ciao a tutti

spleen

utente ?
D'altro canto questa è ancora la narrazione corrente.
E non soltanto per quanto riguarda le sostanze a ben vedere.

E' un meccanismo di delega al mondo della propria stabilità decisionale.

Nel tradimento, nelle scuse e nelle giustificazioni, che trovano sia traditori che traditi il meccanismo è questo.

Lei era una puttana meretrice, l'ha circuito, lui era fragile.
Era morto il gatto e mi sentivo fragile.
Non mi considerava.
Fra le più gettonate: ero in crisi!!!
Era malato/a.
Era matto/a
etc etc...

La sostanza, che ha una narrazione di un certo tipo nella nostra struttura sociale - ma guardiamoci ben dal dire che la devianza è funzionale proprio alla stabilità della norma - e per la tipologia di danni che porta con sè (oltre che di debito sociale) si presta molto bene.

E' tutto qui, alla fine.
Comunque per tornare a bomba, e per uscire dal meccanismo colpa-debito, se c'è una cosa che a me salta agli occhi in meccanismi come quelli descritti dalla nuova utente, è l'interconnessione stretta e funzionale tra presunto carnefice e vittima.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Comunque per tornare a bomba, e per uscire dal meccanismo colpa-debito, se c'è una cosa che a me salta agli occhi in meccanismi come quelli descritti dalla nuova utente, è l'interconnessione stretta e funzionale tra presunto carnefice e vittima.
Già.

E' una dinamica.
E' solo una dicotomizzazione teorica.

Poi, nel concreto, vittima e carnefice sono uno funzionali all'altro.
E l'uno senza l'altro, ognun per sè, non esistono.

Si servono.
E l'ognun per sè è profondamente egoistico e autoreferente.
Non c'è condivisione e compenetrazione. Comprensione.

C'è una fortissima ricerca di validazione.
Di cosa poi...è la parte curiosa e assolutamente variabile.

Ci sono dinamiche madre-figlio in particolare, ma non soltanto, in cui ad una certa profondità non si riesce neanche più a riconoscere chi sta giocando quale ruolo.
anche se ad uno sguardo superficiale il figlio fotte la pensione alla madre.

Non che le dinamiche di coppia siano poi tanto diverse.

Ed è proprio il meccanismo colpa-debito a sostenere questo genere di dinamiche.

Uscire da quel meccanismo e parlare di responsabilità...è detonante.
(pensa alle dinamiche di coppia fra manipolatore e manipolato...)
 

spleen

utente ?
Uscire da quel meccanismo e parlare di responsabilità...è detonante.
(pensa alle dinamiche di coppia fra manipolatore e manipolato...)
La responsabilità è un fatto centrale.
Da non moltissimi anni ho iniziato a svincolarla dal sistema del giudizio, che tuttavia secondo me rimane persistente, persino in chi apparentemente se ne pensa immune.
Il problema, vedi, come ho già sostenuto in altri miei post, è che il sistema del giudizio tiene in piedi tutta la costruzione sociale nella quale viviamo e che (soprattutto) liberarsi da questo sistema oltre che essere inutile, potrebbe essere persino controproducente.
Se non è accompagnato dalla famosa "presa di coscienza" che è divetata un po' come il sacro graal della individualità.

Tu riesci a vederla una società che non voglia stabilire quali comportamenti possano essere acccettabili da quelli che no?
(Ho usato la parola voglia e non possa non a caso).
Onestamente io non riesco a vederla.
E non perchè in una parte elitaria di persone questo possa in fondo funzionare.
Semplicemente perchè i limiti cognitivi della maggioranza (di cui faccio pacificamente parte) produrrebbero un casino immane.
Non so se sono riuscito a spiegarmi... :)
Il sistema del giudizio semplicemente cambia, ma permane socialmente perchè indispensabile al funzionamento.
E' spesso un sitema per trasferire potere, e solo quello, da una elite ad un'altra, che non è detto sia "migliore".

Oggi da me è una giornata splendida, c'è il sole ed è fresco, le melegrane in giardino stanno per maturare e sento il mondo che mi circonda "gentile" e generoso.
Anche se all' orizzonte si addensano nubi scure, oggi voglio godermi la serenità ed il fresco. :)
buon we.
 
Ultima modifica:

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
La responsabilità è un fatto centrale.
Da non moltissimi anni ho iniziato a svincolarla dal sistema del giudizio, che tuttavia secondo me rimane persistente, persino in chi apparentemente se ne pensa immune.
Il problema, vedi, come ho già sostenuto in altri miei post, è che il sistema del giudizio tiene in piedi tutta la costruzione sociale nella quale viviamo e che (soprattutto) liberarsi da questo sistema oltre che essere inutile, potrebbe essere persino controproducente.
Se non è accompagnato dalla famosa "presa di coscienza" che è divetata un po' come il sacro graal della individualità.

Tu riesci a vederla una società che non voglia stabilire quali comportamenti possono essere acccettabili da quelli che no?
(Ho usato la parola voglia e non possa non a caso).
Onestamente io non riesco a vederla.
E non perchè in una parte elitaria di persone questo possa in fondo funzionare.
Semplicemente perchè i limiti cognitivi della maggioranza (di cui faccio pacificamente parte) produrrebbero un casino immane.
Non so se sono riuscito a spiegarmi... :)

Oggi da me è una giornata splendida, c'è il sole ed è fresco, le melegrane in giardino stanno per maturare e sento il mondo che mi circonda "gentile" e generoso.
Anche se all' orizzonte si addensano nubi scure, oggi voglio godermi la serenità ed il fresco. :)
buon we.
Sì, è come dici :)


Una volta, quando credevo nel valore dell'utopia come utopia, pensavo che sì, potesse essere possibile.

Immaginavo un mondo in cui non ci fosse necessità del giudizio regolatore poichè ognuno avrebbe (istintivamente) saputo muoversi nella direzione del benessere. E, cooperando e non giudicando, nel sistema della mutualità e della solidarietà, punti di una rete, sarebbe stata possibile una società tendente alla libertà.

Poi sono stata nel mondo.

Ora come ora penso che il sistema del giudizio, che ha radici millenarie, fosse smantellato nel giro di pochi minuti sarebbe l'apocalisse.
Presente quei film in cui si lascia per tot tempo la possibilità di fare quello che davvero si vuole fare? Senza limiti. E solo in risposta ai propri impulsi.

La responsabilità si costruisce nella presenza. Nella consapevolezza della differenza che corre fra desiderio e bisogno. Fra volere e desiderare. Conoscenza die limiti, in riconoscimento di quelli oggettivi e quelli soggettivi.
La responsabilità è dolorosa e crudele.

Sono i vecchi dei...e i vecchi dei non conoscono benevolenza, non conoscono compassione.
In sintesi.

Quindi...con buona pace delle mie utopie, tutto sommato meglio questo sistema del giudizio che tiene un certo ordine.
anche se...è sempre più complesso...non è un sistema "pensato" per 8 miliardi di persone in tendenza a crescere.
Non è stato pensato per la penuria di risorse e per il limite della risorsa.
Fra le altre cose.

Si autosmantellerà.
Io ancora spero nella morte, la mia, prima di quel tempo.
In ogni caso sarei vecchia e non avrei altra scelta che soccombere...

Salvo essermi comprata una camera criogenica in attesa di scoprire cosa troverò al risveglio. :D

Io sono in attesa dell'inverno...adoro questo passaggio in cui sento la preparazione al sonno e al freddo.
Spero sarà molto freddo.

Sono belli, da godere, i tempi sospesi...è come se, nel mio sentire, si riuscisse a vedere a occhi chiusi, amplificando le sensazioni...preparando spazio.

Buon we a te.
 

sheldon

Utente di lunga data
Non pensi invece che chiedendo adesso la separazione sarebbe più facile,descrivendo il perché,essere meglio capita anche dalla sua famiglia.Mi spiego,la madre,se passa troppo tempo potrebbe dirti che la potevi avvisare,la sorella avrebbe meno possibilità di pensare che tu fossi informata delle vendite.Saresti unicamente vista e compresa come una donna che non vuole un marito dipendente dalla coca e che appena scoperta la cosa vuole separarsi.
Indipendentemente daquello che scrivono altri utenti,che condivido,penso che la tempistica migliore sia quella di non aspettare,proprio per le motivazioni che ti ho scritto.
 

ionio36

Utente di lunga data
Comunque Sally, tutti dobbiamo assumerci delle responsabilità,anche se costano in termini emotivi,economici e quant'altro.
Il tuo dire, la sorella un domani se la vedrà, non mi sembra corretto.
Anche perché tu stessa non scommetteresti,5 Cents, che lui cambierà.

Poi mi rimane il dubbio di come si possano vendere opere d'arte,di un certo pregio, senza dare nell'occhio.
Sai mi sembra tutto un po' strano.

Sally, ci sei ancora?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io capisco che tu sally ti senta responsabile del marito.
Ma è sbagliato. Pensa che è come una malattia che non sai come curare e aspetti che passi. Chiedi aiuto subito.
 

Pincopallino

Utente di lunga data
Lasciare lasciare, tutti la fanno semplice, come se si trattasse di spostare un barattolo di salsa da uno scaffale all’altro.
Mia madre ha convissuto con mio padre, alcolista, 46 anni. 46 anni di alcolismo.
Di mio, non l’ho mai conosciuto sobrio. I miei fratelli, forse l’ultimo l’ha visto sobrio, qualche mese.
Forse.
Ci siamo odiati, menati, amati, allontanati, riavvicinati, persi, ritrovati, ma nessuno è mai scappato.
Si perché lasciare significa fuggire da una persona malata, quindi non viziosa o viziata, ma malata.
Il mio suggerimento è quello di cominciare a frequentare tu, da sola, in autonomia, gruppi di auto aiuto e ascolto, per riacquisire un tuo equilibrio personale e di coppia.
Lui all’inizio deriderà questa tua scelta e ti accusera‘ di andare in una setta.
Fregatene, continua il tuo percorso, poiché le tossicodipendenze sono considerate malattie della famiglia, perché l’altra pare della famiglia, in questo caso tu, vive in funzione del problema in un loop autodistruttivo.
In funzione del problema significa: non facciamo vita sociale per paura di; non parliamo mai di noi per paura di; non affrontiamo il tema per paura di.
Ricordati che stai con una persona malata, se avesse un tumore al cervello e questo male lo portasse a fare cose non belle, cose che non si dicono, cose da nascondere, lo lasceresti comunque?
Secondo me no.
E’ una persona malata che adotta atteggiamenti dovuti alla patologia.
Comincia a studiare la patologia facendoti aiutare.
In privato ti posso suggerire come fare.
Una volta iniziato il tuo cammino, in autonomia, imparerai a gestirlo e, potrai anche decidere volendo di lasciarlo, ma non sarà per fuggire, bensì per scelta, scevra da qualunque paura.
Naturalmente le mie non sono opinioni, ma elementi di vita vissuta e imparata da chi prima di me ha avuto un marito, un figlio, una sorella, un genitore con dipendenze da sostanze.
Sul corno nemmeno ci penserei, se ti aiuta a stare meglio ed ad essere più lucida e serena, tutta salute. Con o senza problema in casa. Qualunque problema.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Lasciare lasciare, tutti la fanno semplice, come se si trattasse di spostare un barattolo di salsa da uno scaffale all’altro.
Mia madre ha convissuto con mio padre, alcolista, 46 anni. 46 anni di alcolismo.
Di mio, non l’ho mai conosciuto sobrio. I miei fratelli, forse l’ultimo l’ha visto sobrio, qualche mese.
Forse.
Ci siamo odiati, menati, amati, allontanati, riavvicinati, persi, ritrovati, ma nessuno è mai scappato.
Si perché lasciare significa fuggire da una persona malata, quindi non viziosa o viziata, ma malata.
Il mio suggerimento è quello di cominciare a frequentare tu, da sola, in autonomia, gruppi di auto aiuto e ascolto, per riacquisire un tuo equilibrio personale e di coppia.
Lui all’inizio deriderà questa tua scelta e ti accusera‘ di andare in una setta.
Fregatene, continua il tuo percorso, poiché le tossicodipendenze sono considerate malattie della famiglia, perché l’altra pare della famiglia, in questo caso tu, vive in funzione del problema in un loop autodistruttivo.
In funzione del problema significa: non facciamo vita sociale per paura di; non parliamo mai di noi per paura di; non affrontiamo il tema per paura di.
Ricordati che stai con una persona malata, se avesse un tumore al cervello e questo male lo portasse a fare cose non belle, cose che non si dicono, cose da nascondere, lo lasceresti comunque?
Secondo me no.
E’ una persona malata che adotta atteggiamenti dovuti alla patologia.
Comincia a studiare la patologia facendoti aiutare.
In privato ti posso suggerire come fare.
Una volta iniziato il tuo cammino, in autonomia, imparerai a gestirlo e, potrai anche decidere volendo di lasciarlo, ma non sarà per fuggire, bensì per scelta, scevra da qualunque paura.
Naturalmente le mie non sono opinioni, ma elementi di vita vissuta e imparata da chi prima di me ha avuto un marito, un figlio, una sorella, un genitore con dipendenze da sostanze.
Sul corno nemmeno ci penserei, se ti aiuta a stare meglio ed ad essere più lucida e serena, tutta salute. Con o senza problema in casa. Qualunque problema.
Perfetto.
Però bisogna sentirsela
 

Brunetta

Utente di lunga data

Brunetta

Utente di lunga data

Brunetta

Utente di lunga data
Io ti salverò non esisteva nemmeno nella mia famiglia e Difatti nessuno ha salvato nessuno se non se stesso. Ognuno si è arrangiato come ha potuto.
Ho detto che per me sarebbe sopravvalutazione delle mie possibilità.
Voi eravate diversi
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Lasciare lasciare, tutti la fanno semplice, come se si trattasse di spostare un barattolo di salsa da uno scaffale all’altro.
Mia madre ha convissuto con mio padre, alcolista, 46 anni. 46 anni di alcolismo.
Di mio, non l’ho mai conosciuto sobrio. I miei fratelli, forse l’ultimo l’ha visto sobrio, qualche mese.
Forse.
Ci siamo odiati, menati, amati, allontanati, riavvicinati, persi, ritrovati, ma nessuno è mai scappato.
Si perché lasciare significa fuggire da una persona malata, quindi non viziosa o viziata, ma malata.
Il mio suggerimento è quello di cominciare a frequentare tu, da sola, in autonomia, gruppi di auto aiuto e ascolto, per riacquisire un tuo equilibrio personale e di coppia.
Lui all’inizio deriderà questa tua scelta e ti accusera‘ di andare in una setta.
Fregatene, continua il tuo percorso, poiché le tossicodipendenze sono considerate malattie della famiglia, perché l’altra pare della famiglia, in questo caso tu, vive in funzione del problema in un loop autodistruttivo.
In funzione del problema significa: non facciamo vita sociale per paura di; non parliamo mai di noi per paura di; non affrontiamo il tema per paura di.
Ricordati che stai con una persona malata, se avesse un tumore al cervello e questo male lo portasse a fare cose non belle, cose che non si dicono, cose da nascondere, lo lasceresti comunque?
Secondo me no.
E’ una persona malata che adotta atteggiamenti dovuti alla patologia.
Comincia a studiare la patologia facendoti aiutare.
In privato ti posso suggerire come fare.
Una volta iniziato il tuo cammino, in autonomia, imparerai a gestirlo e, potrai anche decidere volendo di lasciarlo, ma non sarà per fuggire, bensì per scelta, scevra da qualunque paura.

Naturalmente le mie non sono opinioni, ma elementi di vita vissuta e imparata da chi prima di me ha avuto un marito, un figlio, una sorella, un genitore con dipendenze da sostanze.
Sul corno nemmeno ci penserei, se ti aiuta a stare meglio ed ad essere più lucida e serena, tutta salute. Con o senza problema in casa. Qualunque problema.

Concordo, in particolare coi grassetti.

Poi c'è da dire che a volte anche restare è scappare.

Distinguere la linea sottile che separa la scelta dalla fuga è roba che implica uno sguardi esterni.
Volendolo fare. Ovviamente.
 

Pincopallino

Utente di lunga data
Concordo, in particolare coi grassetti.

Poi c'è da dire che a volte anche restare è scappare.

Distinguere la linea sottile che separa la scelta dalla fuga è roba che implica uno sguardi esterni.
Volendolo fare. Ovviamente.
Certo, restare è anche fuggire da qualcosa di ancora più grande dentro di noi, che si preferisce non affrontare. E quindi si sceglie quello che si crede il minore dei mali. Ma sono scelte viziate, come l’acqua che scorre in un tubo tutto a curve, ma artificiale, creato da altri.
Senza sapere dove ci si trova davvero, è diffic fuggire, poiché non si sa nemmeno da cosa fuggire.
Per questo serve impararlo, capirlo ed eventualmente sceglierlo.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Certo, restare è anche fuggire da qualcosa di ancora più grande dentro di noi, che si preferisce non affrontare. E quindi si sceglie quello che si crede il minore dei mali. Ma sono scelte viziate, come l’acqua che scorre in un tubo tutto a curve, ma artificiale, creato da altri.
Senza sapere dove ci si trova davvero, è diffic fuggire, poiché non si sa nemmeno da cosa fuggire.
Per questo serve impararlo, capirlo ed eventualmente sceglierlo.
Sì, è come descrivi.

Non si può spingere una macchina standoci seduti dentro.

E' una riflessione apparentemente banale e scontata...apparentemente.
 

Brunetta

Utente di lunga data
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