Irrisoluto
Utente di lunga data
La scissione nei due guidizi, sull'opera e sull'autore, è semplice buon senso.La separazione tra opera dell’artista e vita dell’artista è un principio proclamato spesso.
I recenti scandali riguardanti attori e registi hanno portato a confronti con artisti del passato con vite a dir poco avventurose.
E in effetti ammiriamo i quadri di Caravaggio indifferenti al fatto che sia dovuto fuggire per una accusa di omicidio.
Lolita face scandalo alla sua uscita e Nabokov ha dovuto difendersi dicendo che si trattava di letteratura, di fantasia.
Il punto per me è che i reati dovrebbero essere perseguiti, le opere no.
Poi la morte impedisce di perseguire i reati e la biografia è solo un elemento in più per comprendere un autore.
A volte si pensa a un artista come a un santo che dovrebbe essere un modello da seguire, come se vivendo le stesse esperienze si potesse diventare artisti.
Altra cosa è la descrizione di un reato che può avere un valore letterario proprio perché consente di entrare in una mente criminale che è ai più estranea.
Mi domando perché questo scrittore non sia stato perseguito per i reati.
Il vero punto dolente è accettare che nell'opera sono trasfigurati i crimini dell'autore.
E che quindi noi lettori, nelll'essere attratti dall'opera, siamo attratti in fondo da quei crimini perché almeno in potenza ci appartengono.
Per dirla più chiaramente: certo, tutti d'accordo nel dire che Pasolini era un grande artista a prescindere da quelli che con pudore chiamiamo i suoi torementi. Ma cosa amiamo nelle sue opere se non quel che di nostro riconosciamo nella trasfigurazione dei crimini?