Uno scopre che il mondo in cui credeva di vivere non esiste (o non esiste più) e vede crollare tutto. Davanti a questo crollo la reazione di chiudere tutto, rifiutare il dialogo e le spiegazioni è del tutto comprensibile. Cancellare lei dalla propria vita per del tempo significa iniziare ad apprendere che si può vivere anche senza. Quindi un certo epriodo di tempo soli ci può stare, un mese o più. Solo che lei, anche qui comprensibilmente, lo cerca, lo chiama...possiamo immaginare telefonate, sms, appelli alla ragione...tutte cose che impediscono il distacco. Dal punto di vista pratico diventa impossibile ignorare qualcuno che, in ogni caso, è comunque l'orizzonte doloroso del nostro essere in questi giorni di solitudine. Così uno cede e dice "incontriamoci". Magari, appunto, in un luogo neutro.
Anche questo, direi, è comprensibilissimo. Da una parte questa persona la abbiamo amata e forse la amiamo ancora. Non fosse che per il passato, per tutto ciò che stato, il diritto di spiegarsi glielo dobbiamo. Che non vuol dire scusarla: vuol dire ascoltarla. Usciranno un mucchio di versioni "aggiustate". Non importa: non siamo in un tribunale ove deve risaltare la verità: la verità è già nota. Occorre ascoltare qualcuno che è una parte di noi e che vive un dolore, sia pure un dolore di cui è lei stessa la causa. Farsi del male è inevitabile ma la crudeltà deliberata è un errore comuqnue. Così la ascolterei (non è detto che parleri anche io, anzi: sicuramente tacerei il più possibile) con attenzione. La vera difficoltà è rimanere controllati: non credo che lo sfogo, l'ira, l'escandescenza, pur giustificata, sia opportuna o benefica.
In un dialogo come questo non dobbiamo dimostrare nulla: non abbiamo compiti da realizzare. Dobbiamo capire, capire noi stessi soprattutto. Abbiamo già deciso di chiudere tutto? C'è una possibilità? Quanto siamo offesi nell'orgoglio (c'è anche questo, ammettiamolo) e quanto invece è in dubbio il nostro amore? Al di là di ciò che dirà (su cui occorre operare una pesante tara) lei è lì per noi. Questo qualcosa conta. Il moralismo ( zoccola, con te non ci parlo più, vattene affanc....) non serve a nulla: se dobbiamo chiudere chiudiamo con un pizzico di stile. Non fosse che per farci rimpiangere a lungo e mostrare che quell'avventura non valeva proprio la pena. Se pensiamo invece ci sia una possibilità, mettiamo da parte l'orgoglio e miriamo a quella possibilità: l'orgoglio salvo non garantisce la possibilità di una vita felice, l'amore sì. Inutile trasformarci in un mostro: a che serve? Serbiamo (e lasciamo serbare) almeno le memorie del passato.
Controllo, quindi, e silenzio. Si tratta di ascoltare. Ascoltare: senza decisioni da prendere. Nessuno può chiederci nulla. Abbiamo ancora bisogno di tempo e non dobbiamo nulla a nessuno...se non a noi stessi. Attenzione alla trappola delle lacrime, piuttosto. Quella sì che è pericolosa: in fondo siamo tutti dei romantici e per ora il romanticismo è un pericolo.