andrea53
Utente di lunga data
Carissima,
Lo scorso giovedì mattina, mentre eravamo seduti al tavolo da Xxxxx, nel ridente paese Bavarese tanto amato un tempo da Adolf Hitler,quando mi hai detto di avere intrapreso una nuova relazione, ovviamente io ho provato un breve - anche se intenso - dispiacere, ma allo stesso momento ho pensato che questa era una possibilità di cui eravamo da sempre consapevoli. Viviamo troppo distanti e tu, giustamente, hai sempre desiderato qualcuno che vivesse più vicino a te. Sapevo che sarebbe successo, sapevo che sarebbe potuto succedere anche a me. E quindi, sgomberando il campo dalle ipocrisie, se ero da una parte dispiaciuto, dall’altra ero contento per te. Ma, scusa tanto, è tutto il resto che faccio davvero fatica a capire.
Per quale strano motivo mi hai fatto venire fino da te in Germania? Per quale incomprensibile motivo avevi pianificato un viaggio insieme a me?
Proprio lì, dove vive e dove ti (ci) aspettava il tuo nuovo compagno? Che non ha certo dissimulato un certo fastidio... Ti ho subito detto che avrei preferito ritornare a casa, evitando questa strana e incomprensibile riunione, particolare che non potrai negare. Ma tu, no, dobbiamo andare insieme, tornando indietro fermarci un giorno a Xxxxx e un altro a Xxxx.
Non ti ci sarebbe voluto niente ad avvertirmi una settimana, maximal quattro-cinque giorni prima. Avrei disdetto l’Albergo, forse anche i biglietti ferroviari. Il problema vero è però il rispetto che si deve alle persone. Io capisco che quando si ha una relazione, soprattutto all’inizio, sia assolutamente normale scambiarsi delle manifestazioni di affetto, tenersi vicini, abbracciarsi. È bello, giusto e piacevole.
Quello che sconfina nel cattivo gusto è esibirsi in continui sbacciucchiamenti, strofinarsi in continuazione, palpeggiarsi, parlarsi sottovoce nelle orecchie, infischiandovi alla grande del mio imbarazzo, anche in virtù dei rapporti che c'erano stati, nel tempo, tra di noi. E non dirmi che sono un maschio latino arretrato. Cercavo in ogni momento di allontanarmi e vi ho di nuovo più volte detto che me ne sarei andato. Ma tu hai insistito perché rimanessi, fino a sabato. Mi avevi dato appuntamento a mezzogiorno. A mezzogiorno meno un quarto, mi hai mandato un messaggio di tre righe. "Resto qui, ciao, fai buon viaggio". Bene. Me lo aspettavo, eh... Ma non eri tu quella che si incazzava per un nonnulla, una telefonata ricevuta a tavola al ristorante o per la musica in auto senza esserci prima messi d'accordo su cosa ascoltare?Facile, con un WA, scaricare il soggetto debole della vicenda, no? Metodo sicuro e rapido, tanto io non sono che un cialtrone italiano.
VIELEN DANK. Non potendo fare altro, sono andato all’Hotel. Stanza disponibile solo fino a domenica. Niente stanze da lunedì, a causa di un congresso.
Aerei pieni, Eurocity per l'Italia full board lunedì e martedì.
L'unica cosa un ICE per Monaco lunedì mattina alle sei e mezza e lì un albergo che mi ha accolto solo dopo le 12:30, visto che anticipare il check-in non era possibile, nemmeno a pagare. L’unica cortesia, è stata di tenermi la valigia in attesa dell’orario. Tutto questo mentre tu eri a spassartela per i cazzi tuoi.
Anche per questo, VIELEN DANK. Non mi è rimasto altro che aspettare mercoledì mattina per ripartire, coi biglietti che avevo fatto per quel viaggio che doveva essere nostro, perché eri tu ad avermi invitato. (roba da matti).
Dunque ero arrivato su tuo invito, come al solito mi avevi chiesto forniture di olio, caffè, la mostarda di fichi e noci (per trovartela sono dovuto andare fino a Xxxxx) e io sono venuto da te, ignaro e felice di accontentarti. Ero venuto credendo che avremmo passato qualche giorno insieme, di certo non ad assistere allo spettacolo assai poco interessante dei tuoi bollori senili. Anche per questo, TANTE GRAZIE.
Grazie di cuore anche per aver usufruito per i vostri incontri della camera di albergo che io avevo prenotato e pagato per te. Quella accanto alla mia, dalla quale eri preoccupata di essere disturbata per i miei “rumori” notturni, visto che a me, povero selvaggio, capita di russare nel sonno. Spero che abbiate gradito l'ospitalità.
Considerata la vostra empatia, immagino che vi siate fatti anche quattro risate alle mie spalle, my compliments!
Anche per questo, VIELEN DANK. Stronza tu, cafone lui, squallidi tutti e due.
Potevi avere la elementare delicatezza di farti pagare da lui una stanza da qualche altra parte, oder? Che miseria...
GRAZIE per aver mandato a puttane un’amicizia che, nel bene e nel male, durava da diciotto anni. Potevi agire con più dignità, soprattutto dopo tutte quelle belle lezioni di bon ton che - negli anni - mi avevi impartito. Sei ancora piacente, ma hai settant'anni, madamine. E nonostante l'età non più verde, sei stata capace di comportarti come una bambina dell'asilo. Ma non eravamo in una struttura per l'infanzia. È stato gradevole per te tutto questo, ti ha fatto piacere umiliarmi? Ti senti meglio adesso?
Non è nel mio stile rinfacciare le cose alle persone. Ma lasciarmi nella merda in mezzo alla Germania, con problemi a reperire trasporti e alberghi, mentre tu dopo avermi invitato eri tranquilla e felice a farti i cazzi tuoi, è stato un gesto orribile. Se penso che una volta ti ho lasciato anche tutta la mia villetta liberty a disposizione perché tu rientravi dalla Corsica e io non potevo essere lì per un mio impegno in Francia, impossibile da cancellare… Ero anche dispiaciuto (che coglione!). Che in tanti anni sono venuto ad aspettarti dovunque mi hai chiesto, Milano, Verona, Bologna, Firenze… e poi riportata a casa in macchina perché tu potessi caricare tutto quello che ti eri comprata. Salami, olio, pasta, prosciutto, vino, olive, formaggi. Che il bagagliaio della mia Giulia pareva diventato una succursale del Paradiso Terrestre
...Certo io vado bene per le forniture agro-alimentari, per pagare le vacanze, le terme e i soggiorni. È la mia specialità.
Last, but not least.
Capitava a volte che tu esprimessi giudizi pesanti su di me. Non so se hai ragione, può anche essere. Ma una cosa devo dirti: tu non sai niente o quasi della mia precedente vita familiare. Eravamo una famiglia felice. Ho sempre fatto del mio meglio perché mia moglie avesse una buona vita, perché mia figlia vivesse in un ambiente sereno. Ci volevamo bene. Ho solo combattuto contro il terribile vizio di lei, quello che alla fine l’ha portata alla tomba, quando aveva solo cinquantadue anni. Un paio di volte, ma solo per scuoterla, sono andato via da casa, trovandomi un piccolo appartamento triste e senza riscaldamento, offerto da amici. Volevo che smettesse di fumare, e minacciare la separazione era un estremo tentativo, quasi disperato, dopo che avevo provato in ogni altro modo a persuaderla. E in quell’appartamento triste, pensavo a lei e mi mancavano le serate con mia figlia, passate a guardare insieme i film o a finire i compiti di scuola. Di quello che ho passato, non ti ho parlato quasi mai, se non per sommi capi. Diversamente da altri (riferimento non casuale, certo), non mi va di rendere tristi le persone col racconto dei miei periodi dolorosi. Anche perché a tutti noi ne sono capitati, che la vita non è un sentiero cosparso di petali di rosa. Per questo ti ripeto che in fondo, tu della mia vita precedente, non sai (quasi) nulla. Nonostante questo tu mi hai criticato lo stesso, rifiutando di capire le ragioni - condivisibili o no, certo - di quei periodi di separazione. Non sai nemmeno dei molti sforzi fatti, alla fine, per alzare M. dal letto, portarla in bagno, lavarla, farle salire le scale, cadere sotto il suo peso, quando era ormai senza forze, fino a che non fu possibile sistemarla a piano terra. Lo stato della mia gamba destra, operata già tre volte, testimonia di alcune conseguenze. Mi ricordo in quei giorni di aver sentito tante volte piangere mia figlia dietro la porta chiusa della sua camera. Dopo tanti anni, lei è oggi una delle più conosciute divulgatrici scientifiche italiane, e sai bene che in questa rinascita c’è anche qualche mio piccolo merito. Persino l’ultima sera in cui ho cenato a casa tua, sei stata capace di dire delle cose sgradevoli sul mio conto. Io sono uno che non ama le discussioni, per quello non reagivo quasi mai ogni volta che alzavi la voce con me. Ma ho la pessima abitudine di ricordarmi tutto.
Ancora. Quando trovavo un film, un libro, qualcosa di interessante, provavo subito il desiderio di condividerlo con te. E mi ricordo di un pomeriggio passato in giro sotto la pioggia, per tutta la città, a cercare un regalo di compleanno che potesse piacerti. Quando ti spedivo qualcosa, pensavo ogni volta, jedes Mal, alle tue mani che aprivano il pacco, al tuo volto mentre ne scopriva il contenuto, ed era per me come essere lì, insieme a te. Un modo un poco ingenuo, se vuoi, per mitigare la distanza fisica che ci separava. Bene: un anno fa, a casa tua, al termine di una discussione sul nulla, arrivasti a dirmi che tutto quel che ti avevo mandato era teso “ad ottenere qualcosa in cambio”, e che me lo sarei potuto riprendere in blocco.
Ancora mi domando da quale abisso di meschinità sia potuto risalire un pensiero di questo genere.
Un’ultima cosa: se ti avessi lasciato da sola da qualche parte in Italia per correre dietro a qualche mia “amica”, come avresti reagito? In questi giorni, ne sono passati diversi, non hai neppure pensato alla minima cortesia di una email o ad un messaggio di scuse. Come i bambini, non avendo il coraggio delle tue azioni, te ne stai in silenzio, in attesa che il tempo passi e ricopra col suo velo la memoria del tuo comportamento? Oggi è venuto finalmente alla luce con evidenza quanto tu valga, come donna e come persona. Ti auguro solo che il ricordo di certe belle giornate che negli anni avevamo condiviso, non ti sia così amaro come lo sarà, da ora in poi, per me.
Complimenti e buona fortuna.
Lo scorso giovedì mattina, mentre eravamo seduti al tavolo da Xxxxx, nel ridente paese Bavarese tanto amato un tempo da Adolf Hitler,quando mi hai detto di avere intrapreso una nuova relazione, ovviamente io ho provato un breve - anche se intenso - dispiacere, ma allo stesso momento ho pensato che questa era una possibilità di cui eravamo da sempre consapevoli. Viviamo troppo distanti e tu, giustamente, hai sempre desiderato qualcuno che vivesse più vicino a te. Sapevo che sarebbe successo, sapevo che sarebbe potuto succedere anche a me. E quindi, sgomberando il campo dalle ipocrisie, se ero da una parte dispiaciuto, dall’altra ero contento per te. Ma, scusa tanto, è tutto il resto che faccio davvero fatica a capire.
Per quale strano motivo mi hai fatto venire fino da te in Germania? Per quale incomprensibile motivo avevi pianificato un viaggio insieme a me?
Proprio lì, dove vive e dove ti (ci) aspettava il tuo nuovo compagno? Che non ha certo dissimulato un certo fastidio... Ti ho subito detto che avrei preferito ritornare a casa, evitando questa strana e incomprensibile riunione, particolare che non potrai negare. Ma tu, no, dobbiamo andare insieme, tornando indietro fermarci un giorno a Xxxxx e un altro a Xxxx.
Non ti ci sarebbe voluto niente ad avvertirmi una settimana, maximal quattro-cinque giorni prima. Avrei disdetto l’Albergo, forse anche i biglietti ferroviari. Il problema vero è però il rispetto che si deve alle persone. Io capisco che quando si ha una relazione, soprattutto all’inizio, sia assolutamente normale scambiarsi delle manifestazioni di affetto, tenersi vicini, abbracciarsi. È bello, giusto e piacevole.
Quello che sconfina nel cattivo gusto è esibirsi in continui sbacciucchiamenti, strofinarsi in continuazione, palpeggiarsi, parlarsi sottovoce nelle orecchie, infischiandovi alla grande del mio imbarazzo, anche in virtù dei rapporti che c'erano stati, nel tempo, tra di noi. E non dirmi che sono un maschio latino arretrato. Cercavo in ogni momento di allontanarmi e vi ho di nuovo più volte detto che me ne sarei andato. Ma tu hai insistito perché rimanessi, fino a sabato. Mi avevi dato appuntamento a mezzogiorno. A mezzogiorno meno un quarto, mi hai mandato un messaggio di tre righe. "Resto qui, ciao, fai buon viaggio". Bene. Me lo aspettavo, eh... Ma non eri tu quella che si incazzava per un nonnulla, una telefonata ricevuta a tavola al ristorante o per la musica in auto senza esserci prima messi d'accordo su cosa ascoltare?Facile, con un WA, scaricare il soggetto debole della vicenda, no? Metodo sicuro e rapido, tanto io non sono che un cialtrone italiano.
VIELEN DANK. Non potendo fare altro, sono andato all’Hotel. Stanza disponibile solo fino a domenica. Niente stanze da lunedì, a causa di un congresso.
Aerei pieni, Eurocity per l'Italia full board lunedì e martedì.
L'unica cosa un ICE per Monaco lunedì mattina alle sei e mezza e lì un albergo che mi ha accolto solo dopo le 12:30, visto che anticipare il check-in non era possibile, nemmeno a pagare. L’unica cortesia, è stata di tenermi la valigia in attesa dell’orario. Tutto questo mentre tu eri a spassartela per i cazzi tuoi.
Anche per questo, VIELEN DANK. Non mi è rimasto altro che aspettare mercoledì mattina per ripartire, coi biglietti che avevo fatto per quel viaggio che doveva essere nostro, perché eri tu ad avermi invitato. (roba da matti).
Dunque ero arrivato su tuo invito, come al solito mi avevi chiesto forniture di olio, caffè, la mostarda di fichi e noci (per trovartela sono dovuto andare fino a Xxxxx) e io sono venuto da te, ignaro e felice di accontentarti. Ero venuto credendo che avremmo passato qualche giorno insieme, di certo non ad assistere allo spettacolo assai poco interessante dei tuoi bollori senili. Anche per questo, TANTE GRAZIE.
Grazie di cuore anche per aver usufruito per i vostri incontri della camera di albergo che io avevo prenotato e pagato per te. Quella accanto alla mia, dalla quale eri preoccupata di essere disturbata per i miei “rumori” notturni, visto che a me, povero selvaggio, capita di russare nel sonno. Spero che abbiate gradito l'ospitalità.
Considerata la vostra empatia, immagino che vi siate fatti anche quattro risate alle mie spalle, my compliments!
Anche per questo, VIELEN DANK. Stronza tu, cafone lui, squallidi tutti e due.
Potevi avere la elementare delicatezza di farti pagare da lui una stanza da qualche altra parte, oder? Che miseria...
GRAZIE per aver mandato a puttane un’amicizia che, nel bene e nel male, durava da diciotto anni. Potevi agire con più dignità, soprattutto dopo tutte quelle belle lezioni di bon ton che - negli anni - mi avevi impartito. Sei ancora piacente, ma hai settant'anni, madamine. E nonostante l'età non più verde, sei stata capace di comportarti come una bambina dell'asilo. Ma non eravamo in una struttura per l'infanzia. È stato gradevole per te tutto questo, ti ha fatto piacere umiliarmi? Ti senti meglio adesso?
Non è nel mio stile rinfacciare le cose alle persone. Ma lasciarmi nella merda in mezzo alla Germania, con problemi a reperire trasporti e alberghi, mentre tu dopo avermi invitato eri tranquilla e felice a farti i cazzi tuoi, è stato un gesto orribile. Se penso che una volta ti ho lasciato anche tutta la mia villetta liberty a disposizione perché tu rientravi dalla Corsica e io non potevo essere lì per un mio impegno in Francia, impossibile da cancellare… Ero anche dispiaciuto (che coglione!). Che in tanti anni sono venuto ad aspettarti dovunque mi hai chiesto, Milano, Verona, Bologna, Firenze… e poi riportata a casa in macchina perché tu potessi caricare tutto quello che ti eri comprata. Salami, olio, pasta, prosciutto, vino, olive, formaggi. Che il bagagliaio della mia Giulia pareva diventato una succursale del Paradiso Terrestre
...Certo io vado bene per le forniture agro-alimentari, per pagare le vacanze, le terme e i soggiorni. È la mia specialità.Last, but not least.
Capitava a volte che tu esprimessi giudizi pesanti su di me. Non so se hai ragione, può anche essere. Ma una cosa devo dirti: tu non sai niente o quasi della mia precedente vita familiare. Eravamo una famiglia felice. Ho sempre fatto del mio meglio perché mia moglie avesse una buona vita, perché mia figlia vivesse in un ambiente sereno. Ci volevamo bene. Ho solo combattuto contro il terribile vizio di lei, quello che alla fine l’ha portata alla tomba, quando aveva solo cinquantadue anni. Un paio di volte, ma solo per scuoterla, sono andato via da casa, trovandomi un piccolo appartamento triste e senza riscaldamento, offerto da amici. Volevo che smettesse di fumare, e minacciare la separazione era un estremo tentativo, quasi disperato, dopo che avevo provato in ogni altro modo a persuaderla. E in quell’appartamento triste, pensavo a lei e mi mancavano le serate con mia figlia, passate a guardare insieme i film o a finire i compiti di scuola. Di quello che ho passato, non ti ho parlato quasi mai, se non per sommi capi. Diversamente da altri (riferimento non casuale, certo), non mi va di rendere tristi le persone col racconto dei miei periodi dolorosi. Anche perché a tutti noi ne sono capitati, che la vita non è un sentiero cosparso di petali di rosa. Per questo ti ripeto che in fondo, tu della mia vita precedente, non sai (quasi) nulla. Nonostante questo tu mi hai criticato lo stesso, rifiutando di capire le ragioni - condivisibili o no, certo - di quei periodi di separazione. Non sai nemmeno dei molti sforzi fatti, alla fine, per alzare M. dal letto, portarla in bagno, lavarla, farle salire le scale, cadere sotto il suo peso, quando era ormai senza forze, fino a che non fu possibile sistemarla a piano terra. Lo stato della mia gamba destra, operata già tre volte, testimonia di alcune conseguenze. Mi ricordo in quei giorni di aver sentito tante volte piangere mia figlia dietro la porta chiusa della sua camera. Dopo tanti anni, lei è oggi una delle più conosciute divulgatrici scientifiche italiane, e sai bene che in questa rinascita c’è anche qualche mio piccolo merito. Persino l’ultima sera in cui ho cenato a casa tua, sei stata capace di dire delle cose sgradevoli sul mio conto. Io sono uno che non ama le discussioni, per quello non reagivo quasi mai ogni volta che alzavi la voce con me. Ma ho la pessima abitudine di ricordarmi tutto.
Ancora. Quando trovavo un film, un libro, qualcosa di interessante, provavo subito il desiderio di condividerlo con te. E mi ricordo di un pomeriggio passato in giro sotto la pioggia, per tutta la città, a cercare un regalo di compleanno che potesse piacerti. Quando ti spedivo qualcosa, pensavo ogni volta, jedes Mal, alle tue mani che aprivano il pacco, al tuo volto mentre ne scopriva il contenuto, ed era per me come essere lì, insieme a te. Un modo un poco ingenuo, se vuoi, per mitigare la distanza fisica che ci separava. Bene: un anno fa, a casa tua, al termine di una discussione sul nulla, arrivasti a dirmi che tutto quel che ti avevo mandato era teso “ad ottenere qualcosa in cambio”, e che me lo sarei potuto riprendere in blocco.
Ancora mi domando da quale abisso di meschinità sia potuto risalire un pensiero di questo genere.
Un’ultima cosa: se ti avessi lasciato da sola da qualche parte in Italia per correre dietro a qualche mia “amica”, come avresti reagito? In questi giorni, ne sono passati diversi, non hai neppure pensato alla minima cortesia di una email o ad un messaggio di scuse. Come i bambini, non avendo il coraggio delle tue azioni, te ne stai in silenzio, in attesa che il tempo passi e ricopra col suo velo la memoria del tuo comportamento? Oggi è venuto finalmente alla luce con evidenza quanto tu valga, come donna e come persona. Ti auguro solo che il ricordo di certe belle giornate che negli anni avevamo condiviso, non ti sia così amaro come lo sarà, da ora in poi, per me.
Complimenti e buona fortuna.
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