Bruja
Utente di lunga data
Caterina
Capisco bene che dire è più semplice che fare e che, in pratica, gli ostacoli sia mentali che emozionali, per quanto si cerchi di essere forti, risultino piuttosto ardui da superare; ma credo che la visuale da opporre sia proprio capovolta.
Il prendere calci è quasi fatale a tutti, prima o poi, e che siano calci alti o bassi poco importa, ed è proprio perchè si è vissuti con coinvolgimento che si sono presi. L'autostima e la determinazione non significa essere persone sterili e insensibili quindi inattaccabili, ma diventare attraverso le varie prove, immunizzate e vaccinate, come accade quando si superano le malattie o i loro succedanei. Quando si fanno errori, non è detto che non si sia gratificate e compiaciute, ma è il risultato che imntervioene in modo negativo che ci permette di superare la delusione . Forse che l'aver subito una cattiva azione o un tradimento abbassa il nostro valore intrinseco o ci rende pesone da poco? Quello che subiamo è qualcosa che deve insegnarci, e trovarci pronte nella nostra consapevolezza di essere persone tali e quali a prima. Le "azioni negative" sono un problema che riguardano lo scarso volore di chi le commette, non di chi le subisce.
Posso capire che il conoscere noi stessi sia un compito che può durare tutta la vita, ma spesso si vedono persone che bloccano il percorso all'inizio della consapevolezza perchè non credono di poter essere in grado di essere compiutamente felici se non attraverso gli altri. Gli altri sono testimoni e comprimari della nostra felicità, non ne possono essere la causa, e se lo diventano, sappiamo bene come le cose finiscano.
E' certo più facile trovare la felicità, usiamo la parola soddisfatta cinsapevolezza, è più edeguata, e l'autostima se il mondo sorride, se la gente ci ama e se tutto va come ci piace, ma più che altro è una situazione in cui siamo oggetti esistenziali e non soggetti.
In questo caso il riscontro esterno non è la parte piacevole della nostra soddisfazione, ma la ragione massima e lo scopo primario, ed è inaccettabile questo modo di vedere le cose, non per nulla accade che ci si infili in storie e situazioni senza futuro o senza senso, se non quello del plauso e della accettazione altrui.
Forse non riesco a far passare bene il mio pensiero, ma se per essere una persona compiuta e felice ho necessità della compiacenza e della conferma esterna, soprattutto considerando che le espressioni più varie dei caratteri e delle opinioni portano ad avere sempre divergenze e contraddittori (il sale dei rapporti alla fine), devo prendere atto che "l'uomo" non solo è un animale sociale, ma che la socialità risulta più importante del libero arbitrio, che potrebbe rendermi libera di scegliere, ma infelice, stante la dipendenza dagli altri della mia felicità.
Insomma la mediazione alla ricerca del placet altrui per sentirmi una persona realizzata e felice? Oddio non che sia una cosa marziana, ma farne il pilastro portante del nostro modo esistenziale è piuttosto autolesionista.
Sai, esiste un detto che cita "quando i ricchi si fanno la guerra sono sempre i poveri a morire"................ per estensione, vuoi lasciare a chi cura, per naturale propensione i propri interessi, la delega a gestire la tua felicità?
Una giusta e regolare dose di reciprocità sociale ed esistenziale porta a cercare di rendere felici chi si ama, ma se questo non accade, il vero problema non è il non ricevere le tanto sperate attenzioni quanto il delegare alla loro mancanza la nostra incapacità di essere felici.
Caterina, mi sa che l'ho messa troppo sul filosofico esistenziale ............ posso solo augurarti di avere molta felicità, e se una parte riesci a procurartela per conto tuo, ne sarò felice anch'io!
Bruja
Capisco bene che dire è più semplice che fare e che, in pratica, gli ostacoli sia mentali che emozionali, per quanto si cerchi di essere forti, risultino piuttosto ardui da superare; ma credo che la visuale da opporre sia proprio capovolta.
Il prendere calci è quasi fatale a tutti, prima o poi, e che siano calci alti o bassi poco importa, ed è proprio perchè si è vissuti con coinvolgimento che si sono presi. L'autostima e la determinazione non significa essere persone sterili e insensibili quindi inattaccabili, ma diventare attraverso le varie prove, immunizzate e vaccinate, come accade quando si superano le malattie o i loro succedanei. Quando si fanno errori, non è detto che non si sia gratificate e compiaciute, ma è il risultato che imntervioene in modo negativo che ci permette di superare la delusione . Forse che l'aver subito una cattiva azione o un tradimento abbassa il nostro valore intrinseco o ci rende pesone da poco? Quello che subiamo è qualcosa che deve insegnarci, e trovarci pronte nella nostra consapevolezza di essere persone tali e quali a prima. Le "azioni negative" sono un problema che riguardano lo scarso volore di chi le commette, non di chi le subisce.
Posso capire che il conoscere noi stessi sia un compito che può durare tutta la vita, ma spesso si vedono persone che bloccano il percorso all'inizio della consapevolezza perchè non credono di poter essere in grado di essere compiutamente felici se non attraverso gli altri. Gli altri sono testimoni e comprimari della nostra felicità, non ne possono essere la causa, e se lo diventano, sappiamo bene come le cose finiscano.
E' certo più facile trovare la felicità, usiamo la parola soddisfatta cinsapevolezza, è più edeguata, e l'autostima se il mondo sorride, se la gente ci ama e se tutto va come ci piace, ma più che altro è una situazione in cui siamo oggetti esistenziali e non soggetti.
In questo caso il riscontro esterno non è la parte piacevole della nostra soddisfazione, ma la ragione massima e lo scopo primario, ed è inaccettabile questo modo di vedere le cose, non per nulla accade che ci si infili in storie e situazioni senza futuro o senza senso, se non quello del plauso e della accettazione altrui.
Forse non riesco a far passare bene il mio pensiero, ma se per essere una persona compiuta e felice ho necessità della compiacenza e della conferma esterna, soprattutto considerando che le espressioni più varie dei caratteri e delle opinioni portano ad avere sempre divergenze e contraddittori (il sale dei rapporti alla fine), devo prendere atto che "l'uomo" non solo è un animale sociale, ma che la socialità risulta più importante del libero arbitrio, che potrebbe rendermi libera di scegliere, ma infelice, stante la dipendenza dagli altri della mia felicità.
Insomma la mediazione alla ricerca del placet altrui per sentirmi una persona realizzata e felice? Oddio non che sia una cosa marziana, ma farne il pilastro portante del nostro modo esistenziale è piuttosto autolesionista.
Sai, esiste un detto che cita "quando i ricchi si fanno la guerra sono sempre i poveri a morire"................ per estensione, vuoi lasciare a chi cura, per naturale propensione i propri interessi, la delega a gestire la tua felicità?
Una giusta e regolare dose di reciprocità sociale ed esistenziale porta a cercare di rendere felici chi si ama, ma se questo non accade, il vero problema non è il non ricevere le tanto sperate attenzioni quanto il delegare alla loro mancanza la nostra incapacità di essere felici.
Caterina, mi sa che l'ho messa troppo sul filosofico esistenziale ............ posso solo augurarti di avere molta felicità, e se una parte riesci a procurartela per conto tuo, ne sarò felice anch'io!
Bruja