Suppongo sia la L........., controllata da una azienda italiana con un nome anglofono. Se è così saremmo quasi colleghi.Lo so è diventata una malattia . Sfide professionali interessantissime, contesti sempre diversi , Europa, asia, medio oriente, centramerica , usa ....ogni volta lingue costumi persone diversissime...è entusiasmante . Poi facendolo come lo faccio io e come lo fa il tuo ex, si vive nell' ambiente molto internazionale degli espatriati . I ragazzi sono ormai grandi e non è detto che verranno a fare l università in usa ...visto che io sarò là....Comunque a mia moglie piaceva tantissimo , non so se l ho mai scritto ma mio figlio è stato battezzato in Mozzambico.....mia figlia è stata concepita a città del capo... Se non avessimo deciso per la separazione lei sarebbe venuta in Texas di corsa ...
Anche io ho lavorato molto all'estero, anche per periodi molto lunghi, ma non ho girato tanto come te, prevalentemente sempre nella stessa area. So cosa significa avere la responsabilità di un cantiere; arrivare in un posto dove non c'è niente e andarsene dopo qualche anno lasciando un'opera, qualunque essa sia.
E' un lavoro che ti assorbe totalmente, un'amante che ti messaggia ad ogni ora del giorno, nei week end, nelle feste. E' adrenalina, è mescolarsi con razze e costumi diversi, è leggere negli occhi della squadra il rispetto per te, per quello che fai. La soddisfazione di aver costruito qualcosa, bene, nei tempi previsti, è impagabile, ma è tua, solo tua. A chi ti sta di fianco, a chi ti permette di vivere quella vita quella soddisfazione non arriva, anche se sembra, anche se per amore, suppongo, ti sta vicino e ti sprona. La sua quotidianità, la gestione dei figli, sono ciò che ti permette di cogliere i frutti di quel lavoro che ti piace, che ti realizza, ma che alla fine è solo tuo. Anche se dorata, apparentemente appagante (anche per le condizioni economiche di un expa) , chi ti sta vicino vive comunque all'ombra di un albero attraverso il quale la luce arriva sempre filtrata.
Forse può arrivare un giorno nel quale quella persona ha bisogno di luce piena, di un qualcosa di suo, di costruire un'opera che le dia quella pienezza, quell'entusiasmo di cui parlavi te, di avere un qualcosa che non venga filtrato che non passi attraverso te. Forse lo ha fatto nel modo sbagliato, non so, ma certamente ha rinunciato ancora una volta alla sua opera per te. Non è poco. Prova a pensare, oggi come oggi, a dover a rinunciare per qualcuno a quell'entusiasmo di cui parli per rintanarti in ufficio.
Sicuramente avrai fatto, tra le tante riflessioni, anche queste, non me ne volere se le ho ripetute.
Buona strada.