Io intendevo altro.
Ma sono pigra, e talvolta poco incline ad "invogliarmi". Semplicemente (e ne conosco un sacco) ci sono persone che, pure avendo la possibilità di conseguire una laurea, non ne hanno nessuna voglia.
Non è una tragedia
Assolutamente no! Però, la laurea serve ,o può servire,a riscattare una condizione sociale di partenza che non offre molte possibilità a chi non l'avesse conseguita . Invece per chi deriva da una famiglia benestante,anche se nessuno dei componenti sia laureato, può servire a dare quel di più anche solo formalmente. Indubbio però che, tra le due situazioni la prima sia maggiormente esposta alla frustrazione,qualora non serva o non aiuti al fine meramente pratico e materiale a raggiungere l'obiettivo prefissato. Logicamente il figlio di ricchi commercianti , costruttori od esercenti, vedrà nella laurea maggiormente un compendio alla ricchezza edbun elemento qualificante per accreditarsi in ambienti dl maggiore spessore culturale. Queste considerazioni esulano dalla stretta interpretazione della peculiarità della formazione benché, essa stessa faccia la differenza in termini di opportunità lavorative e di reddito , quindi. Ma qui si entra nel campo delle opportunità di specializzazione, conformemente all'ambiente socio-economico,al contesto familiare e naturalmente alle ambizioni personali. Come dire: chi si vuole laureare in fisica nucleare sa già in partenza che sicuramente dovrà andare all'estero per opportunità professionali (conoscevo uno che dopo essersi laureato, anche molto bene,in fisica nucleare, non accettò di trasferirsi negli Usa, per stare vicino ai genitori, così lo si poteva trovare nell'emporio di famiglia a vendere sementi, diserbanti,patate da semina....).
Il fatto è che i nostri giovani si troveranno sempre più in competizione con i figli degli immigrati cinesi, rumeni, polacchi, slavi in genere, ma anche indiani e magrebini i quali, fin da piccoli sono spinti allo studio in modo competitivo e rigido; da noi è diverso,e lo dico a ragion veduta.