Non è infatti l'ovvio di avere pulsioni. Ricontestualizziamolo.
Uno fidanzato da cinque anni, che è quasi dilaniato dal desiderio di altre. In cosa "sfocia", secondo te? Come è raccontarlo alla radio? Non è da pirla, senza nemmeno essersi ancora imbarcato in un progetto?
Questa è la premessa. Io infatti (secondo grassetto) parlavo dell'ovvio che diventa non più ovvio. Non appunto perché a noi tutti non possa capitare di proiettare nostri bisogni su altri. Ma perché appunto non è dell'altro che ci occupiamo facendo un discorso sull'ovvio. Che muove dall'ovvio. Posso essere attratto da chi non sei tu. Ma non sto
soffrendo perché non posso soddisfare un bisogno. Sinceramente, che cacchio ti posso rispondere, davanti a una roba simile? Che sei pirla. Vai a soffrire da un'altra parte. E poi magari a posteriori mitigherò quel "pirla", e ti ringrazierò pure per la sincerità, poiché mi ha evitato di cullare un certo tipo di progetto.
Poi tutto può essere: anche che con la fidanzata avesse in mente di non avere figli, di non condividere rogne, di non investire soldi. Eccetera.
Ma se l'intento era quello di comprare casa e fare figli (per metterla sul banale che tanto banale per me non è), io dall'altra parte cosa ti posso rispondere (in senso costruttivo) al tuo dirmi "ti voglio bene, ma sto soffrendo come un cane perché non posso andare con le altre"? Concretamente. E' chiaro che se nel loro progetto non c'erano case (ma soprattutto direi figli), e fedeltà e tante belle balle (mi posso pure permettere di dirlo, adesso) che corredano i matrimoni, sia anche più facile dare spazio ad ogni tipo di bisogno. Che un bisogno di quel tipo non si risolve in un "gioco a due". Magari a tre si

, ma non è che certe "predisposizioni" non le si sappia da prima. Anche perché dubito delle predisposizioni necessitate dai bisogni di uno.
E allora dalla parte della fidanzata, che debbo rispondere?
Pazienza: sarebbe stato forse meglio saperlo prima, che cinque anni sono sempre cinque anni, e non è detto che se anche non si guardi al "progetto" più che alla persona, con quei presupposti non si sarebbe magari vista un'altra persona. Come è normale.
Tutto qui.
Non lo so se è pirla.
Di per certo, ha un suo qualche motivo che non gli permette di parlare in una relazione.
Motivo giusto, sbagliato?
buh...non lo so.
Ma se il mio uomo vien da me e mi dice che non soddisfo alcuni suoi bisogni, quel che dipende da me è la mia reazione.
Posso offendermi. Giudicarlo. Sentirmi sottratto qualcosa. Sentirmi sminuita o poco considerata.
Oppure posso sospendermi (nei miei bisogni, che tanto non vanno da nessuna parte) e ascoltare quello che mi sta dicendo. Considerare importante quel che mi dice. Più delle aspettative di progetto.
Ossia che il non soddisfare alcuni bisogni lo fa soffrire.
E accogliere quella sofferenza.
E includerla nella relazione che ho con lui.
Questo significa che non giudico i suoi bisogni nella mia scala di priorità e invece sospendo il giudizio su quei bisogni.
Dando anche a bisogni che per me non esistono, una dignità che non lo fa ricadere nell'esser pirla ai miei occhi.
E non vale far finta.
Parlare e discutere non significa non avere reazioni. non sentirsi feriti, impauriti o altro.
significa includere tutto questo in una dialettica.
Di rispetto innanzitutto. E poi di cura.
Io rispetto i suoi bisogni. Anche se a me possono sembrare offensivi o addirittura lesivi.
E lui con me.
E rispetto per me significa non aver timore di deludere,far soffrire, offendere l'altro.
Reciprocamente.
Quei bisogni possono riguardare una miriade di cose eh.
Mica necessariamente pulsioni sessuali.
E' una forma della fiducia.
Quella che manca se parlo con qualcuno dei miei bisogni e quel qualcuno non è il mio uomo.
E viceversa.
Ma non è qualcosa che si improvvisa.
Se questi due han passato 5 anni a raccontarsi storie del tipo che si ameranno per sempre, che non vedono che l'un l'altro, che loro due e nessuno mai, che lei è la più bella del reame, e lui pure etc etc e che insieme supereranno ogni difficoltà etc etc...metterci dentro attrazione per altre belle non è mica scontato.
io capisco sia la paura del dire (significherebbe rompere cose) sia la sofferenza che deriva dal pensare reale la relazione con lei ma non riuscire a trovar spazio per quell'attrazione, fisiologica e potenzialmente pure arricchente per entrambi.
come reagisce lei?
Sei un pirla. Mi hai detto che ero la più bella, che come me nessuno mai, son cinque anni che immaginiamo i fiori d'arancio e adesso te ne esci che vuoi le altre?
Allora non sono la più bella, non mi vuoi per davvero...
Mica è facile creare dal nulla un contesto dialogico in cui far rientrare qualcosa che non si capisce neanche bene e che fa sentire pure colpevoli a volte.
Non è un contesto che basta invocarlo e appare.
Lo si costruisce proprio a partire dall'ovvio. Che ovvio non è.
l'ovvio è solo similitudine con situazioni conosciute. Ma la similitudine è solo somiglianza. Semplificazione.
Non è significato e co-costruzione di linguaggio comune.
L'attrazione per altri, mette necessariamente in discussione il progetto?
scoprire l'acqua calda, ossia che non ci soddisfiamo e non ci soddisferemo pienamente mette in discussione il progetto?
Per me no.
Anzi. E' parte della realisticità del progetto.
Certo...significa che il progetto comprende anche il dolore che reciprocamente ci si può dare, al pari del piacere.
E aver chiari i propri limiti a riguardo
Non in nome del progetto
Ma in nome di se stessi. Ognun per sè.
Aver condiviso e aggiornato. Costantemente.
Questo a mio parere.