Io pecco di psicologismo, ma c’è chi è proprio stato allevato a latte e competizione. Il fratello, il cugino, il vicino di casa casa ecc (volgetelo anche al femminile) sono sempre meglio. Questo comporta come effetto che sia per sé, sia per la propria provenienza: mamma, famiglia, città, cibo, regione si senta sempre in competizione e in una competizione a esclusione. Per cui se si dice “buono questo risotto“ viene tradotto in “i paccheri fanno schifo“. “La mamma di Giovanni mi ha fatto da mangiare una cosa buona“ diventa per la mamma una offesa, come se la mamma di Giovanni fosse meglio di lei. E vale anche per le persone “Giovanni è intelligente“ diventa “io sono scemo



” oppure “Giovanni è un bel ragazzo“ diventa “E io sono brutto?

”
E per la città è uguale. Se una persona è costretta a lasciare la propria città per lavorare, sente questo come una svalutazione della propria e della famiglia e, si sa, “tu la mia mamma la lasci stare!” Quindi deve dire peste e corna del posto che la ha accolta per non sentirsi una cattivona che non vuole bene alla mamma.