Da qualche parte fuori Manaus
Era ormai l'imbrunire.
Il disco rosso del sole calava dietro una jungla di antenne e parabole che ricevevano e trasmettevano,
sotto forma di soap operas e spot pubblicitari, miraggi di ricchezza nelle fatiscenti baracche di Manaus.
Non si sarebbe mai abituato del tutto ai controsensi di quella città che negli anni era diventato l'avamposto, il
fronte più avanzato delle grandi multinazionali planetarie, verso quella che era diventata la più grande, e forse
anche l'ultima, fonte di risorse della Terra: la foresta amazzonica.
Ma c'erano delle aree, delle zone, che, anche grazie agli sforzi e alle lotte degli abitanti della foresta,
aiutati da diverse organizzazioni no global e anti multinazionali, non erano ancora state toccate dal morso delle
ruspe. In una di queste zone, chiamata dagli indigeni Pedra do Traicao, Pietra del Tradimento, vennero rinvenute
tombe e reperti archeologici che gli studiosi facevano risalire a periodi ben anteriori a quelle più antiche fino
ad allora conosciute. Era in una di queste tombe, che lei aveva deciso di dormire, era fra queste antiche vestigia
del passato, che lei aveva visto e vissuto durante il loro antico splendore, che Lei aveva deciso di vivere il
suo esilio volontario tra il sonno e la morte.
Lasciò la sua jeep alla fine della pista battuta e si addentrò nel profondo della foresta. Sebbene la visibilità
fosse vicina allo zero, il suo incedere era deciso, sentiva la sua presenza in quei luoghi che le appartenevano da milleni,
ed era sempre più forte, segno evidente ed inequivocabile che il suo sonno era stato interrotto.
Dopo diverse ore di cammino arrivò nel luogo dove l'aveva sepolta decenni prima: nascosto nel folto della foresta,
un'antica tomba avrebbe preservato il suo sonno; trovò senza difficolta il tumulo di roccia e pietra che ostruiva
l'entrata alla tomba, e fu in quel momento che ebbe la certezza del suo risveglio. Il tumulo era stato divelto,
la tomba era aperta, e, senza aver bisogno di controllare per esserene certo, sicuramente vuota.
Lei era sveglia, era lì da qualche parte, e sicuramente avrebbe avuto fame, sicuramente avrebbe avuto sete.
Fu in quel momento, mentre si guardava intorno per cercare tracce del suo passaggio che Lei lo assalì.
Non lo aveva riconosciuto. Non avrebbe potuto. In quel momento lei era il predatore. In quel momento lei era
quell'essere mitologico e terribile che animavano tutte le leggende dell'umanità a qualsiasi latitudine.
I suoi artigli s'infilarono nelle sue carni i suoi occhi felini erano odio, erano rabbia, erano fame. Il suo
ruggito era quello di una belva, di una belva che si nutriva di vita umana. Sarebbe stato inutile opporre resistenza,
lui l'aveva già vista sotto quella forma a sapeva di cosa era capace, non avrebbe potuto contrastare quella furia
ancestrale che nulla aveva di umano. Non lo aveva riconosciuto e questo significava una cosa sola: fra pochi secondi lui
sarebbe morto straziato dagli artigli e dai denti di quella creatura. I suoi canini affondarono nel suo collo e lui
sentì la vita che cominciava a fluire lontano dal suo corpo. Fu in quel momento che Lei si trasformò. Fu in quel
momento che lei ritorno ad essere quella ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi, la pelle bianca costellata di lentiggini,
che lui aveva conosciuto anni prima per le strade di Roma. Fu in quel momento che lui udì la sua voce dopo tanto
tempo:
-Mi ero dimenticata di quanto buono fosse il tuo sangue ed è la seconda volta che mi riporta alla vita.
-Ed è la seconda volta che tu quasi mi uccidi per berlo.
-Ma sei ancora vivo mio dolce Tubarao, disse lei ridendo e leccando rivoli di sangue che ancora uscivano dalle ferite che gli aveva inferto- e sei qui
Lui rise insieme a lei, e per un momento sembrò che gli anni non fossero passati.
-Perchè sei sveglia, le chiese lui.
-L'equilibrio stà mutando, lo sento, e questo vuol dire una cosa sola.........Morte.
Tebe: ti ho lasciato la prima pagina di sesso
