Si tratta di superare pregiudizi consolidati da decine di anni
Due semplici esempi, vissuti in prima persona.
Un mio cliente storico, ricco ingegnere saudita con studi svolti negli USA e nel UK, una ventina di anni fa, trova da acquistare un bellissimo attico su via Panama, che segna in Roma la parte meridionale della zona Parioli e costeggia il grande parco di Villa Ada (ex Villa Savoia). Andiamo a visitare l' interno dell' appartamento con il suo architetto di fiducia (italiano) per una possibile ristrutturazione e, affacciati dal grande terrazzo dell' appartamento, l' architetto indica un pezzo di giardino, con un bar, un' area giochi per bambini, lungo la Via Panama, e dice: quello è il Parco Yitzahak Rabin. Al che, il saudita dice: con quell'indirizzo non lo posso comprare. E la trattativa finisce così.
Qualche anno dopo mi trovo in viaggio in Giordania, con la mia compagna. Eravamo di ritorno da una escursione nel Deserto Orientale (a est del fiume Giordano, verso la Siria) fatta in un pickup Toyota a noleggio con conducente. Eravamo seduti nel cassone del pickup con un'altra coppia, per vedere il paesaggio, e ci eravamo coperti la faccia per proteggerci dal sole e dalla sabbia. Io con una kefiah araba, completa di cordoncino nero (che serve per tenerla fissata alla testa), occhiali da sole scuri. Lo faccio da sempre.
Sono di carnagione olivastra (specie dopo due giorni di abbronzatura) e in Medio Oriente vengo spessissimo scambiato per arabo (mi fermano regolarmente ai posti di blocco israeliani per controllare i miei documenti, ma è capitato anche all' aeroporto di Heathrow, spesso). Si prendono il passaporto italiano per controllarlo, per intenderci, pensando che possa essere falso.
Siamo scesi a vedere la riva Giordana del fiume, che in quel tratto era largo neanche 6 metri. Un fiumiciattolo, una vera delusione.
Dall' altro versante del fiume c' era un gruppo di turisti ebrei americani, accompagnati da scorta armata, che stavano bagnando i piedi nell' acqua sporca del fiume, sporgendosi da una scala di legno. Qualcuno immergeva delle bottiglie per prendersi l' acqua del fiume come souvenir.
Mi metto a fare delle foto con il cellulare alla mia compagna, alta 1,80, chioma bionda e con carnagione bianchissima (nord-europea), con alle spalle il fiumiciattolo. La tocco per metterla in posa. Tenevo in testa la kefiah, come copricapo.
Succede il finimondo.
Gli ebrei americani si mettono a gridare, pensando che fossi un arabaccio che insidiava una donna occidentale, quelli della loro scorta (guardie israeliane) puntano i mitra verso di me (ad una distanza di una decina di metri)... Alzo le mani e grido in inglese di stare calmi.
La mia compagna ha dovuto gridare in inglese che ero suo marito e per di più italiano.
Con un bel sorriso li saluto: okey, all is okay, fanculo, fanculo, okay ...
Per dire la diffidenza che c'è.