Ciao!!!!
vero, e anche non vero
grazie per gli spunti!!!
Ti porto due citazioni che mi sono sempre piaciute un sacco
"la complessità è una parola problema, non una parola soluzione"
"nei sistemi complessi l'imprevedibilità e il paradosso sono sempre presenti ed alcune cose rimarranno sconosciute"
Morin
Noi veniamo da un sistema filosofico, che ha fondato i paradigmi attraverso cui organizziamo le conoscenze di un certo tipo: dicotomico, meccaniscistico, positivista.
Tutto il pensiero del novecento è fondamentalmente costruito su questo tipo di lettura di realtà.
Ed è orientato ad una soluzione stabile e permanente.
Le stesse discipline di studio (e quindi anche i sistemi di formazione) sono stati costruiti sul modello delle accademie, separando nettamente le diverse discipline. (la scuola italiana è ancora quella della riforma gentiliana, per dire)
Noi oggi sappiamo invece che non esistono soluzioni definitive, sappiamo che ogni risposta è una domanda e che, al contrario di quel che si è creduto, conosciamo una minima parte sia di ciò che ci riguarda come umani (pensa alle neuroscienze) sia come specie che appartiene al sistema naturale in cui viviamo e da cui proveniamo anche storicamente.
Un discorso è fare task analysis, altro discorso è, per esempio, considerare la schizofrenia come una malattia della mente e non come una malattia del corpo. Come una malattia che riguarda il malato e non il sistema familiare e sociale in cui è inserito.
E' interessante il caso di Ardea di questi giorni a riguardo.
Parlavo di sindemia.
Il COVID ha dato una spinta interessantissima in questa direzione di prospettiva. A volerla cogliere e non desiderare solamente il mantenimento di uno status quo.
Diversi studi hanno rilevato che il livello di istruzione influisce sul contagio, per esempio.
E divenuto evidente, per esempio, come semplicemente curare il virus senza andare ad agire sui sistemi sanitari (riformandoli...eheheh...vabbè, io sono in italia) non sposta la questione se non in una riduzione del danno.
Uscendo dal sanitario, si è visto come una leadership carente e una governance altrettanto carente a livello globale ha portato a sottovalutare quel che stava accadendo e, non soltanto, a non riuscire a mettere in campo azioni adeguate a contenere la situazione che a quel punto ha avuto risvolti di tipo finanziario, economico e politico.
Questo è un articolo interessante
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)32000-6/fulltext
Mi sto spiegando?
Il paradigma dicotomico non è più semplicemente funzionale a descrivere e soprattutto ad osservare la miriade di variabili che, come giustamente sottolinei, non sono rilevabili pienamente.
Ma già il sapere di non aver rilevato tutte le variabili sposta la prospettiva di osservazione e non di poco rispetto ad un paradigma che si arroga la descrizione del Tutto in modo esaustivo.
Poi una riflessione che sto facendo in questo periodo...è che l'uomo medio è sempre meno medio e sempre più in difficoltà (chissà come mai questo rigurgito di complottismo)
Con G. chiacchieravamo dei droni che si stanno sperimentando in agricoltura per la raccolta dei prodotti.
E provavamo ad immaginare che tipo di impatto potrebbe avere su tutta quella fascia di braccianti a nero che se la passano male, ma meno male che se non la passassero così.
Pensavo a tutte quelle fasce basse, che non hanno abilità particolari e men che meno hanno la motivazione a specializzarsi e ad entrare nell'ottica che l'operaio così come l'abbiamo conosciuto fino all'altro ieri, molto probabilmente già fra una decina d'anni non esisterà più.
Poi condivido quel che dici.
Se già la situazione è quella che è in un sistema tutto sommato semplificato, fatico davvero molto ad immaginare quel che potrebbe essere in un sistema che non può più ricorrere alla semplificazione così come l'abbiamo conosciuta.