Io capisco bene.
E nella mia città il centro di servizi al volontariato ha proposto un'iniziativa simile.
Dove lavoro un paio di ragazzi hanno fatto domanda "qui non si può fare un cazzo, tanto vale provare questo pur di uscire un po'".
È il loro modo, disordinato, difeso e sbruffone, di dire che vogliono rendersi utili. È difficile ammetterlo altrimenti quando hai preso dei gran calci in culo dagli adulti, hai conosciuto della gran violenza e ti ritrovi a 16 anni con 2 denunce sul groppone.
Essendo minorenni li hanno scartati, ancora una volta.
Si perderebbe più tempo, utile, a formare adolescenti fra l'altro problematici, che a farne a meno.
Non è il momento di fare formazione nel disagio. Il tipo di formazione che servirebbe per far volontariato in una situazione come questa.
Sta agli educatori ragionare con loro sul senso di quello che stanno vivendo.
Sarebbe una grandiosa occasione per rivedere con loro i loro vissuti. Per aiutarli a collocare il senso di impotenza e di inutilità.
Per collocare la spinta al "fare" positivo e propositivo.
Ad una forma di protagonismo e di partecipazione sociale che tenga considerazione dei limiti, delle regole e della legalità.
Ed educarli alla conoscenza del limite ( da cui discende la relazione con le regole e con la legalità).
(e tendenzialmente gli adolescenti, per di più problematici, non hanno un buon rapporto con la percezione del limite, è strutturale della loro fase evolutiva).
Il metodo autobiografico di Demetrio è interessantissimo a riguardo. E particolarmente centrato per una situazione in cui è richiesto lo "scrivere" una storia degli avvenimenti.
E comunque...non li han scartati.
Li tengono al riparo.
Una volta tanto, con le storie di merda che hanno alle spalle, invece di usarli sfruttando le loro debolezze, li si ripara.
E, se lavori con loro, sai benissimo quanto sia per loro dura l'ammissione di un bisogno di cura e protezione e l'accettazione di entrambe.