A volte @
nina serve chiudersi in cantina a pulire ossa.
Conceditelo. Fallo. Goditelo anche. Passato il primo momento di schifo per le ossa, inizierai a vedere anche la bellezza di quel che resta.
Quando io e il mio ex ci siamo lasciati, in contemporanea si è lasciata con suo marito anche quell'amica che ti dicevo. Quella con cui mi ero comprata gli stivali da zuper zoccola da 300 euro. (che ora come ora se ne stanno a riposare in un armadio...300 euro...per la puttana :unhappy

...ecco, la mia amica nel giro di tre mesi aveva preso la sua casa, svuotata, ribaltata, ritinteggiata, buttato tutto, asciugamani, piatti, bicchieri...tutto. Casa vuota. E col nuovo compagno l'ha rifatta praticamente nuova.
Io ci sono riuscita sabato scorso. E non a rifare tutto. A buttar via un divano, su cui fra l'altro aveva pure pisciato la gatta e quindi ci sono stata pure costretta per certi versi.
Tutto il resto è ancora come era. Sto iniziando adesso, dopo tre anni, a ri-desiderare la Mia casa. Avere voglia di renderla di nuovo Mia e basta.
Praticamente nessuno ha capito la mia esigenza di rimanere con i fantasmi di quella casa. Alcuni splendidi altri orribili. Ma io ho avuto bisogno di rimanerci immersa dentro e pulire le mie ossa.
Ho tutelato le mie esigenze.
Ho compreso le critiche....della mia amica, che mi diceva che avrei dovuto fare come lei. Dei miei genitori, mia sorella, pure lo psyco per un periodo ci si era messo.
E ogni volta che com-prendevo una critica, spiegando le mie ragioni, i miei bisogni, il mio funzionamento, facevo PER ME e CON ME.
E ogni volta che spiegavo, facevo anche chiarezza in me.
Un passo per volta. Con calma.
Concedendomi il e al Mio tempo del dolore e dei demoni.
Il mio ex, nonostante il delirio del finale, non c'entrava in realtà nulla. Aveva solo risvegliato cose sopite, che avevo tenuto lì. Anche tramite lui. La sensazione ILLUSORIA che tramite lui avessi un posto nel mondo...si è rivelata illusoria. Perchè è illusoria quella sensazione.
Se il posto nel mondo dipende, o co-dipende, non c'è molta differenza in soldoni, da qualcun altro, non è il proprio posto.
Quello che si sta risvegliando, il tuo fastidio, i legami di sangue che ti stringono il collo, (e ti ricordo che paralvi di tua madre come la tua Compagna fedele e affidabile)...è roba tua.
Siediti. Prendi in mano le tue ossa. E puliscile. Fatti aiutare se da sola ti senti schiacciata. Non c'è nulla di male.
Uscire da una relazione simbiotica è dolorosissimo. E' come strapparsi via pezzi di carne viva. Sia che si sia lasciati sia che si lasci.
E quando la chiusura è così dolorosa, è segnale che quella relazione non andava bene...nel senso che non solo non aveva dato un posto nel mondo, ma aveva pure fatto perdere il senso di sè.
Adesso non lo sai. E non lo puoi sapere ancora. Il dolore è fresco e lo devi attraversare. Ma se lei era un parassita, come dice twin, tu sei stata l'ospite. E qui devi guardare. Sul tuo concederti come ospite al parassitismo.
Io sono stata ospite. Co-dipendente. Ossia dipendevo dalla dipendenza del mio ex. Roba che quasi do via di testa.
E ho dovuto re-impararmi. Anche a gestire il mio modo della disponibilità alla Cura. Tutelando me stessa. E non attraverso il ritagliarmi spazi fuori dal contesto affettivo, come facevo.
Come se io non meritassi che quegli spazi piccoli e risicati per me.
...il famoso proprio posto nel mondo.
Che per me non poteva che essere frutto di lotta e guerra. In me e con me. Perchè tutta intera, nel mio essere pieno, non potevo, non mi concedevo di emergere.
Quindi emergevo solo come stronza e aguzzina contrapposto e alternativamente a colei che si prende Cura dei randagi in modo totalizzante.
Trovalo. E trovalo da sola. E' in te.
Poi potrai accoglierci qualcuno. Adesso no. Non puoi. Manchi tu.
Ma togli lo sguardo da lei. Dal tradimento che è un sintomo di una relazione che era tutta sballata. Non è il tradimento che ti sta facendo soffrire.
Stai facendo i conti che tu sei innanzitutto con te stessa. Stai.
E non aver timore dite e delle tue fragilità.
Lei probabilmente, con le sue fragilità, ti è servita anche per prenderti cura di te. Curando lei, curavi anche te.
Essendo forte per e con lei, lo eri con te.
Ma le tue fragilità...sono Tue. Abbine cura senza vergogna. E siine fiera invece
Quelle che adesso sono fragilità, quando gli avrai trovato un posto e una dignità, saranno la tua Forza e la Tua Bellezza.
Adesso stai dove stai. Soffri. E pulisci ossa. Non lasciare che il dolore sia sprecato cercando risposte in qualcuno che non sei Tu.
Aspetta che adesso è un po' lunga a risponderti, eh, e spro di riuscire a beccare bene tutti i punti. Aspettati una risposta molto confusa che parte alla cazzo e non so dove vada.
Allora. Io questa l'ho sempre considerata un po' casa nostra, ma avrei dovuto capire fin da subito che è sempre stata solo casa mia. Nel periodo in cui la risentivo girovagare per la città mi faceva benem prendevo aria dalla tesi, mi interrogavo sul come si sarebbe evoluta tutta questa faccenda, e non sentivo che casa mia mi stesse schiacciando. Adesso invece ho bisogno di starmene in mezzo ai libri e alle mie cose, nel mio nido. Come mi diceva lei prima di conoscermi. Sento di essere regredita: me ne vergogno. Io a mia madre voglio bene, le sono grata, perché ha deciso di tenermi, ma non sento particolare attaccamento verso la mia famiglia, verso il posto in cui sono nata. Più sto lontana da lì, meglio mi sento. Appena varco la soglia di casa di mia madre, mi viene da vomitare. Per me loro (per quanto non li voglia morti, per quanto non mi abbiano fatto nulla di male, per quanto li aiuti e ioro aiutino me) sono sangue, sono persone che non mi sono scelta, non sono persone con cui cercare compagnia o condividere interessi: sono sangue. Non mi intrigano, sono diversi da me. Posso essere loro grata, ma voglio scegliermi le persone: le persone che scelgo, i miei amici, con cui voglio stare, sono la mia famiglia: lei, che così tanto mi faceva ridere e mi abbracciava e mi accarezzava e tutto, la consideravo la mia famiglia. Non l'avevo cercata, non l'avevo corteggiata, non avevo fatto niente per trovarmela, e per me questa cosa era preziosa. Non sono uno di quei disabili gravemente compromessi fisicamente: cammino, mi tengo in equilibrio, sono "normale" se mi vedi: per quanto mi riguarda, mi piaccio anche abbastanza, ma ho, ad eempio, una grave scoliosi, e non è che sono un razzo. Piacerle mi sbalordiva. Sentirmi dire che ero speciale e che mi amava per questo (e me lo diceva fino un mese prima, quando già con l'altro ci andava!), e io comunque questo essere speciale o me lo stavo immaginando, o veramente glielo leggevo in faccia, mi sbalordiva. Per me questo era incredibilmente prezioso. Molto più prezioso dell'amore di una madre, di un fratello, di una sorella, di un padre. Scambiarsi le opinioni, poterle dare la mano e dirle "ci sono qui io, ci siamo qui insieme" per me era incredibilmente prezioso, perché le stavo dando un pezzetto di tutto quello che potevo darle. E mi fa male non (solo) l'essere stata tradita e vederla ridurre il tutto, dall'alto del suo cambiamento, in termini molto prosaici, ma il fatto che quel sentimento fosse per lei estremamente volatile: appena ha cominciato "ad attaccare bottone con tutti", valeva più intrattenere anche i rapporti più fessi coi colleghi di università che vedere questa povera stronza che ti chiedeva di cederci più di un weekend a settimana. Mi fa male pensare che un sentimento del genere possa semplicemente passarti, e che oltretutto, se glielo chiedevi, nemmeno riconosceva che almeno un bruscolino della sua crescita era germogliato dal palmo della mia mano che la teneva stretta. E proprio perché sapevo che aveva sempre avuto mebo amici di me, se qualcosa non mi stava bene la ingoiavo per darle le sue possibilità. Quando questo l'anno scorso ha cominciato a portarsela in giro, io ero gelosa, ma non ho detto nulla, ho inghiottito, e lei ne ha approfittato. Non lo so se fosse un legame di dipendenza, non credo di avere gli strumenti per poterlo dire adesso, o forse sì, e ho paura di ammetterlo, ma so che per me gli affetti sono profondi, ed è questo che mi spezza: adesso che so che non la potrò rivedere (me lo concedete un beneficio del dubbio. non si sa mai?), uscire fuori mi fa solo tirar fuori un sacco di lacrime, non so perché. Uscire fuori mi fa sentire tagliata fuori da tutto il mondo. Mi spezza sapere che per lei erano importanti altre cose: per me le persone che ti vogliono bene sono poche, pochissime al mondo, e vanno coltivate. Io per lei non ero una di quelle. Oltre questo desiderio di coltivare le persone e le cose, non so veramente più dentro di me cosa ci sia: è una vita che devo giustificare l'essere disabile con l'essere intelligente, che devo lottare con le unghie per dimostrare non so che cosa, e per la prima volta mi sentivo accolta, quando invece per lei ero sacrificabile.
Gran parte della mia vita non è mai stata felice: sono sempre stata molto grande fin da piccola, ogni giorno è una lotta, forse è per questo che, qualunque cosa le persone mi diano, quando scelgo di averle vicino, me la prendo senza fiatare: mi sono sempre ripetuta che i problemi sono altri, e adesso non c'è nulla che io voglia fare nulla che mi piaccia davvero, nulla che mi faccia pensare "ecco, questa sono io". A prescindere da lei, lo sento veramente solo se gli altri lo riconoscono.
Per banale che sia, penso di aver bisogno dell'amore degli altri, della stima - è il mio unico punto debole: aver bisogno e non riuscire mai a chiedere nulla. E sento che ora come ora, tutto quello che ho costruito, tutta l'intelligenza, tutta la cultura, non mi servano a molto: se tutto mi va bene (e questo è lo scenario migliore) riuscirò a trovare un impiego che mi darà due soldi per otto ore, con la laurea utilissima che ho, per tornare in una casa vuota. Non è l'esser stata tradita, a farmi sentire così: è l'essere stata trattata come una pezza. Non ho mai preteso che tu avessi cura di me nello stesso modo (o forse sì, ed è questo che l'ha fatta scappare?), ma almeno volevo essere trattata come una persona. E tutto quell'essere speciale per lei, che mi aceva accolta in casa sua, non era che una zavorra. Forse, fra tutte e due, quella normale è lei, che voleva tenersi distante da me, e non sono io. E mi sale un quantitativo infinito di rabbia perché l'ultima volta che ci siamo sentite mi ha detto "non voglio perderti, ma se devo uscire dalla tua vita lo accetto", e invece di quelle risposte pacate che le ho dato, e di quelle domande tenui che le ho fatto, per paura che mi depennase completamente e di riservarmi un giorno la possibilità che possa rendersi conto, avrei voluto dirle "sei tu che mi stai cacciando, sei tu ad aver fatto determinate scelte, e invece parli come se la cosa non ti riguardasse. Se proprio non vuoi perdermi, perché non tratarmi con un minimo di decenza? Cos'è che non vuoi perdere, se mi hai lasciata? Vuoi che ti tratti come prima, ma senza essere la tua ragazza, o stai parlando per dare aria alla bocca?" Le ho detto che volevo incontrarla per darle la tesi, perché era, sotto sotto, una lettera d'amore per lei, in cui c'erano dei passaggi che solo lei poteva capire, e la sua risposta, dopo un quarto d'ora di "non vogliouscire con te se l'idea è tornare insieme" è stata "allora non vuoi darmela?". E io al posto di dirle "No", per evitare proprio un'esplosione irreparabile, le ho detto "no, se mi dici non voglio perdermi questo tuo sentimento non è né una cosa, né un'altra", ma avrei voluto dirle "è un quarto d'ora che mi stai cacciando, perché adesso mi dici quasi quasi che la mia tesi la vuoi?" Mi morde l'essere esplosa a febbraio, quando siamo andate al cinema, perché se al posto di esplodere e di vomitarle tutto addosso l'avessi abbracciata come avrei voluto fare, se avessi messo da parte il rancore, forse sarebbe andata diversamente. Posso saperlo? No. Però vorrei saper dire le cose, ecco. Forse hai ragione nel dire che soffro perché la mia cura non è stata riconosciuta, che nelle sue fragilità curavo anche le mie, però ammetto che, nel'aver risposto al suo "ti meriti ogni bene", non sono stata sincera. Spero che lo provi sulla sua pelle, tutto questo dolore. Vorrei tanto volerle male, ma le voglio l'amore che le volevo prima. Però vorrei che qualcosa che le faccia capire che gli altri non sono uno straccetto da dismettere le capiti, che magari qualcosa gli sussurri all'orecchio che "cazzo, una persona che mi amava, che mi voleva far partecipe della sua gioia di vivere io ce l'avevo, e me la sono bruciata", perché forse l'esito è stato sballato, ma questo volevo: qualcuno che partecipasse della gioia che mi devo creare da quando soo nata, ogni mattina, alzandomi dal letto. Volevo contagiarla e volevo che lei potesse goderne con me. E adesso non so come riprendermela. Ho sempre pensato "ho visto morire mio padre, mio zio, più di un amico: perché sprecare le occasioni belle che possiamo avere con gli altri?", ma io per lei non ero quell'occasione. Se lo sono, con tutto che io avrei voglia di fare la figura di riscriverle, si faccia la cazzo di vita mondana che le piace tanto, e spero che la asciughi, che non trovi nessuno con cui parlare alla pari come faceva con me, e che si mangi pure i gomiti.
Io sono quella che ero prima di conoscerla: combatto con il mio fisico, orchestrando metodi ingegnosi per sopravvivere fra le mura domestiche senza uccidermi scolando la pasta, leggo libri, invento storie. Dietro queste cose, prima di conoscerla, c'era un colore che le animava, ovvero la curiosità di scrivere di sentimenti che non credo avrei mi potuto provare, poi è arrivata lei, e adesso non c'è più un cazzo di nulla. Sono io, non sono cambiata, come invece ha fatto lei, e quindi forse non sono neppure cresciuta. In realtà penso di aver sempre mantenuto un gran senso di me e di quello che volevo, solo che questo senso è fatto di poche cose.
Voi dite "quando starai bene non ti servirà sapere se qualcosa le è successo, poi non lo potrai mai sapere", e razionalmente è vero, ma ora come ora è l'unica cosa che riesco a pensare. Se non fosse che se una persona è stronza, galleggia perché determinati sentimenti non contribuiscono a tirarla giù.
E quindi è meglio che non penso a nulla, alla mancanza che mi pugnala, e mi sfondo di Netflix: mi fa ridere che adesso guardo i battibecchi a scopo firt dei personaggi e riesco solo a dirmi "non è così che funziona, è tutto finto".