Il tempo che mi resta

Ruggiero

Utente di lunga data
Mi fa piacere che hai fatto il militare in modo serio, esperienza che fornisce un inquadramento esistenziale importante. Compreso il concetto di Patria.
Il primo insegnamento che si dovrebbe apprendere è che non ci si arrende mai.
Con la tenacia si superano i momenti di crisi.
Ti auguro di superare il periodo di crisi e trovare la tua strada, a qualsiasi età.

PS: ero nei reparti speciali, rispettando la tradizione familiare (padre assaltatore, nonno nella Brigata Sassari)
Eri al 9?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Mio nonno paracadutista, mio zio paracadutista, mio padre riformato 😂😂😂 ho ancora una sciarpa mimetica di un mio camerata sardo della brigata Sassari che venne a fare il corso alla smipar cap. Tedde!
adoro ascoltare l’inno della Sassari “dimonios” gente forgiata nell’onore e nel rispetto
Ps:
Il mio bisnonno cavaliere di Vittorio Veneto, Carso , 18anni … “non passa lo straniero”
Anche mio padre.
Io soffro di vertigini! 🫣😅
 

Brunetta

Utente di lunga data

Pincopallino

Utente di lunga data
Sai perché sto al mondo? Perché durante la fase del pre concepimento, hai presente quando milioni di spermatozoi vengono schizzati dentro una vagina ed iniziano a farsi strada come i dannati pur non sapendo il perché? Bene! Perché li, IO tra milioni! Sono arrivato PRIMO! Io ho già vinto, e questa terra, volente o nolente me la sono meritata.
Per trascinartici sopra.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Impeto di tempi passati.
Niente di personale, preferisco non fornire indicazioni.

Anche a me sentire l'inno "Dimonios" fa venire i brividi, ricordo il nonno che raccontava le incursioni notturne alle trincee austriache.
 

Ruggiero

Utente di lunga data
Impeto di tempi passati.
Niente di personale, preferisco non fornire indicazioni.

Anche a me sentire l'inno "Dimonios" fa venire i brividi, ricordo il nonno che raccontava le incursioni notturne alle trincee austriache.
Ed il mio bisnonno che raccontava ad un bimbo di 4 anni la guerra. Io gli chiedevo :
Nonno tu hai ucciso i soldati?
e lui mi rispondeva:
Cori Miu, su non sparava ju sparaunu iddi
Cuore mio, se non ero io a sparare a loro loro avrebbero sparato a me…
E la frase frase che ripeteva sempre:
U Piavi scurreva RUSSU
W L’Italia, onore ai nostri caduti, Tutti!
 

Caruso

Utente di lunga data
Mio nonno paracadutista, mio zio paracadutista, mio padre riformato 😂😂😂 ho ancora una sciarpa mimetica di un mio camerata sardo della brigata Sassari che venne a fare il corso alla smipar cap. Tedde!
adoro ascoltare l’inno della Sassari “dimonios” gente forgiata nell’onore e nel rispetto
Ps:
Il mio bisnonno cavaliere di Vittorio Veneto, Carso , 18anni … “non passa lo straniero”
È interessante,scorrendo la lirica di questa marcetta,leggere che il Piave,invece di gridare al nemico"non passa lo straniero",si riscontra un pavido"il Piave mormorò,non passa lo straniero", perché lo mormorò?incertezza?scaramanzia partenopea?Ai posteri....
 

Brunetta

Utente di lunga data
È interessante,scorrendo la lirica di questa marcetta,leggere che il Piave,invece di gridare al nemico"non passa lo straniero",si riscontra un pavido"il Piave mormorò,non passa lo straniero", perché lo mormorò?incertezza?scaramanzia partenopea?Ai posteri....
Perché il nemico è vicino e non deve sentire.
 

Ruggiero

Utente di lunga data
È interessante,scorrendo la lirica di questa marcetta,leggere che il Piave,invece di gridare al nemico"non passa lo straniero",si riscontra un pavido"il Piave mormorò,non passa lo straniero", perché lo mormorò?incertezza?scaramanzia partenopea?Ai posteri....
Io penso che il “mormorare del Piave abbia invece un significato assai più profondo, poi intimo. Simile al mormorare di un padre ai propri figli. Gridare è un modo per portare attenzione su di se, rendere un qualcosa di dominio pubblico , il Piave invece parlava ai suoi figli… a quei ragazzi che strappati dalla loro casa si trovavano lì e diventarono fratelli, anche se lontani da tradizioni, lingua ed usi. Pensa che il mio bisnonno non era mai uscito dal lembo di vigna che coltivava alle pendici dell’Etna, e che, comunque ritrovo è mai abbandonò fino ai 94 anni. Poco importa se dall’altra parte c’era “lo straniero” e che, anche gridando non non avrebbe capito… il Piave mormorò ai suoi figli per fare la Patria!
e mormorò! NON PASSA LO STRANIERO!
Dovremmo riflettere sul sacrificio di quei ragazzi che, volenti o nolenti diedero la vita, anche per noi.
 

spleen

utente ?
Io penso che il “mormorare del Piave abbia invece un significato assai più profondo, poi intimo. Simile al mormorare di un padre ai propri figli. Gridare è un modo per portare attenzione su di se, rendere un qualcosa di dominio pubblico , il Piave invece parlava ai suoi figli… a quei ragazzi che strappati dalla loro casa si trovavano lì e diventarono fratelli, anche se lontani da tradizioni, lingua ed usi. Pensa che il mio bisnonno non era mai uscito dal lembo di vigna che coltivava alle pendici dell’Etna, e che, comunque ritrovo è mai abbandonò fino ai 94 anni. Poco importa se dall’altra parte c’era “lo straniero” e che, anche gridando non non avrebbe capito… il Piave mormorò ai suoi figli per fare la Patria!
e mormorò! NON PASSA LO STRANIERO!
Dovremmo riflettere sul sacrificio di quei ragazzi che, volenti o nolenti diedero la vita, anche per noi.
Si però non ammantiamo tutto sempre di retorica, neanche il macello della prima guerra mondiale sia stata una guerra di liberazione.
Entrambi i miei nonni vi parteciparono, uno fu più fortunato in quanto fu inserito in operazioni di servizio, l'altro si fece quattro anni di trincea, Caporetto, la battaglia del Piave, quella del solstizio, quella di Vittorio Veneto. Si portò a casa una pleurite che per poco lo spediva al creatore. Fu uno dei fortunati, quattro anni nel fango, con gli austriaci che tiravano granate a gas asfissiante e le mitragliatrici tedesche che sparavano con una precisione sconosciuta, con ufficiali superiori degni della galera, per la facilità con cui usavano i soldati come carne da macello.
Mia nonna stette dalla parte invasa, con due bimbe piccole che riusciva a nutrire solo per il fatto che in campagna, i contadini riuscivano a nascondere qualcosa da mangiare, visto che l'esercito austriaco aveva requisito tutto quello che era commestibile e persino le lenzuola alla gente per farne delle bende per i feriti che morivano come mosche.
Mi raccontò anche di come erano ridotti gli invasori, a mangiare, dopo la grande abbuffata di Caporetto, il pastone per i maiali, visto che non c'era niente per nessuno.
O di quando, per la battaglia del solstizio, la terra tremò per giorni, lungo il Piave, per le cannonate, e si vedeva il tramonto anche alle tre di notte, per gli incendi.
O di quel reparto di ungheresi che partì per il fronte e di sessanta soldati ne tornarono indietro solo tre, feriti, per giunta.
La guerra è una tragedia, immane, dolorosa, quella lo fu come le altre, più di altre perchè fu la prima combattura con l' ausilio dell'industria bellica su larga scala. Ricordiamola nel suo realismo, al di fuori di ogni retorica, che forse è meglio per tutti.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Si però non ammantiamo tutto sempre di retorica, neanche il macello della prima guerra mondiale sia stata una guerra di liberazione.
Entrambi i miei nonni vi parteciparono, uno fu più fortunato in quanto fu inserito in operazioni di servizio, l'altro si fece quattro anni di trincea, Caporetto, la battaglia del Piave, quella del solstizio, quella di Vittorio Veneto. Si portò a casa una pleurite che per poco lo spediva al creatore. Fu uno dei fortunati, quattro anni nel fango, con gli austriaci che tiravano granate a gas asfissiante e le mitragliatrici tedesche che sparavano con una precisione sconosciuta, con ufficiali superiori degni della galera, per la facilità con cui usavano i soldati come carne da macello.
Mia nonna stette dalla parte invasa, con due bimbe piccole che riusciva a nutrire solo per il fatto che in campagna, i contadini riuscivano a nascondere qualcosa da mangiare, visto che l'esercito austriaco aveva requisito tutto quello che era commestibile e persino le lenzuola alla gente per farne delle bende per i feriti che morivano come mosche.
Mi raccontò anche di come erano ridotti gli invasori, a mangiare, dopo la grande abbuffata di Caporetto, il pastone per i maiali, visto che non c'era niente per nessuno.
O di quando, per la battaglia del solstizio, la terra tremò per giorni, lungo il Piave, per le cannonate, e si vedeva il tramonto anche alle tre di notte, per gli incendi.
O di quel reparto di ungheresi che partì per il fronte e di sessanta soldati ne tornarono indietro solo tre, feriti, per giunta.
La guerra è una tragedia, immane, dolorosa, quella lo fu come le altre, più di altre perchè fu la prima combattura con l' ausilio dell'industria bellica su larga scala. Ricordiamola nel suo realismo, al di fuori di ogni retorica, che forse è meglio per tutti.
Grazie.
 
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