Propongo un altro spunto, anzi 3: smart working, commercio elettronico, didattica a distanza.
Conosco a livello professionale i primi due, conosco alcuni degli strumenti che si utilizzano per la terza.
Sono piuttosto certo che almeno il 70% della popolazione non sappia cosa farsene. E credo sia un altro aspetto che non cambierà.
Beh, smart working e didattica a distanza per essere praticati in certi contesti richiederebbero una profonda revisione di alcune procedure.
Servirebbe progettazione.
Io con lo smart working mi sto trovando benissimo, ho un rendimento migliore, arrivo a fine giornata serena e con zero stanchezza.
Non solo io, tutto il mio gruppo di lavoro sta producendo moltissimo.
Ma sento amici e amiche che letteralmente non sanno cosa fare. E' straniante, dicono.
E temo anche io che non cambierà.
Non per cattiva volontà o semplice "ignoranza" della popolazione sull'uso dello strumento, più che altro per inerzia di chi sarebbe chiamato a investire nella riprogettazione del processo e nella formazione su processi/strumenti.
In generale però, io non so cosa avverrà dopo.
E' un tempo sospeso.
So che al momento mi sento bene, ricavo tempo per me sottraendolo ad inutili ed estenuanti spostamenti.
Riesco ad allenarmi mattina e sera, non mi succedeva da una decina di anni.
Ed altre abitudini che ho acquisito cercherò di non perderle, perché ne sento i benefici.
Ma se sposto lo sguardo da me, vedo molta insofferenza, incomprensibile.
E rabbia, comprensibile.
Che per ora "sobbolle"...poi non so che fine farà.
Potremmo sfruttare questa sospensione per riflettere e riprogettare, infrastrutture, lavoro e anche noi stessi.
Ma a me non sembra che si stia prendendo questa direzione.
Mi sembra ci si limiti a sperare che "finisca il prima possibile" rincoglioniti dal mantra "andrà tutto bene".
Se siamo con più di 6000 morti significa che non andava per nulla "tutto bene" neppure prima.
E se c'è gente che non sa sfruttare la tecnologia per produrre ma solo per rimbalzare contenuti su fb, "nulla stava andando bene".