Andrea, coraggio.
Poniti un obiettivo: non essere piu' un piccolo uomo fragile, ma semplicemente un uomo, che come tutti sbaglia e cade ma si rialza.
Avete A MIO AVVISO (mia sola opinione, per quel che vale) un rapporto "malato" e "codipendente". Penso che se vi lasciaste davvero sarebbe un gran bene per entrambi.
Benvenuto!
Cara Verena67
la tua opinione la condivido, il rapporto malato e simbiotico è stata anche l'analisi che io e lei abbiamo fatto e che entrambi abbiamo portato nelle nostre rispettive terapie.
Oggi (da quest'ultimo anno) non è più così, anzi non è più così per me, non voglio parlare per entrambi.
Durante la prima pausa di riflessione all'inizio del 2009 ero terrorizzato da rimanere solo, abbandonato, di cadere in una depressione insuperabile, fino a rendermi conto che non sapevo più distinguere questa paura dall'amore. Simbiosi, codipendenza.
Poi questo dubbio è stato superato conquistando una buona indipendenza interiore non solo da lei, ma in generale dall''altro'.
Questo percorso, come tutti i percorsi di analisi è stato doloroso, ma indispensabile e mi ha portato ad una consapevolezza di esistere indipendentemente dal numero e dall'intensità delle mie relazioni. Qualsiasi esse siano.
Non è un percorso terminato, ma intrapreso, di cui, tuttavia, assaporo molti benefici.
Dopo una settimana di grande dolore, immenso direi, (si vede anche da alcuni miei post) ho ripreso subito la barra di comando.
Non vuol dire non soffrire, vuol dire non abbandonarsi al dolore. Il dolore sono io, sono idealizzazioni infrante, speranze diventate tristi certezze, sono progetti sfumati, sono bei ricordi che diventano brutti.
Ma è tutto dentro di me. Il dolore è lì, fisicamente localizzato alla bocca dello stomaco, come ad indicare un 'boccone' che non riesco a digerire.
Ma il dolore è parte di me, come lo è una mano, un' unghia o una gamba.
Allora l'ho accolto. L'ho guardato e lo guardo ogni giorno, a volte gli parlo, perchè se è lì è per dirmi qualcosa, e finchè non lo ascolto, rimarrà lì.
Trovo, dopo così poco tempo, solo benefici temporanei, ma il fatto che esistano, mi fanno capire che è la strada giusta.
Ascoltare il dolore è volersi bene e l'analisi è, per me, assolutamente necessaria, per imparare ad utilizzare quegli strumenti che mi mettono in contatto con me stesso, per perdonarmi, rassicurarmi, coccolarmi e magari un giorno amarmi.
Forse è questa la malattia di cui parli e allora ti devo dare ragione, finchè non amerò me stesso, non sarò mai in grado di amare nessuna; ciò non toglie che lei abbia fatto un gesto osceno, delittuoso e pornografico, ma non posso cambiare lei, nè il passato.
Prendo questa pausa di riflessione come un momento da dedicarmi e mi metto in completo ascolto, quando sento sopraggiungere i momenti di sconforto, guardo il bambino dentro di me, il piccolo Andrea, che ha paura di essere abbandonato dalla mamma, e tutto passa, tutto ha un nome, tutto una causa. Tolte queste paure, tolto lo sconforto, vedo lei, una persona che mi ha violentemente ferito e che amo.
E trovo bellissimo che io sia capace di amare così tanto, se posso amare lei nonostante quello che mi ha fatto, posso amare me nonostante tutto il male che mi sono fatto.