Io ho letto l'esempio della rosa di @
ipazia come un rilancio. Una accoglienza mediata da un rilancio. Non accetto la rosa MA trovo una comunicazione con te che ti faccia capire anzitutto perché non accetto la rosa, e poi come partire con un dialogo bello per entrambi.
Io non ho questa accoglienza. Nel senso che di fronte a uno che ferisce la mia pianta prima di tutto sbraito. Non lo avrei fatto solo perché chi lo ha fatto e' un bambino. E non lo metto sullo stesso piano di un adulto. Fosse stato un adulto, con me si sarebbe trovato di fronte a un no. Poi magari se avessi percepito che l'intento era buono, mi sarei data una calmata, e avrei al limite chiesto scusa per la mia reazione. Ma accoglienza, o rilancio (mi sa che sul punto non ci intenderemo mai), no. Con un bimbo, ripeto, per me è diverso.
Forse sto capendo.
Dimmi se sbaglio
tu vedi nella rosa l'offerta. Giusto?
Quindi dicendo no alla rosa, stai dicendo no all'offerta stessa?
Ho capito bene?
Io l'offerta invece non la vedo nella rosa, che semmai è l'oggetto dell'offerta, l'offerta la vedo nel soggetto che si muove portando un qualcosa di materiale, a volte di immateriale.
Quindi non accettare l'oggetto, non significa non accettare e accogliere il soggetto che porta l'oggetto.
Che è un po' come coi bambini a cui non dici "sei scemo", ma gli dici "il tuo comportamento è a mio parere scemo".
Che sembra una cosa inutile e sottile.
E invece nel primo caso c'è un marchio e una etichetta.
Nel secondo caso valuto il tuo comportamento accogliendo te che l'hai prodotto e aprendo con te un dialogo riguardo quel comportamento.
Ed in questi termini la comunicazione non è rilanciare (ossia un movimento che ha come obiettivo il trovare una negoziazione fra quel che vuoi tu e quello che voglio io, ragionando sugli oggetti e non sui soggetti)
La comunicazione diventa semplicemente uno spazio in cui collocare i due soggetti in modo che si possano comprendere pur non condividendosi,a volte, altre volte scoprendo di condividersi ma non averlo capito.
Che è un po' la famosa differenza fra ti accetto ma non ti condivido.
Che non è ti faccio la bella faccia perchè ti voglio tanto ma tanto bene, ma dentro di me penso che sei una testa di cazzo immane.
Ma è che io penso e ti comunico chiaramente che su tutta una serie di aspetti mi stai pure sul cazzo, epperò rimani lo stesso nella mia cerchia stretta perchè la valutazione globale di te mi dice che ne val(i)e la pena per tutta un'altra serie di aspetti che completano il quadro. E qui scattano tutte le valutazioni specifiche sui vari parametri individuali.
Che è poi un po' la stessa forma di valutazione che fa restare o meno dopo un tradimento.
O che porta o meno ad una separazione.
Con i bambini e con gli adulti per me funziona allo stesso modo.
ci sono bambini profondamente scemi che tollero solo perchè ci sono costretta. Ma fuori da una costrizione manco mi ci avvicinerei che mi danno ai nervi solo a vederli muovere in un supermercato. E non mi fanno la minima tenerezza aggiuntiva solo perchè sono piccoletti. Semmai sono piccoletti scemi in erba. (poi i loro genitori li appenderei per gli alluci, che come si diceva da me, il pesce puzza dalla testa...ma questo è un altro discorso ancora).
Allo stesso modo ci sono adulti profondamente scemi che tollero perchè ci sono costretta. Ma fuori dalla costrizione manco mi ci avvicinerei che mi danno i nervi solo a vederli muovere in un supermercato. L'unica differenza per me è anagrafica.
E avendo qualche annetto di esperienza con l'umano, ho imparato che tendenzialmente se nasci pera non diventi mela solo perchè il sole ti ha battuto in testa.
In ogni caso quel che io vario fra adulti e bambini è la traduzione e la modalità di relazionarmi.
Non è che siccome sei un bambino puoi andare a giro a fare il cazzo che vuoi. Perchè vivi nel mondo reale.
Se un bambino rompe i coglioni, li rompe uguale.
Non è che siccome è un povero piccolo innocente allora gli faccio lo sconto.
Ha rotto il cazzo. Punto.
Poi lo comprendo nei suoi parametri evolutivi e colloco il mio relazionarmi con lui.
Allo stesso modo in cui posso comprendere nei suoi parametri evolutivi un adulto o un adolescente.
Se in relazione al tuo essere bambino e a quello che la tua fase evolutiva prevederebbe tu non ci sei, non è che siccome sei un bambino allora va bene uguale. Sei indietro. E i comportamenti da indietro te li faccio notare rifiutandoli, ma senza rifiutare te come essere che li agisce.
Che è poi lo stesso discorso riguardante la disabilità.
Un piccolo disabile fa tenerezza o può farne. MA tale resta.
Ed è disabile perchè non sta seguendo le tappe evolutive che dovrebbe seguire ma ne sta seguendo altre e questo lo mette in difficoltà nei diversi ambiti sociali.
Che allo stesso modo se sei disabile e rubi al supermercato perchè hai visto i biscotti, non è che ti do un buffetto perchè sei un disabile. (poverino, e chiamo questo accoglienza.).
Ti insacco (a tua misura).
E il farlo, insaccarti intendo, è esprimere accoglienza e rispetto di ciò che sei, senza mettermi occhiali rosa o neri.
E fiducia e speranza anche.
Perchè se nessuno ti dice niente, fin tanto che sei un frugoletto sbauscioso e moccoloso fai tenerezza, ma quando sei un adulto sbauscioso e smoccoloso fai ribrezzo.
E se rubi ti fanno il mazzo. Se poi sei pure instabile c'è pure il rischio che ti incazzi (o si incazzano) e succede il macello.
E se tengo a spingerti verso una cosa che somiglia alla possibilità di partecipazione alla vita, ti rompo il cazzo se rompi il cazzo e non ti faccio sconti in virtù di quel sai o non sai fare.
E anche qui....accolgo il soggetto rifiutando l'oggetto. (accolgo il disabile, rifiutando comportamenti inadeguati che tali sono ma che non ti esauriscono come disabile).
Esempio concreto?
Un disabile col moccio al naso mi si pulisce nella maglia.
Cor cazzo che non gli dico niente.
Gli faccio pesare il fatto che si è strusciato il muco sulla mia maglia e non voglio la sua offerta di vicinanza in quel modo.
Oggetto: muco
Soggetto: disabile che offre vicinanza (e chiede).
Ma proprio facendoglielo pesare e standogli accanto mentre spiego e batto su questo, lo sto accogliendo per quello che è.
Ossia un moccoloso che ha da imparare a non strusciarsi sulle maglie altrui, pena l'emarginazione sociale e lo schifo spalmato addosso quando gli passa la pucciosità del cucciolo.
Spero di spiegarmi
A me imbarazza moltissimo, con me stessa, invece, prima sbraitare e poi dover pure fare retromarcia. Anche perchè in quel caso, inevitabilmente ci si porta dietro tutta una serie di cose che appesantiscono e tolgono parità alla situazione.
E se dall'altra parte c'è lo stronzo per davvero, sai che festa
Se parto, è perchè ho deciso che ti faccio a pezzetti.
Se non sono certa di volerti fare a pezzetti, preferisco aspettare, che non ho fretta e nemmeno niente da affermare.
Ci penso, valuto e poi decido.
Parto molto poco in realtà. E non me ne sono (mai) pentita.
Men che meno ho chiesto scusa per averlo fatto.
Lì diventa una questione di responsabilità riguardo le mie decisioni e le loro conseguenze. Le scuse, per me e anche a me, a quel punto non contano più un cazzo.
(a me le scuse fra l'altro fanno partire l'embolo. E non le accetto. Le trovo inutili. Se hai (ho) fatto la cazzata. Ammettilo e ripara, concretamente, non con le parole.).