Come sempre, credo che sia inevitabile, fai un po’ di proiezione.
Io l’ho fatto per anni, ribellandomi a chi me lo faceva notare (prevalentemente in modo aggressivo e con delegittimazione) finché ho capito di dover stare attenta a non farlo e ho ridotto la frequenza dei “sacchi condominiali” per esortare a mettere fuori il fedifrago e i suoi indumenti, come avevo fatto io.
Si fa quel che si può, ovvero quello che ci si sente di fare e che va bene per noi per destabilizzare il meno possibile la nostra vita, già destabilizzata dal tradimento.
Tu, come me, hai scelto la separazione e questo è ciò che ti ha dato la possibilità di ripristinare un minimo equilibrio.
Quando poi ci si separa, si tende a costruire una narrazione in cui il traditore è il peggio del peggio per noi. Cioè rappresenta tutto ciò che ci respinge, non ci basta il solo tradimento, come se non fosse già grave, ma lo vogliamo vedere sempre come una persona menzognera che ha simulato non solo amore, ma anche interesse e attrazione. Mi pare un po’ troppo.
Anche chi poi si allontana emotivamente da noi, anche chi è davvero un caso patologico, un “narcisista“ da manuale, non è che vive con il mitra dell’inganno nascosto nell’impermeabile. Anche chi è malato o egoista o egocentrico o poco empatico cerca relazioni soddisfacenti e per questo si accompagna a persone che gli piacciono, che appezza e a cui vuole bene. Certo lo fa a modo suo e coerentemente alla sua personalità egoista, egocentrica, poco empatica e incapace di uscirne. Però credo che definire questa persona come un mostro, distrugga più il tradito del traditore.
Eppure io non respingo la comprensione della personalità di chi si è comportato male, il comportamento narcisista di cui tanto si parla, ma per capire che è una persona fatta così (molto male) e che rinunciarci è un bene, ma non per annullare il bene che ci è stato e che se davvero non ci fosse stato sarebbe una diagnosi per il tradito o un giudizio di cecità sentimentale totale.