana, aspirante attrice, vive a Roma, e giovedì va in ospedale perché ha mal di testa. In ospedale le fanno una tac. Prima della quale qualcuno – quello che lei nel video definisce medico, ma qualunque adulto sa che il medico non sta lì in quel momento, e nell’intervista Marzia specifica non fosse neppure il tecnico della tac – le dice di levarsi l’anello al naso perché i metalli eccetera eccetera: tutto ciò che gli adulti si spera già sappiano.
Marzia dice che chiede se debba sfilarsi il reggiseno col ferretto, e che questo tizio (per esclusione: un infermiere o quella variazione chiamata operatore socio sanitario, distinzioni che importano moltissimo a chi lavora in ospedale e per niente al resto del mondo) le dice di no perché la tac gliela faranno solo al cranio; poi, dice, il tizio aggiunge: certo, se te lo vuoi levare noi siamo contenti. È un infermiere romano, il punto più basso nella scala evolutiva, ma Marzia vede, nella scatolina delle carte “imprevisti” del Monopoli, che fuori posto c’è la carta “probabilità”. Quindi fa ciò che farebbero probabilmente in tante tra quelle abbastanza sfortunate da avere vent’anni in questo secolo.
In questo secolo in cui gli adulti non ti hanno insegnato che certo che esistono le gerarchie dei traumi, e certo che una battuta fuori luogo non vale quanto uno stupro. In questo secolo in cui gli adulti, se reagisci da ventenne, non ti dicono mai mai mai «Guarda che poi è peggio», perché a loro non interessa salvarti da te stessa: a loro interessa che tu non pensi che sono, santo cielo, dei boomer. «È vero quello che senti», ha scritto ieri Concita De Gregorio, che per fortuna non ha figlie femmine, assecondando la determinazione delle ventenni a vivere il mondo come trauma.
Marzia va nel cesso dell’ospedale, con addosso ancora le pecette cui attaccare gli elettrodi dell’elettrocardiogramma, e piange al telefono. Piange di fronte alla telecamera del telefono dicendo che deve denunciare questa cosa gravissima che le è successa.
Avessi vent’anni nel secolo in cui li ha Marzia forse anch’io, in una città in cui tutte sono aspiranti attrici, in un mondo in cui non hai alcuna speranza di distinguerti per bellezza o talento, penserei che così avrò un quarto d’ora di notorietà, e finalmente ai casting potrò portare ciò che il sistema completamente ubriaco ormai richiede: i follower. Solo che era già tutto previsto.
Sabato Marzia ripostava entusiasta nelle storie di Instagram la rassegna stampa, i giornali che l’avevano ripresa, la gente che le scriveva non necessariamente cose carine, il suo improvviso esistere in un’economia dell’attenzione in cui è durissima farsi notare. Nessun adulto, nella sua vita, la avvisava che era già tutto previsto.
Che i detrattori avrebbero aperto i suoi social e non sarebbe stato necessario giornalismo investigativo o uno spirito d’osservazione particolarmente acuto, perché il penultimo TikTok era di nuovo Marzia che piangeva, scrivendo che era un’attrice e che piangeva spesso da quando si era accorta che piangere la rendeva particolarmente fotogenica. Che sul suo Instagram avrebbero trovato foto di lei senza mutande, di lei con delle banconote infilate nel reggiseno, persino una bio con scritto «non ho peli sulla lingua, e se li ho non sono miei» (chissà che battute sofisticate e che foto da collegiali raccontano i voi ventitreenni, invece).
(…)
Quando Marzia infine si decide a rendere privati i suoi social, ormai è tardi. Abbiamo tutti avuto modo di spiare l’inconsapevolezza d’una ragazza che mette il reggiseno persino meno spesso di me: l’elemento di commedia è che tutto questo minuetto utile agli opposti posizionamenti social discenda, a giudicare dai video in cui Marzia balla, chiacchiera, si trucca, dall’unica giornata in cui Marzia s’era sacrificata alla scomodità d’un reggiseno. Se l’infermiere romano non fosse così basso nella scala evolutiva, invece di fare battute cretine sarebbe andato a guardarsi il TikTok di Marzia: quel niente – una canotta senza reggiseno, sai che pornografia – che ambiva a vedere stava già lì, filmato dalle angolazioni giuste per il suo diletto.
Certo, poi completezza di ricognizione ingiunge di dar conto anche di coloro che dell’infermiere si preoccupano, della sua reputazione, della sua vita, chissà se l’ha detto davvero o se la ragazza lo sta rovinando per capriccio. Ma nessuno sta rovinando nessuno. A parte chi provvede a rovinarsi da sola, come Repubblica, questo minuetto in cui Marzia parla con automatismi da ventenne di «normalizzare» e di «victim blaming», in cui l’infermiere passa per il solito porco, in cui l’internet corre a prendere cuoricini coi posizionamenti rispetto alla vicenda, questo minuetto, è già previsto, verrà archiviato alla prossima puttanata che possa farci giocare ai piccoli moralizzatori.
Formate due file ben ordinate, voialtri che quando qualcuno s’accende la telecamera davanti alla faccia pensate a come prendervi un pezzettino di riflettore. Di qua si stacca il numeretto se si vuol fare la morale alla ragazza, che di certo vuol rovinare un povero padre di famiglia e si vede che è una poco di buono. Di là il numeretto se si vuol fare la morale a lui, raccapricciante emanazione del patriarcato sistemico per il quale chiedere come minimo il 41 bis. Venghino siori venghino al grande circo delle polemiche social, solo per oggi, domani ne arriva un’altra. ”
Ho letto un po' di corsa e posso non aver capito
Il problema è che non ha avuto un adulto vicino che le consigliasse di non fare sta cazzata?
23 anni, mi sposavo l'anno dopo e da un anno pagavo i mutuo. Chiaro quello che penso

Ps: l'infermiere romano spero non passi guai per sta cazzata.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ho letto un po' di corsa e posso non aver capito
Il problema è che non ha avuto un adulto vicino che le consigliasse di non fare sta cazzata?
23 anni, mi sposavo l'anno dopo e da un anno pagavo i mutuo. Chiaro quello che penso

Ps: l'infermiere romano spero non passi guai per sta cazzata.
Il problema è che è scema. Poi nel mondo della Soncini si matura anche perché gli adulti fanno gli adulti, ma attualmente gli adulti non fanno gli adulti.
 
Ultima modifica:

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Il problema è che è scema. Poi nel mondo della Soncini si matura anche perché gli adulti fanno gli adulti, ma attualmente gli adulti non fa gli adulti.
Ma no, è uno dei tanti personaggi in cerca d'autore, o di una candidatura
 

Brunetta

Utente di lunga data

Ginevra65

Moderatrice del cazzo
Staff Forum
Il problema è che è scema. Poi nel mondo della Soncini si matura anche perché gli adulti fanno gli adulti, ma attualmente gli adulti non fanno gli adulti.
Mia mamma da quando siamo in vacanza mi ripete la stessa cosa quasi tutti i giorni adulti che si comportano da bambini anzi peggio.
Pare che durante le vacanze ci sia un peggioramento
 

Brunetta

Utente di lunga data
Mia mamma da quando siamo in vacanza mi ripete la stessa cosa quasi tutti i giorni adulti che si comportano da bambini anzi peggio.
Pare che durante le vacanze ci sia un peggioramento
Ogni persona può agire per motivazione/finalità intrinseche e per motivazione/finalità estrinseche.
Per capirci a scuola c’è chi studia per il gusto di imparare, motivazione intrinseca, o per avere bei voti o peggio per i regali che danno i genitori in base ai voti.
Anche il comportamento in generale può derivare da motivazioni intrinseche, basate sui propri valori e per coerenza interna, o per motivazioni estrinseche, basate sul riconoscimento sociale.
Le prime persone saranno più o meno le stesse ovunque, le seconde si adegueranno al contesto e saranno morigerate al paesino e scatenate (senza le catene del controllo sociale) in vacanza o in un ambiente in cui “non mi conosce nessuno “ o dove c’è una atmosfera trasgressiva, si adegueranno.
 

Lostris

Utente Ludica
Sì, forse anche altri sono famosi.
E' il suo momento, a me è simpatico ma l'ho visto pochissimo. Non ho visto quasi nulla di ciò in cui ha recitato.
Per me lui sarà sempre Oberin, in fondo. 😌

1756291590422.png

Anche se anche il personaggio in The Last of Us non è male.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Top