Anche secondo me la curiosità autentica non nasce dal vuoto, ma si innesta su una struttura solida di conoscenze e su un metodo che permetta di collegare, approfondire e interrogare ciò che si sa, ma nemmeno può essere imposta. Un ragazzo può essere "curioso" di politica, di storia, di scienza, ma se non ha una minima base di concetti, di lessico, di riferimenti, la sua curiosità rischia di restare superficiale o frustrata. Lo stesso vale per il metodo: senza la capacità di porre domande pertinenti, di cercare fonti attendibili, di confrontare punti di vista, la curiosità si spegne o si disperde. La scuola, in questo senso, ha una responsabilità fondamentale: non tanto (o non solo) quella di trasmettere informazioni, ma di fornire una mappa iniziale e degli strumenti per esplorarla. E non si può davvero "esplorare" nulla se non si ha idea di dove si è e di cosa ci circonda. Il rischio oggi, in un’epoca di accesso immediato a ogni tipo di informazione, è confondere il disponibile con l’assimilato, e l’impressione di sapere con il sapere vero. La conoscenza profonda, invece, richiede lentezza, fatica, struttura e spirito critico. Poi penso anche che la scuola sia fondamentale per questo, ma ancor di più la famiglia. Come nell'esempio del calcio di cui a me non frega un tubo: magari se fossi cresciuto in una famiglia di appassionati ora avrei un atteggiamento del tutto diverso.