Allora…
Io ho finalmente capito mia madre quando è nata la mia prima figlia.
Ho capito sia la fantasia che si fa sul figlio prima del concepimento (se è cercato) il confronto con la realtà del bambino e del legame così forte che è indescrivibile. Io tento di spiegarlo come se fosse una parte del corpo, ad esempio un braccio, da cui ci si deve distaccare, ma che si soffre a farlo. E poi tutta la fatica e trepidazione, che non finisce mai.
È normale col tempo distaccarsi anche in modo ambivalente e a volte ambiguo. Per cui si è contente per ogni passo autonomo (uso consapevolmente passo perché comincia con i primi passi) che si auspica, ma contemporaneamente è un abbandono.
Questo abbandono è progressivo e continuo perché inevitabilmente ogni figlio è una persona che fa le proprie scelte, a volte giuste o no (ovviamente secondo il genitore.) Per dire una scemenza io provo fastidio quando vedo che a mia figlia piace il sushi che a me non è che semplicemente non piace, ma pare una cosa disgustosa, quasi come le cavallette.
Ho fatto un esempio irrilevante (spero che non parta un O.T. sul cibo

) per fare capire che i minimi dissensi che manifesta una mamma, ne occultano altri, che riesce a non manifestare per rispetto, ma che non nascono dal giudizio, ma dal legame che è forte reciprocamente, ma che non puoi immaginare come sia potente da parte della mamma.
Non puoi immaginare perché non hai figli e soprattutto non ne hai voluti. Questa tua scelta legittima e rispettata e da rispettare è una comunicazione implicita che consideri non importante quel ruolo. Come può essere contenta una madre comprendendo che il suo ruolo è considerato roba da donnette che non sono state in grado di fare una carriera?