Non ne ho idea. Io la uso senza loggarmi ad esempio.
Anche se non per chiedere consigli tipo il signore, solo che è una puttana fredda, e a volte è utile.
Ad ogni modo, AI fine 2026 inizierà ad espandersi. Aspettatevi di parlare con lei, e vi sembrerà una persona umana. Al momento ciò che uno potrebbe testare è una certa meccanicità. AI non ha emozioni, non si arrabbia, non ha mai la giornata stanca, non esiste niente oltre il momento in cui parlerà con voi, è perfetta.
Per usare il francesismo della "puttana fredda", non è l'operatrice che mi preoccupa ma chi c'è dietro di essa e chi la gestisce e determina gli algoritmi che regolano le sue funzioni di "addestramento" nella raccolta ed il trattamento dei dati.
E' chiaro che la mole dei dati da elaborare è enorme e richiede capacità di organizzarla e, probabilmente è un'operazione si potrebbe concludere in un paio di anni/uomo, con riferimento ad una platea attualmente stimata tra i 500 ed i 700 milioni di abitanti del nostro pianeta ma che potrebbe verosimilmente arrivare a circa due miliardi in tempo relativamente breve.
Chiacchierando amabilmente a cena, alcuni giorni fa gustando del buon Merlot, con due vecchi conoscenti (un filosofo di una certa fama ed un analista di politica internazionale ed esperto di sicurezza) gli sviluppi dell'intelligenza artificiale ben presto raggiungeranno un livello di operatività tale da poter realizzare forme di autocrazia "tecnologica", operanti mediante il controllo di larghe fasce di popolazione, da parte di fasce selezionate di popolazione.
Sta aumentando in modo rapidamente progressivo il divario tra informazione "cibernetica" ed informazione "semantica" (per usare la terminologia coniata da Umberto Eco, nella sua prolusione intitolata "
Memoria e dimenticanza" in un memorabile convegno del 2011 dell'Accademia dei Lincei).
In soldoni, la prima si concentra sulla raccolta ed elaborazione dei dati globalmente disponibili (operando su una scala quantitativa grandissima) ad opera di strutture di intelligenza artificiale mentre la seconda si concentra nel filtraggio dei dati per identificare ciò che è rilevante ed importante per gli umani al fine di costruire una base culturale di conoscenze condivise, e lasciare e dimenticare quelle informazioni che non siano ritenute utili (non essendo possibile la utilizzazione completa della mole dei dati da esaminare).
E la strutturazione e finalità di impiego degli algoritmi che presiedono al "filtraggio" delle informazioni implicano scelte morali, di etica politica, di comunicazione e linguaggio, che determineranno "
il nostro modo di pensare, di comunicare e di interagire con il mondo. Nell'era digitale, questa invenzione si confronta con nuove sfide ed opportunità, aprendo la strada ad un futuro in cui il confine tra uomo e macchina, tra reale e virtuale, diventa sempre più labile" (cit. da quarta di copertina del libro di Paolo Benanti, "
L'uomo è un algoritmo? Il senso dell'umano e l'intelligenza artificiale" Castelvecchi - Lit Edizioni, 2025).
Nel piccolo della mia personale, modestissima e banale, esperienza riferita nel post di apertura della presente discussione, la insignificante intelligenza artificiale che si è occupata di me, si è concentrata su informazioni da essa raccolte e definite "rilevanti" per me, le mie relazioni affettive, i miei interessi professionali, gli obiettivi perseguiti socialmente, il mio lavoro (come ha dichiarato l'AI); non certo quale fosse il nome del nostro animale da compagnia.
In qualche modo, ne ho discusso con i miei commensali, c'è stata anche una certa dimostrazione di "forza" dell'AI, quando mi ha fatto sapere (di sua iniziativa, senza mia sollecitazione) che oltre al mio recapito italiano sa dove risiedo all'estero in modo stabile per lunghi periodi.
Un messaggio subliminale poco appariscente, ma in certo modo preoccupante, sempre in termini molto generali, non essendo persona di alcuna rilevanza pubblica.