La legge attuale che parla di stupro, senza distinguere le varie pratiche il il sesso, è il risultato di un dibattito di anni tra i giuristi e la società.
Prima (sintetizzò) vi erano distinzioni tra violenza carnale e atti di libidine violenta. Questo comportava domande inquisitorie alla vittima e non al/ai colpevoli. Inoltre il reato era rubricato come atto contro la morale, non contro la persona.
Quello che veniva considerato grave era la possibilità di gravidanze “bastarde”.
Addirittura erano previste attenuanti per chi aveva potere familiare o di autorità. Il contrario della legislazione vigente, che considera il legame di parentela una aggravante.
La legislazione non si basa sul nulla, ma su un modo di pensare diffuso, anche se a volte la legge precede il costume e a volte lo segue.
È a me evidente che le buone intenzioni abbiano condotto a definire stupro allo stesso modo una penetrazione e una manomorta.
Il fatto che ogni violenza sessuale, inteso come atto non consensuale, venga catalogato sotto un unico "cappello" (i.e., articolo di legge), personalmente io lo ritengo un limite della legge attuale.
Infatti, un unico articolo di legge prevede un'unica pena, che ha sì una variabilità, ma tale variabilità non può essere infinita, ovviamente: non si può dire che la pena per una violenza sessuale può andare
"dal rimbrotto del giudice fino all'ergastolo senza mai uscita". Il risultato di ciò è che la pena massima per una violenza carnale brutale è assolutamente ridicola, insensata e offensiva per le donne, mentre all'altro estremo una condanna penale di qualche mese per una manomorta la giudicherei sproporzionata (certo, viene sospesa con la condizionale, ma pur sempre di condanna penale si tratta, che ti bolla sul certificato penale come criminale sessuale, senza differenza con uno stupratore).
Questo, per esempio, è il motivo per cui l'omicidio ha un articolo di legge tutto per sé, rispetto alle altre forme di violenza fisica: pena minima, 21 anni, massima ergastolo. Certo, poi possono esserci le attenuanti, ma per un omicidio almeno almeno una quindicina di anni di galera te li fai, sempre. Se invece ci fosse un unico articolo per tutte le violenze fisiche, ne avremmo di storie da raccontare...
Se la legge fosse servita per eliminare davvero le domande inquisitorie alla vittima, come dici, ancora ancora avrebbe un senso ma come dimostra la cronaca così non è: c'è abbondanza di casi in cui le domande sono diventate ancora più subdole e psicologicamente violente (se avevi i jeans, non puoi esserteli tolti senza consenso; se non hai urlato "no", se non hai pianto, eri consenziente; ecc. ecc.).
La mia impressione è che il legislatore ad un certo punto sia stato più realista del re e se ne sia un po' lavato le mani. Dopodiché, fatta la legge, trovato l'inganno.
In definitiva, per quanto l'impianto della legge sia buono e il principio del consenso sacrosanto, la mia opinione è che sarebbe opportuno un aggiornamento alla luce dei modi in cui è stata applicata.