io ero fra quegli utenti.
E sì, esistono cattivi genitori.
Anche se cattivi non significa nulla.
Userei incapaci, inadatti.
Mia madre è una madre inadatta. Lo era e lo è.
A differenza di @
Lostris, non penso che l'unica via sia il perdono.
Cosa perdono?
l'incapacità? La mancanza di significato del termine cura?
E' come perdonare un disabile per il suo essere disabile.
Lo si riconosce come tale.
Si mettono le toppe dove si può e ci si lecca ogni tanto quando le cicatrici tirano.
Ho avuto recentemente l'occasione, non desiderata, di ritrovarmi fra le sgrinfie di mia madre, in una posizione di necessità e assoluta impotenza.
Ho rivisto, ma con gli occhi che ho adesso, la madre di allora.
Per certi versi mi ha rassicurata.
Mi sono martoriata per anni, nel dubbio di essere io quella mal funzionante, colpevole delle mancanze, della rabbia e della frustrazione che mia madre mi ha da bambina vomitato addosso.
Il potere. La sua concezione del cazzo del potere.
La triangolazione. E il suo usarmi come arma per ferire mio padre.
Ha rifatto ogni cosa. Appena ne ha avuto l'occasione.
Perchè non sa, e non vuole, fare diversamente.
Lei è una madre tecnicamente eccellente ma completamente disabile dal punto di vista dell'affetto e della cura.
Adesso ho avuto cura della bambina in me. E la donna che sono ha saputo gestire.
La madre buona (in me) ha protetto dall'altra, quella reale.
Ma ho avuto pietà per la bambina che sono stata.
Per la sofferenza. Il dolore. La stanzetta in cui andavo a rifugiarmi immaginando che la mia mamma fosse la mia mamma. Una mamma buona, nel senso di affettuosa e capace di abbracci e saggezza da insegnarmi. Portatrice di pace e non di guerra e terrore.
Ho riconosciuto il mondo immaginario in cui la mia era una famiglia normale, di cui non avere timore e vergogna.
Ho riconosciuto tutti i miei sforzi di proteggerli dalla visione del mondo, caricando su di me le loro inadeguatezze e carnificandole togliendo a me la possibilità di essere buona, in un gioco perverso e malato in cui più io ero cattiva e sbagliata più loro andavano bene.
Comprendo razionalmente da dove viene, sua madre. Donna ignorante e superstiziosa. Piena della cattiveria tipica degli ignoranti. @
spleen mi ha chiesto se mia nonna affermasse la morale corrente (uomo che picchia la donna) sapendo che non era giusto. Rispondo qui. Per lei era giusto. Per ogni donna tranne che per lei.
Sue figlie comprese eh. Donne puttane. Da schiacciare tramite l'uomo.
In questo periodo ho avuto bisogno di assistenza vera. Anche solo per andare in bagno.
E la dinamica interessante era io che chiedevo aiuto e mia madre che, alternativamente, o lo negava, rimandandolo. Per il piacere di applicare su di me il suo potere. Divertita.
Oppure usava il mio bisogno per attaccare mio padre, affermando la sua supremazia di su di lui e fottendosene del fatto che lo stava facendo usando il mio dolore fisico e la mia impotenza. Come faceva quando ero bambina.
Con un potere immenso allora. Di vita e di morte su di me.
Quindi comprendo.
Ma, come ho scritto più volte, comprendere non è giustificare.
E' solo leggere il più neutralmente una storia.
Riconoscerci dentro la violenza che si scatena nelle dinamiche relazionali.
E che solo e soltanto in una dinamica relazionale può esistere.
E assumersi che gli errori dei genitori ricadono sui figli. Che in un qualche modo possono decidere di portarli avanti o trovare il coraggio di chiudere certi cassetti e cambiare. Per interrompere una catena generazionale.
Mia madre ha fatto del suo meglio. Ma il suo meglio non era sufficiente.
La sua responsabilità è non aver avuto i coglioni di riconoscerlo e rimediare. Anche chiedendo aiuto.
Quel che le resta è un affetto monco. Disabile. E parziale.
E le sue figlie che si proteggono da lei.
Che è poi la sua profezia che si autoadempie. E per paradosso ne è pure contenta.
Se avesse scopato a giro, avrebbe fatto meno danni.
O perlomeno ci sarebbe stata più pace in casa, mentre lei era fuori a trovar soddisfazione per sè invece di fingere un sacrificio che confermava solo se stessa. Tentando costantemente di scaricare le sue responsabilità su chi ha tentato di volerle bene.