Quoto con inchino.
Io penso che la questione che hai aperto riguardi la propria narrazione di sè a sè. Riguardi il darsi tutti i nomi e tutti i ruoli che si sono in un qualche modo interpretati nella propria storia.
Credo che riguardi il raccontarsi la propria storia da protagonisti attivi, davanti allo specchio.
Anche quando il ruolo è stato quello di vittima.
E riuscire a guardare la propria immagine intera.
Riappropriandosene.
E credo che tutto questo riguardi la dignità che si può conferire al dolore.
All'amore. In tutte le sue facce ed espressioni.
E anche all'odio e alla distruzione.
E riguardi infine l'accettare.
In questi termini "perdonabile" e "imperdonabile" mi sembrano sempre di più parole. Semplicemente parole. Che raccontano, se le si apre e si lascia fluire quello che contengono per ognuno.
Ma non sono mica tanto sicura ancora di questo
