A me non sembra che voglia gli applausi...a me sembra che quei sacrifici, che ha fatto per qualcun altro adesso siano un peso.
E che dentro, da qualche parte, lei sappia, senta, che quel sacrificarsi le ha tolto invece che dato.
dirselo aprirebbe un vaso di pandora profondissimo.
E ci sta la paura.
Ribaltare il tavolo a quel livello, non è semplicemente far saltare per aria un matrimonio.
E' metter in discussione i principi che regolano il suo vivere interiore in rapporto al mondo.
E molto probabilmente riscrivere anche l'immagine e le immagini di lei.
E il fatto che debba passare per il pagamento dei sacrifici per spostarsi verso un suo diritto, ossia l'utilizzo del suo corpo, mi sembra un passo quasi obbligato nelle condizioni che descrive. E con echi da brivido, per una donna in particolare.
Il punto che tentavo di sottolineare dicendo che se le serve il permesso non è più un diritto è che se il sacrificio (che significherebbe render sacro e non, invece, salvarsi) è prestazione dietro pagamento dilazionato, l'immagine che lei scrive di se stessa in se stessa è denigratoria.
E fa male soltanto a lei.
Ingabbiandola ancora di più.
Poi...G. mi ripete spesso che a certe profondità non è che la gente non ci voglia andare, semplicemente non lo sa.
Sto guardando una miniserie su una setta religiosa poligama.
Ed è incredibile...e assolutamente evidente. Razionalmente sapevano di avere una alternativa. Ma il prezzo dell'alternativa era la rinuncia alla promessa della salvezza eterna...e la salvezza eterna è la fede che sostiene una vita. Una gabbia spaventosa. Altro che horror.
SE lo dice il profeta, il profeta lo sa.
A volte ci si rapporta con se stessi come il profeta che sa e basta. E se non capisci....lascia perdere.
E allora si cercano le scorciatoie che sembrano il male minore.