Il suicidio assistito risolve il problema di come realizzare il desiderio di mettere fine alla vita, per l’eccesso di sofferenza (è sofferenza anche non vedere senso) senza mettere in atto procedure complicate o dolorose.
Io ho pensato come potrei fare in un lampo di lucidità, se mi rendessi conto di non volere continuare.
La paura di finire come Madame Bovary (si può fare spoiler dopo più di 150 anni?) mi fa escludere l’avvelenamento, anche se adesso la farmacologia è più avanzata, ma pure l’idea di spiaccicarmi in cortile, non è attraente. È ovvio che, pensarci quando non ci sono ragioni, è solo uno stratagemma per allontanare il pensiero della impotenza.
Ma una legge per il suicidio assistito (geniale non chiamarlo eutanasia) deve prevedere delle condizioni che stabiliscano che non si tratta solo di depressione. La depressione non è solo depressione, è la morte del piacere di respirare. Ed impensabile quando si respira.
Quando qualcuno di noi pensa a chi ha visto morire, come
@bravagiulia75 o
@Nocciola , pensa a chi era nella fase terminale di una grave percorso di malattia e sofferenza, ma in realtà pensa alla sospensione delle terapie, perché non si realizzi accanimento terapeutico, ma ormai è prassi anche la sedazione negli hospice. Certamente per i parenti è penoso anche assistere a questa fase finale priva di dolore. Ma ha anche la funzione per molti per elaborare il lutto.
Le condizioni per concedere invece il suicidio assistito sono sempre inquietanti, perché si pensa come condizione sufficiente, come si può evincere da questa discussione, la mancanza di voglia di vivere (non si chiama appunto solitudine o depressione?) o, più diffuso, una condizione di vita che rende la vita indegna di essere vissuta.
Da questo discende la considerazione che potrebbe essere poi, senza un grande sforzo logico, considerato desiderabile la morte per i bambini e le persone con grave disabilità. Non si sta parlando di persone come Eluana, che era tenuta in vita forzatamente da vent’anni.
Penso a persone con tetraplegiche che consideriamo vive solo se hanno la mente di Stephen Hawking (senza considerare che la maggior parte di noi nemmeno è in grado di capire le sue teorie e che se fosse nato solo qualche decennio prima non avrebbe mai potuto comunicare ciò che pensava) altrimenti, per quello che io chiamo “eccesso di empatia“, che ci fa considerare inaccettabile ciò che non accettiamo noi, se la mente non la vediamo così brillante, togliamo senso alla vita.
Temo che ci stiamo assuefacendo all’idea che ci siano persone che vivono una vita senza valore e che possano essere eliminate.
Del resto l’orrore del nazismo è ormai lontano, come i giochi dei gladiatori (insomma) e siamo forse pronti all’idea di poter eliminare chi non è efficiente?