Se ne parla ovunque

danny

Utente di lunga data
Rispetto a Gramellini mi pare incredibile che ne possa avere trovata una, invece è a tre.
Oltre a essere falsa come stile, il contenuto della lettera è una narrazione che riproduce la mostrizzazione della tradita (con la depressione raccontata come se fosse una “matta”) e presenta la storia con l’amante come l’incontro con l’anima gemella che risveglia parti nascoste.
Sicuramente a livello di tempi la lettera non è credibile.
Ma quanti hanno tradito nella fase post parto, quante coppie sono andate in crisi per lo spostamento dell'asse dalla coppia al figlio? Non poche.
Granellini non può colpevolizzare, deve limitarsi ad accondiscendere alle dinamiche delle narraziono per portare avanti una 'posta del cuore' rassicurante sul 'trionfo dell' amore' ad ogni costo. Ma non è tanto distante dal reale.
In questi caso, il distacco da parte del traditore era già presente prima della nascita del figlio, che ha solo amplificato problemi preesistenti.
Lui non comprende le necessità di lei, del neonato, è tutto centrato su sé stesso, tipico di chi è da tempo che non vede il partner.
Lei è depressa, o forse disamorata a sua volta.
Reagisce solo di fronte al fatto compiuto, quando è troppo tardi.
Ma alla fine che c'è di salvabile in quella coppia?
A me dà l'idea di quelle coppie che fanno un figlio tentando di legarsi di più per poi ottenere l'effetto contrario.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Sicuramente a livello di tempi la lettera non è credibile.
Ma quanti hanno tradito nella fase post parto, quante coppie sono andate in crisi per lo spostamento dell'asse dalla coppia al figlio? Non poche.
Granellini non può colpevolizzare, deve limitarsi ad accondiscendere alle dinamiche delle narraziono per portare avanti una 'posta del cuore' rassicurante sul 'trionfo dell' amore' ad ogni costo. Ma non è tanto distante dal reale.
In questi caso, il distacco da parte del traditore era già presente prima della nascita del figlio, che ha solo amplificato problemi preesistenti.
Lui non comprende le necessità di lei, del neonato, è tutto centrato su sé stesso, tipico di chi è da tempo che non vede il partner.
Lei è depressa, o forse disamorata a sua volta.
Reagisce solo di fronte al fatto compiuto, quando è troppo tardi.
Ma alla fine che c'è di salvabile in quella coppia?
A me dà l'idea di quelle coppie che fanno un figlio tentando di legarsi di più per poi ottenere l'effetto contrario.
Occhio che capita anche il contrario, ci sono quell* che confondono (inconsapevolmente eh..) il progetto (forse una delle famose "tutte stelle nella vita") con la persona e una volta ottenuta la "stella" si accorgono che la persona non è più funzionale (e magari pure che la "stella" luccica ma non è d'oro) e perde molti, per non dire tutti, dei motivi per cui starci insieme. Da quel momento: entusiasmo di coppia zero, attività di coppia minimo indispensabile, importanza dell'altra persona subito dietro alla lettiera del gatto da pulire ecc ecc ecc, qualcuno si scogliona non abbastanza da far saltare il banco ma abbastanza per farsi i fatti propri, alcuni non fanno nemmeno questo ma mangiano pure i cornetti a colazione.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Sicuramente a livello di tempi la lettera non è credibile.
Ma quanti hanno tradito nella fase post parto, quante coppie sono andate in crisi per lo spostamento dell'asse dalla coppia al figlio? Non poche.
Granellini non può colpevolizzare, deve limitarsi ad accondiscendere alle dinamiche delle narraziono per portare avanti una 'posta del cuore' rassicurante sul 'trionfo dell' amore' ad ogni costo. Ma non è tanto distante dal reale.
In questi caso, il distacco da parte del traditore era già presente prima della nascita del figlio, che ha solo amplificato problemi preesistenti.
Lui non comprende le necessità di lei, del neonato, è tutto centrato su sé stesso, tipico di chi è da tempo che non vede il partner.
Lei è depressa, o forse disamorata a sua volta.
Reagisce solo di fronte al fatto compiuto, quando è troppo tardi.
Ma alla fine che c'è di salvabile in quella coppia?
A me dà l'idea di quelle coppie che fanno un figlio tentando di legarsi di più per poi ottenere l'effetto contrario.
Concordo grossomodo con la tua analisi.
Penso anche che queste crisi che deflagrano dopo la nascita di UN figlio hanno la radice nel diffuso calo delle nascite.
Siamo tutti troppo concentrati su noi stessi, sul nostro ego ipertrofico che richiede di essere al centro del mondo con ogni proprio desiderio che deve trovare soddisfazione e che non può volere figli o, quando ne ha, vorrebbero che fossero completamento della propria vita. Quando scoprono che un figlio non è questo, ma uno stravolgimento, non reggono.
Nel (presunto) caso della lettera, la depressione di lei deriva da questo e da non aver potuto o saputo rielaborare la nuova condizione con lui, che infatti è fuggito con “il grande amore“ che rappresenta il ritrovare il rapporto immaturo a due, senza problemi.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Occhio che capita anche il contrario, ci sono quell* che confondono (inconsapevolmente eh..) il progetto (forse una delle famose "tutte stelle nella vita") con la persona e una volta ottenuta la "stella" si accorgono che la persona non è più funzionale (e magari pure che la "stella" luccica ma non è d'oro) e perde molti, per non dire tutti, dei motivi per cui starci insieme. Da quel momento: entusiasmo di coppia zero, attività di coppia minimo indispensabile, importanza dell'altra persona subito dietro alla lettiera del gatto da pulire ecc ecc ecc, qualcuno si scogliona non abbastanza da far saltare il banco ma abbastanza per farsi i fatti propri, alcuni non fanno nemmeno questo ma mangiano pure i cornetti a colazione.
Raccontata in generale mi fa pensare non la carenza del rapporto di coppia, ma l’incapacità di diventare una coppia “famiglia“.
 

Vera

Supermod disturbante
Staff Forum
Certo. Ma qui senza ambizioni letterarie.
E non è che si applauda.
Ovviamente le “lettere al direttore“ hanno sempre una finalità consolatoria.
Io già immagino, qui nel forum, le risposte incoraggianti di Perplesso a "lettere all'admin" 🤣
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Raccontata in generale mi fa pensare non la carenza del rapporto di coppia, ma l’incapacità di diventare una coppia “famiglia“.
Certo, ma non esiste la proprietà commutativa fra progetto e persona, prima viene la persona e il progetto si costruisce spontaneamente su questa e con questa. Non puoi invertire mettendo prima il progetto e da lì aspettare di incontrare la persona al posto giusto per realizzarlo, o meglio puoi farlo, ma non aspettarti esiti felici
 

Brunetta

Utente di lunga data
Questa è una riflessione professionale, ma in forma abbastanza divulgativa, su come le problematiche famigliari influenzino la personalità.

Provo a fare una sintesi. Innanzitutto bisogna avere chiaro il concetto di codice paterno, normativo, e codice materno, accogliente. Sono forme relazionali con i figli che possono essere interpretati dal padre o dalla madre o insieme. Il codice paterno è “il senso del dovere”, il super-io.
Questo detto molto grossolanamente.


Da Costanza Jesurum: Il sessantotto, il boom economico, la fioritura di un benessere che almeno nel primo mondo non ha mai avuto precedenti, unitamente al crollo delle nascite, hanno messo in crisi l’organizzazione esistenziale tarata sul potere del superio, e hanno messo al centro un’idea psichica di io intessuto di es, dove il piacere il benessere sono divenuti al centro della retorica esistenziale, fino all’assurgere a nuovo imperativo kantiano. Sii il tuo io. Ma anche intercetta il tuo es. Le madri delle pubblicità novecentesche erano ossessionate dalla responsabilità verso la prole, quelle di oggi sono assediate dallo standard del divertimento garantito, rispetto cui la prole non deve rappresentare un argine, e guai a te se lo temi. I figli diventano pochi, pochissimi, l’emancipazione frettolosa dai genitori qualcosa che può essere subordinato all’idea di una realizzazione di se che vada sotto l’egida della mimetica realizzazione dell’ideale di se. In aggiunta a ciò l’aerea possibilità di raccontarsi come si vuole essere visti, e di narrare i mondi come li si vorrebbero abitare, dataci poi in dono dall’avvento di internet e dei social, per cui socializziamo indefessamente i nostri progetti esistenziali, ha dato alla teoresi superegoica il colpo di grazia. Il senso di colpa è diventato un accessorio disturbante, una spina nel fianco, qualcosa per cui andare eventualmente in consultazione. Qualcosa da azzittire in vista del nuovo trono imperiale presieduto da un ricamato progetto di se.
– Dottoressa! Mi ha detto recentemente una paziente. Io mi sento spesso in colpa! Mi dispiaccio!
– E non è contenta? Ho risposto provocatoriamente.

Una cosa un po’ controintuitiva che si capisce studiando psicologia, è che ogni comportamento, ogni schema mentale ha una sua possibile funzione adattiva. E’ il suo esondare a creare patologia, non il suo esserci. Tante parole psicologiche che associamo al malessere sono funzionali a uno scopo. L’ansia ci protegge dai pericoli. La depressione ci fa elaborare le perdite, la scissione polarizzante ci fa affrontare i nemici e ci fa trovare la forza per combatterli, e così anche il senso di colpa e il suo tetro e antiquato emissario, il super -io possono essere nostri alleati. I problemi sorgono diagnosticamente parlando, quando avendo noi a disposizione tante strategie per organizzare i comportamenti tendiamo a utilizzarne sempre alcune a discapito di altre. A quel punto ci si confronta con delle ansie inappropriate, con un disturbo depressivo, con modalità frequentemente conflittuali e via discorrendo in un elenco di problemi che molto spesso intossica il prossimo oltre che se stessi. ( In effetti – è molto faticoso sopportare il fuoco di fila della sintomatologia altrui. )

L’epoca della possibile realizzazione identitaria

Ora la nuova struttura delle nostre forme familiari e sociali ci mette nella condizione di dover riconfigurare il nostro antico triunvirato – nei ruoli della coscienza, del desiderio e del giudizio, senza però doverci rinunciare, in vista di una nuova gestione dei nostri progetti di vita. Il nostro fare meno figli, il nostro essere nati da famiglie nucleari per andare a fondare nuove famiglie nucleari – di varia foggia e grado – per un verso ci rende difficile l’emancipazione dai genitori, per un altro ci rende più facile l’essere genitori. Diventa difficile avere la pulsione per andarsene di casa perché le risorse materiali sono più abbondanti, del tempo in cui si doveva dividere il pane con cinque fratelli, mentre essere genitori con due bocche da sfamare, permette margini di manovra identitari che prima erano impensabili. Due figli crescono infatti, incredibilmente presto.

Troppo comodi come figli, e molto comodi come genitori, ci troviamo nel nuovo ruolo storico dell’intercettare i desideri e le nostra realizzazione di noi stessi, come soggetti. Abbiamo proprio un tempo psicologico per pensarci, per interrogarci per intercettarci, per mettere a fuoco ciò che siamo. Una funzione che -almeno io trovo più interessante che maligna – dell’attività delle persone sui social, è che possono scriversi, rappresentarsi in un discorso su se stessi e sul proprio desiderio, e addirittura sulle proprie dinamiche relazionali, e se sono attente, possono arrivare a correggerle. Le persone si scoprono accentratrici leggendo le loro dinamiche, ma anche capiscono di contro quanto poco amano mettersi in gioco quelli che vorrebbero farlo e non lo fanno. Altri scoprono in se stessi pregi che non avevano e certi invece difetti sottili che si ritrovano rileggendo i loro scambi. Tutti oggi sappiamo molto di più di noi stessi. La facilità con cui oggi, più di un tempo si considera l’idea di andare in psicoterapia, rientra in questa nuova e interessante legittimità del desiderio, del progetto di se.
E davvero, non c’è niente di male. Davvero questo potrebbe essere semplicemente un progresso.
Ma siamo sicuri che il vecchio Super Io, sia nemico di questo progresso?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Segue “Patologie del superio – quando il senso di colpa e la coartazione sono dominanti.
Siamo abituati, a configurare il Superio come l’erede della voce di qualcun altro, che non siamo troppo disposti ad accettare come nostra.
Ora ci sono alcuni casi di persone dove il senso di ansia e di colpa, dominano le azioni continuamente, e dove evidentemente c’è stato un problema nell’educazione, nel modo di tirare su quel bambino o quella bambina. Questo tipo di problematiche nel novecento erano molto molto frequenti. La severità dei padri, e forse anche delle madri, l’onnipresente retorica del sacrificio che dava una specifica connotazione ai gesti affettivi – come qualcosa di costoso e facilmente retrattile – spesso creavano psicologie dell’insicurezza, della prestazione e della compiacenza. I padri e le madri incontentabili diventavano oggetti interni da compiacere a ogni piè sospinto, e la bocca storta del genitore insoddisfatto “hai preso 8, potevi prendere 9” da una parte un movente formidabile per raggiungere risultati, dall’altra la garanzia di un risentimento come moto permanente, di un difficile accesso al piacere, e di un senso di colpa costante nel non essere compiacenti a abbastanza. Senso di colpa che una volta strutturato verrà applicato e proiettato sulle situazioni più disparate e che inquinerà la genuinità delle relazioni e toglierà ogni margine di manovra alla creatività, la quale ha bisogno di un forte nucleo erotico per esprimersi, di contattare un’area estetica, ludica, del divertimento – come avrebbe poi spiegato Winnicott in Gioco e Realtà. Inoltre molto frequente è la sensazione della frustrazione, della non soddisfazione e quindi non di rado, si apre la via a patologie di altro tenore, che derivano da altre aree ancora più arcaiche della nevrosi, e che sono le patologie dell’invidia. Nell’impossibilità di accedere facilmente al piacere, la persona angariata dalla castrazione superegoica guarda con desiderio malmostoso e ambivalente persone dal cui soave edonismo e senso di pienezza sembrano ricche, per invidiarle gravemente. Il materno interno non ha offerto abbastanza eros, per contrastare la falce del dovere e della frustrazione, e l’invidia kleiniana della pienezza altrui divine una minaccia permanente.

Quando ci si trova in queste situazioni, contattare uno psicoterapeuta può essere una buona idea. Genitori che combinano una modalità relazionale anaffettiva con una modalità di continua insoddisfazione e una eccessiva disinvoltura nel somministrare le frustrazioni, rendono il contatto con loro accidentato, e le strutture psichiche che hanno a che fare con quel contatto, e che si formano con quel contatto nevrotizzate. Perché a quel punto l’opzione superegoica sembra l’unica adatta ad avere un po’ di riconoscimento esistenziale e tutto il resto ne è permeato surclassato e investito. Non solo si obbedisce quindi continuamente a delle regole, interne prima che esterne, ma le percezioni e le comunicazioni divengono distorte. Non si fanno più le cose generose per affetto ma per dovere, non ci si accorge di voler bene al prossimo ma si sta sempre ad obbedire a imperativi, piacere negli affetti è costantemente inquinato, piacere nel fare il proprio lavoro spesso altrettanto. Gli interlocutori per parte loro si sentono impercettibilmente svalutati, quando non sono fastidiosamente invidiati, non di rado si sentono trasformati in oggetti di un obbligo non richiesto, e qualche volta diventano francamente irritati. Tanto più l’organizzazione nevroticamente superegoica prende terreno, tanto più le relazioni sono avvertite come gravemente contaminate. Bisognerà in un modo o in un altro ricostruire quegli oggetti interni che l’allagamento superegoico va soffocando, ricostruire un complesso materno caldo e funzionale che dia un po’ di gas erotico al campo esistenziale, per far scoprire al soggetto che dentro di se c’è davvero quella possibilità estetica che invidia agli altri – ma è un processo difficile da condurre da soli.”
 

Brunetta

Utente di lunga data
Segue parte terza

Psicopatologie del superio – quando il superio è carente.

Attualmente però quel tipo di famiglia, quel tipo di combinato disposto è molto scoraggiato culturalmente non è più un modello di riferimento, non ha vantaggi narcisistici in vista. Il padre padrone è molto sanzionato per un verso, e altrettanto succede alla madre dismissiva, per cui questo modo di relazionarsi alla prole è diventato più infrequente – anche se naturalmente sempre presente – e i rischi nuovi vengono dalla parte opposta, cioè dall’assenza di sanzione e con una nuova e inedita debolezza super egoica, che è altrettanto tossica, e anzi a volte mi sembra di pensare anche di più del contrario. Se non altro perché la debolezza super egoica genera un ordine di malessere esistenziale che la psicoterapia fa più fatica a lenire e risolvere, e che investe in modo radicale e doloroso molte aree esistenziali dalle fondamenta. L’eccesso di superio mette al mondo degli infelici che però in qualche modo hanno una certa tenuta prestazionale, per quanto distorta e inquinata eroticamente. Fanno fatica a fare le cose con piacere, ma possono dire a se stessi di farle. Si emancipano malamente dalle famiglie di origine, spesso covano molti rancori, rimproverando agli altri i vissuti di cui sono i primi responsabili, ma almeno come si dice volgarmente, fanno la loro vita.
Cosa succede al polo opposto?

Il patriarcato si annacqua nel bene e nel male, e con esso quanto di animus e di principio paterno, di maschile e di volizione albergava nel cuore delle madri, e nelle nuove famiglie (Con nuove si intendano quelle formatesi già negli anni settanta e di li a scendere) con pochi figli o figli unici (si può vedere il post precedente) appare più frequentemente il principio della comprensione, la ricerca di un benessere anche per i piccoli, e molto meno la chiamata alla sanzione e al dovere. Il nuovo genitore fatica molto a sopportare il suo momento di antitesi hegeliana, essere quello che da torto e che permette così all’altro di identificarsi e di trovarsi, e spera continuamente che nella conciliazione e nella condivisione si arrivi a una convergenza di interessi con il figlio che lo aiuti a camminare. Anzi, si sacrifica anzi spesso, per permettere al figlio di fare quello che desidera. Ma questo genera uno strano effetto paradossale: la concretizzazione del desiderio, diventa un processo molto poco faticoso, e proprio in quanto poco faticoso molto più gravemente minacciato.

Anche questo è infatti un assassinio alla creatività e un attentato alle relazioni, solo molto più subdolo. La concentrazione sul piacere fa capire magari al soggetto cosa lo fa stare bene, ma il sapore della disciplina per arrivare a farlo bene, e a godere creativamente del suo talento lo terrorizza, lo impigrisce, e così il soggetto si distanzia dai suoi obbiettivi con una noia difensiva, e un narcisismo dei più inutili. Non impara a fare niente, e la facilità con cui accede alla pigrizia lo fa apparire come privo di talenti. Chiunque ami tantissimo qualcosa – fossanche un hobby, che sia suonare la chitarra elettrica, che sia giocare a calcio, che sia lavorare nelle biotecnologie, sa che la creatività ha bisogno della rigidità superegoica, ha bisogno della disciplina. La rigidità superegoica fa imparare metodi complessi, fa scalare piramidi di conoscenze, e soltanto a certe altezze si può creare. Se non arrivi a quelle altezze non riesci neanche a giocare con la creatività. Di contro, l’opzione super egoica, e il senso di colpa che aleggia in ragione del suo tradimento, quando è una struttura flessibile che diviene proprietà del soggetto, e che il soggetto riconosce come propria, è in dispositivo atto a proteggere le sue relazioni la sua affettività, ma non in virtù di apparenze eteronormate, ma come necessità dell’affetto, come un dovere non verso apparenze sociali, non verso famiglie o vicinato e manco verso il destinatario delle proprie azioni, ma come atto di coerenza emotiva rispetto alla propria identità. Ed è una cosa santa, che aiuta la gestione di momenti difficili, che ne fa attutire la pesantezza. Si arriva ad avere voglia di fare una certa serie di azioni: di sopportare una moglie troppo troppo ansiosa e invadente, di fare la notte per i figli che stanno male, di stare vicino a un genitore anziano e disabile. Sono cose che si fanno per se, per la manutenzione degli affetti, e a quel punto il sentirsi in colpa diventa non più un tradimento di una norma che non si capisce bene da chi sia emanata, ma il campanello di un’organizzazione amministrativa che sa quando si sta lavorando ai danni della casa psichica anziché a suo vantaggio.

Però anche qui, quando l’opzione superegoica è fragile, disconosciuta, non fa il suo dovere il suo ruolo di sostegno, l’importanza che ha l’ingaggio relazionale, il farsi carico per se che implica la manutenzione degli affetti, viene persa di vista, ci si accomoda in relazioni liquide a basso voltaggio, quando il gioco di fa duro si molla la presa, si rimane figli eterni, con partner che si allontano, amici che si scocciano, genitori che si vergognano di scoprirsi col tempo vecchi e delusi, e naturalmente pochi pochi nuovi bambini che odorano di responsabilità ingestibili. Questa opzione esistenziale io oggi la vedo molto molto pericolosa e mi preoccupa moltissimo, perché mette al mondo soggetti castrati e deerotizzati, per aiutare i quali in terapia bisogna inventarsi il modo di introdurre una funzione superegoica nel campo analitico, la quale se si pensa al campo analitico è una sorta di contraddizione in termini. Va detto che se il terapeuta si sente invogliato a svolgere una funzione prescrittiva, pur nella sorveglianza dell’insidiosa identificazione con il genitore che non ha saputo porre delle regole, questo sta a significare che nel suo assistito c’è una sorta di nostaglia super egoica, una nostalgia di legge, che il soggetto non si sente di poter incarnare e che la subappalta al terapeuta, come spesso fanno gli adolescenti più soli e addolorati, chiedendo disperatamente dei confini. Accorgersi di questo movimento, di questo passaggio di desideri inconsci aiuta a intervenire in modo costruttivo. Se il paziente riconosce il potere di questa norma se riconosce ciò che va subappaltando, si possono inventare delle cose.”
 

Brunetta

Utente di lunga data
Segue 4
Psicopatologie del superio – quando il superio è carente.


Attualmente però quel tipo di famiglia, quel tipo di combinato disposto è molto scoraggiato culturalmente non è più un modello di riferimento, non ha vantaggi narcisistici in vista. Il padre padrone è molto sanzionato per un verso, e altrettanto succede alla madre dismissiva, per cui questo modo di relazionarsi alla prole è diventato più infrequente – anche se naturalmente sempre presente – e i rischi nuovi vengono dalla parte opposta, cioè dall’assenza di sanzione e con una nuova e inedita debolezza super egoica, che è altrettanto tossica, e anzi a volte mi sembra di pensare anche di più del contrario. Se non altro perché la debolezza super egoica genera un ordine di malessere esistenziale che la psicoterapia fa più fatica a lenire e risolvere, e che investe in modo radicale e doloroso molte aree esistenziali dalle fondamenta. L’eccesso di superio mette al mondo degli infelici che però in qualche modo hanno una certa tenuta prestazionale, per quanto distorta e inquinata eroticamente. Fanno fatica a fare le cose con piacere, ma possono dire a se stessi di farle. Si emancipano malamente dalle famiglie di origine, spesso covano molti rancori, rimproverando agli altri i vissuti di cui sono i primi responsabili, ma almeno come si dice volgarmente, fanno la loro vita.
Cosa succede al polo opposto?

Il patriarcato si annacqua nel bene e nel male, e con esso quanto di animus e di principio paterno, di maschile e di volizione albergava nel cuore delle madri, e nelle nuove famiglie (Con nuove si intendano quelle formatesi già negli anni settanta e di li a scendere) con pochi figli o figli unici (si può vedere il post precedente) appare più frequentemente il principio della comprensione, la ricerca di un benessere anche per i piccoli, e molto meno la chiamata alla sanzione e al dovere. Il nuovo genitore fatica molto a sopportare il suo momento di antitesi hegeliana, essere quello che da torto e che permette così all’altro di identificarsi e di trovarsi, e spera continuamente che nella conciliazione e nella condivisione si arrivi a una convergenza di interessi con il figlio che lo aiuti a camminare. Anzi, si sacrifica anzi spesso, per permettere al figlio di fare quello che desidera. Ma questo genera uno strano effetto paradossale: la concretizzazione del desiderio, diventa un processo molto poco faticoso, e proprio in quanto poco faticoso molto più gravemente minacciato.

Anche questo è infatti un assassinio alla creatività e un attentato alle relazioni, solo molto più subdolo. La concentrazione sul piacere fa capire magari al soggetto cosa lo fa stare bene, ma il sapore della disciplina per arrivare a farlo bene, e a godere creativamente del suo talento lo terrorizza, lo impigrisce, e così il soggetto si distanzia dai suoi obbiettivi con una noia difensiva, e un narcisismo dei più inutili. Non impara a fare niente, e la facilità con cui accede alla pigrizia lo fa apparire come privo di talenti. Chiunque ami tantissimo qualcosa – fossanche un hobby, che sia suonare la chitarra elettrica, che sia giocare a calcio, che sia lavorare nelle biotecnologie, sa che la creatività ha bisogno della rigidità superegoica, ha bisogno della disciplina. La rigidità superegoica fa imparare metodi complessi, fa scalare piramidi di conoscenze, e soltanto a certe altezze si può creare. Se non arrivi a quelle altezze non riesci neanche a giocare con la creatività. Di contro, l’opzione super egoica, e il senso di colpa che aleggia in ragione del suo tradimento, quando è una struttura flessibile che diviene proprietà del soggetto, e che il soggetto riconosce come propria, è in dispositivo atto a proteggere le sue relazioni la sua affettività, ma non in virtù di apparenze eteronormate, ma come necessità dell’affetto, come un dovere non verso apparenze sociali, non verso famiglie o vicinato e manco verso il destinatario delle proprie azioni, ma come atto di coerenza emotiva rispetto alla propria identità. Ed è una cosa santa, che aiuta la gestione di momenti difficili, che ne fa attutire la pesantezza. Si arriva ad avere voglia di fare una certa serie di azioni: di sopportare una moglie troppo troppo ansiosa e invadente, di fare la notte per i figli che stanno male, di stare vicino a un genitore anziano e disabile. Sono cose che si fanno per se, per la manutenzione degli affetti, e a quel punto il sentirsi in colpa diventa non più un tradimento di una norma che non si capisce bene da chi sia emanata, ma il campanello di un’organizzazione amministrativa che sa quando si sta lavorando ai danni della casa psichica anziché a suo vantaggio.

Però anche qui, quando l’opzione superegoica è fragile, disconosciuta, non fa il suo dovere il suo ruolo di sostegno, l’importanza che ha l’ingaggio relazionale, il farsi carico per se che implica la manutenzione degli affetti, viene persa di vista, ci si accomoda in relazioni liquide a basso voltaggio, quando il gioco di fa duro si molla la presa, si rimane figli eterni, con partner che si allontano, amici che si scocciano, genitori che si vergognano di scoprirsi col tempo vecchi e delusi, e naturalmente pochi pochi nuovi bambini che odorano di responsabilità ingestibili. Questa opzione esistenziale io oggi la vedo molto molto pericolosa e mi preoccupa moltissimo, perché mette al mondo soggetti castrati e deerotizzati, per aiutare i quali in terapia bisogna inventarsi il modo di introdurre una funzione superegoica nel campo analitico, la quale se si pensa al campo analitico è una sorta di contraddizione in termini. Va detto che se il terapeuta si sente invogliato a svolgere una funzione prescrittiva, pur nella sorveglianza dell’insidiosa identificazione con il genitore che non ha saputo porre delle regole, questo sta a significare che nel suo assistito c’è una sorta di nostaglia super egoica, una nostalgia di legge, che il soggetto non si sente di poter incarnare e che la subappalta al terapeuta, come spesso fanno gli adolescenti più soli e addolorati, chiedendo disperatamente dei confini. Accorgersi di questo movimento, di questo passaggio di desideri inconsci aiuta a intervenire in modo costruttivo. Se il paziente riconosce il potere di questa norma se riconosce ciò che va subappaltando, si possono inventare delle cose.”
Certo, ma non esiste la proprietà commutativa fra progetto e persona, prima viene la persona e il progetto si costruisce spontaneamente su questa e con questa. Non puoi invertire mettendo prima il progetto e da lì aspettare di incontrare la persona al posto giusto per realizzarlo, o meglio puoi farlo, ma non aspettarti esiti felici
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Segue 4
Psicopatologie del superio – quando il superio è carente.


Attualmente però quel tipo di famiglia, quel tipo di combinato disposto è molto scoraggiato culturalmente non è più un modello di riferimento, non ha vantaggi narcisistici in vista. Il padre padrone è molto sanzionato per un verso, e altrettanto succede alla madre dismissiva, per cui questo modo di relazionarsi alla prole è diventato più infrequente – anche se naturalmente sempre presente – e i rischi nuovi vengono dalla parte opposta, cioè dall’assenza di sanzione e con una nuova e inedita debolezza super egoica, che è altrettanto tossica, e anzi a volte mi sembra di pensare anche di più del contrario. Se non altro perché la debolezza super egoica genera un ordine di malessere esistenziale che la psicoterapia fa più fatica a lenire e risolvere, e che investe in modo radicale e doloroso molte aree esistenziali dalle fondamenta. L’eccesso di superio mette al mondo degli infelici che però in qualche modo hanno una certa tenuta prestazionale, per quanto distorta e inquinata eroticamente. Fanno fatica a fare le cose con piacere, ma possono dire a se stessi di farle. Si emancipano malamente dalle famiglie di origine, spesso covano molti rancori, rimproverando agli altri i vissuti di cui sono i primi responsabili, ma almeno come si dice volgarmente, fanno la loro vita.
Cosa succede al polo opposto?

Il patriarcato si annacqua nel bene e nel male, e con esso quanto di animus e di principio paterno, di maschile e di volizione albergava nel cuore delle madri, e nelle nuove famiglie (Con nuove si intendano quelle formatesi già negli anni settanta e di li a scendere) con pochi figli o figli unici (si può vedere il post precedente) appare più frequentemente il principio della comprensione, la ricerca di un benessere anche per i piccoli, e molto meno la chiamata alla sanzione e al dovere. Il nuovo genitore fatica molto a sopportare il suo momento di antitesi hegeliana, essere quello che da torto e che permette così all’altro di identificarsi e di trovarsi, e spera continuamente che nella conciliazione e nella condivisione si arrivi a una convergenza di interessi con il figlio che lo aiuti a camminare. Anzi, si sacrifica anzi spesso, per permettere al figlio di fare quello che desidera. Ma questo genera uno strano effetto paradossale: la concretizzazione del desiderio, diventa un processo molto poco faticoso, e proprio in quanto poco faticoso molto più gravemente minacciato.

Anche questo è infatti un assassinio alla creatività e un attentato alle relazioni, solo molto più subdolo. La concentrazione sul piacere fa capire magari al soggetto cosa lo fa stare bene, ma il sapore della disciplina per arrivare a farlo bene, e a godere creativamente del suo talento lo terrorizza, lo impigrisce, e così il soggetto si distanzia dai suoi obbiettivi con una noia difensiva, e un narcisismo dei più inutili. Non impara a fare niente, e la facilità con cui accede alla pigrizia lo fa apparire come privo di talenti. Chiunque ami tantissimo qualcosa – fossanche un hobby, che sia suonare la chitarra elettrica, che sia giocare a calcio, che sia lavorare nelle biotecnologie, sa che la creatività ha bisogno della rigidità superegoica, ha bisogno della disciplina. La rigidità superegoica fa imparare metodi complessi, fa scalare piramidi di conoscenze, e soltanto a certe altezze si può creare. Se non arrivi a quelle altezze non riesci neanche a giocare con la creatività. Di contro, l’opzione super egoica, e il senso di colpa che aleggia in ragione del suo tradimento, quando è una struttura flessibile che diviene proprietà del soggetto, e che il soggetto riconosce come propria, è in dispositivo atto a proteggere le sue relazioni la sua affettività, ma non in virtù di apparenze eteronormate, ma come necessità dell’affetto, come un dovere non verso apparenze sociali, non verso famiglie o vicinato e manco verso il destinatario delle proprie azioni, ma come atto di coerenza emotiva rispetto alla propria identità. Ed è una cosa santa, che aiuta la gestione di momenti difficili, che ne fa attutire la pesantezza. Si arriva ad avere voglia di fare una certa serie di azioni: di sopportare una moglie troppo troppo ansiosa e invadente, di fare la notte per i figli che stanno male, di stare vicino a un genitore anziano e disabile. Sono cose che si fanno per se, per la manutenzione degli affetti, e a quel punto il sentirsi in colpa diventa non più un tradimento di una norma che non si capisce bene da chi sia emanata, ma il campanello di un’organizzazione amministrativa che sa quando si sta lavorando ai danni della casa psichica anziché a suo vantaggio.

Però anche qui, quando l’opzione superegoica è fragile, disconosciuta, non fa il suo dovere il suo ruolo di sostegno, l’importanza che ha l’ingaggio relazionale, il farsi carico per se che implica la manutenzione degli affetti, viene persa di vista, ci si accomoda in relazioni liquide a basso voltaggio, quando il gioco di fa duro si molla la presa, si rimane figli eterni, con partner che si allontano, amici che si scocciano, genitori che si vergognano di scoprirsi col tempo vecchi e delusi, e naturalmente pochi pochi nuovi bambini che odorano di responsabilità ingestibili. Questa opzione esistenziale io oggi la vedo molto molto pericolosa e mi preoccupa moltissimo, perché mette al mondo soggetti castrati e deerotizzati, per aiutare i quali in terapia bisogna inventarsi il modo di introdurre una funzione superegoica nel campo analitico, la quale se si pensa al campo analitico è una sorta di contraddizione in termini. Va detto che se il terapeuta si sente invogliato a svolgere una funzione prescrittiva, pur nella sorveglianza dell’insidiosa identificazione con il genitore che non ha saputo porre delle regole, questo sta a significare che nel suo assistito c’è una sorta di nostaglia super egoica, una nostalgia di legge, che il soggetto non si sente di poter incarnare e che la subappalta al terapeuta, come spesso fanno gli adolescenti più soli e addolorati, chiedendo disperatamente dei confini. Accorgersi di questo movimento, di questo passaggio di desideri inconsci aiuta a intervenire in modo costruttivo. Se il paziente riconosce il potere di questa norma se riconosce ciò che va subappaltando, si possono inventare delle cose.”
Mi sembra interessante, ma potresti bignamarlo con parole tue? Grazie mille
 

Brunetta

Utente di lunga data
Certo, ma non esiste la proprietà commutativa fra progetto e persona, prima viene la persona e il progetto si costruisce spontaneamente su questa e con questa. Non puoi invertire mettendo prima il progetto e da lì aspettare di incontrare la persona al posto giusto per realizzarlo, o meglio puoi farlo, ma non aspettarti esiti felici
Ma è quello che è sempre avvenuto.
Penso al caso reale, ma emblematico, dei suoceri di una mia amica, nati e cresciuti in un paesino di, oggi, 1000 abitanti, che corrisponde a qualche istituto di scuola secondaria, solo che nell’ istituto sono tutti ragazzi, nel paesino in età da formare una coppia, molto meno. Ovviamente ai tempi si erano “scelti” tra pochissimi e, naturalmente, sono stati insieme fino alla morte.
Tu parli come se immaginassi due individui perfetti (nel senso di completi) che vedono dal loro incontro perfetto, nascere l’idea di far nascere la prole.
Ma non è così. Ci si sposa e si fa famiglia all’età giusta e avviene con chi si incontra in quella finestra di età in cui può avvenire, scegliendosi reciprocamente con la stessa possibilità di scelta, spesso più limitata, del paesino.
L’idea di voler essere il prescelto o la prescelta che resterà sempre al centro dei pensieri del partner è una pretesa immatura.
Certamente la coppia deve trovare il tempo per il confronto e il sesso (pensiamo a come Pollicino e Hansel e Gretel lo raccontano dal punto di vista dei bambini, come minaccia per la loro sicurezza e incolumità) e deve essere lo spazio per la conferma reciproca e validazione, ma non può essere alternativa al ruolo genitoriale, se non per chi ha ancora un bisogno infantile di sicurezza affettiva.
V. Il testo completo che ho riportato parzialmente,
 

Brunetta

Utente di lunga data
Mi sembra interessante, ma potresti bignamarlo con parole tue? Grazie mille
È ovvio che se sintetizzo, non solo riduco ciò che è già una sintesi di una riflessione professionale di anni, ma opero una semplificazione deformante.
Ho già detto del codice paterno e materno che, nella struttura borghese (non certo in quella aristocratica, imitata anche dalla borghesia, in cui i bambini venivano mandati a balia, poi educati da pedagoghi privati, quindi mandati in Accademie militari i maschi ed educate a diventare madri giovanissime, le femmine) è il modello di famiglia alla quale pensiamo, quando pensiamo “un tempo“, senza che sia la struttura reale.
In questa struttura il codice paterno rigido portava alla formazione di un super-io rigido che creava senso del dovere che a sua volta causava un senso di colpa costante e il fare anche cose nobili non per il piacere di donare bene, ma con un costante senso di frustrazione e rancore per i genitori e in generale per chiunque venisse sentito come portatore del dovere.
Gradualmente le cose sono cambiate e si è andato sempre più privilegiando, rispetto al dovere, il piacere e quella che consideriamo realizzazione di sé, a scapito sia del codice paterno, sia di quello materno.
Ogni struttura può portare a sofferenza.
 

danny

Utente di lunga data
Ma è proprio la scelta in un range limitato a generare il problema.
Se si sceglie quel che si trova, non è assolutamente da dare per scontato che possa soddisfare totalmente.
Quindi può accadere che si cerchi completezza per ciò che manca in una relazione extra o addirittura ci si invaghisca di qualcuno più affine incontrato dopo.
Posto il fatto che oggi la scelta è decisamente più ampia e si arriva a sposarsi avendo alle spalle diverse esperienze ed essendo pertanto molto più esigenti e difficili.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ma è proprio la scelta in un range limitato a generare il problema.
Se si sceglie quel che si trova, non è assolutamente da dare per scontato che possa soddisfare totalmente.
Quindi può accadere che si cerchi completezza per ciò che manca in una relazione extra o addirittura ci si invaghisca di qualcuno più affine incontrato dopo.
Posto il fatto che oggi la scelta è decisamente più ampia e si arriva a sposarsi avendo alle spalle diverse esperienze ed essendo pertanto molto più esigenti e difficili.
Ma è questo il punto!
Tu parli con la voce dell’es.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Ma è quello che è sempre avvenuto.
Penso al caso reale, ma emblematico, dei suoceri di una mia amica, nati e cresciuti in un paesino di, oggi, 1000 abitanti, che corrisponde a qualche istituto di scuola secondaria, solo che nell’ istituto sono tutti ragazzi, nel paesino in età da formare una coppia, molto meno. Ovviamente ai tempi si erano “scelti” tra pochissimi e, naturalmente, sono stati insieme fino alla morte.
Tu parli come se immaginassi due individui perfetti (nel senso di completi) che vedono dal loro incontro perfetto, nascere l’idea di far nascere la prole.
Ma non è così. Ci si sposa e si fa famiglia all’età giusta e avviene con chi si incontra in quella finestra di età in cui può avvenire, scegliendosi reciprocamente con la stessa possibilità di scelta, spesso più limitata, del paesino.
L’idea di voler essere il prescelto o la prescelta che resterà sempre al centro dei pensieri del partner è una pretesa immatura.
Certamente la coppia deve trovare il tempo per il confronto e il sesso (pensiamo a come Pollicino e Hansel e Gretel lo raccontano dal punto di vista dei bambini, come minaccia per la loro sicurezza e incolumità) e deve essere lo spazio per la conferma reciproca e validazione, ma non può essere alternativa al ruolo genitoriale, se non per chi ha ancora un bisogno infantile di sicurezza affettiva.
V. Il testo completo che ho riportato parzialmente,
Si, ma considera che tra lo schema "persona -->> progetto" e "progetto -->> persona" c'è uno spettro di situazioni di cui i 2 casi sono limite. Il primo è ideale e ovviamente è una pretesa immatura e irrealistica, mentre il secondo: "ho il progetto in mente come prima cosa, incontro la persona che sembra fare al caso e che ci sta quindi me la prendo, anche se magari trascuro qualche aspetto che non mi convince del tutto" è ciò che più frequentemente capita nella realtà, poi occorre vedere quanto il progetto era veramente d'oro perchè luccicava, quanto la persona che sembrava fare al caso lo era effettivamente o meno, quanti e quali aspetti sono stati trascurati nell'entusiasmo di poter mettere la "stellina"
 

Brunetta

Utente di lunga data
No, non so una parola di Spagnolo.


😜
🤷🏻‍♀️ ti rimando al testo completo della Jesurum.
Per quanto mi riguarda, credo che il pensiero che hai espresso sia molto diffuso e che porti a vedere l’amore come uno stato di grazia che arriva tra le anime gemelle.
Ma io penso invece che, stante l’attrazione iniziale, che resta per me misteriosa, l’amore sia una costruzione.
Restando che lo stesso Fossati ha detto che una cosa così da adulti è da cretini 😂 pur essendo, a mio parere, molto più profondo di ciò che si crede diffusamente.


La costruzione di un amore
La costruzione di un amore
Spezza le vene delle mani
Mescola il sangue col sudore
Se te ne rimane
La costruzione di un amore
Non ripaga del dolore
È come un altare di sabbia
In riva al mare
La costruzione del mio amore
Mi piace guardarla salire
Come un grattacielo di cento piani
O come un girasole
Ed io ci metto l'esperienza
Come su un albero di Natale
Come un regalo ad una sposa
Un qualcosa che sta lì
E che non fa male
E ad ogni piano c'è un sorriso
Per ogni inverno da passare
Ad ogni piano un Paradiso
Da consumare
Dietro una porta un po' d'amore
Per quando non ci sarà tempo di fare l'amore
Per quando farai portare via
La mia sola fotografia
Ma intanto guardo questo amore
Che si fa più vicino al cielo
Come se dietro all'orizzonte
Ci fosse ancora cielo
Son io, sono qui
E mi meraviglia
Tanto da mordermi le braccia
Ma no, son proprio io
Lo specchio ha la mia faccia
Sono io che guardo questo amore
Che si fa più vicino al cielo
Come se dopo tanto amore
Bastasse ancora il cielo
E tutto ciò mi meraviglia
Tanto che se finisse adesso
Lo so io chiederei
Che mi crollasse addosso
E la fortuna di un amore
Come lo so che può cambiare
Dopo si dice "l'ho fatto per fare"
Ma era per non morire
Si dice "che bello tornare alla vita
Che mi era sembrata finita
Che bello tornare a vedere"
E quel che è peggio è che è tutto vero
Perché
La costruzione di un amore
Spezza le vene delle mani
Mescola il sangue col sudore
Se te ne rimane
La costruzione di un amore
Non ripaga del dolore
È come un altare di sabbia
In riva al mare
Ma intanto guardo questo amore
Che si fa più vicino al cielo
Come se dietro all'orizzonte
Ci fosse ancora cielo
Son io, sono qui
E mi meraviglia
Tanto da mordermi le braccia
Ma no, son proprio io
Lo specchio ha la mia faccia
Sono io che guardo questo amore
Che si fa più vicino al cielo
Come se dopo tanto amore
Bastasse ancora il cielo
E tutto ciò mi meraviglia
Tanto che se finisse adesso
Lo so io chiederei
Che mi crollasse addosso, sì
E tutto ciò mi meraviglia
Tanto che se finisse adesso
Lo so io chiederei
Che mi crollasse addosso


 

Brunetta

Utente di lunga data
Si, ma considera che tra lo schema "persona -->> progetto" e "progetto -->> persona" c'è uno spettro di situazioni di cui i 2 casi sono limite. Il primo è ideale e ovviamente è una pretesa immatura e irrealistica, mentre il secondo: "ho il progetto in mente come prima cosa, incontro la persona che sembra fare al caso e che ci sta quindi me la prendo, anche se magari trascuro qualche aspetto che non mi convince del tutto" è ciò che più frequentemente capita nella realtà, poi occorre vedere quanto il progetto era veramente d'oro perchè luccicava, quanto la persona che sembrava fare al caso lo era effettivamente o meno, quanti e quali aspetti sono stati trascurati nell'entusiasmo di poter mettere la "stellina"
Il problema è che siamo ancora in una fase intermedia e molto diversificata tra soggetti, in cui si vuole conciliare il desiderio della realizzazione individuale, con la realizzazione della famiglia.
Ma sono principalmente i maschi che si sentono messi da parte, non più considerati, non amati, quando vedono il figlio al primo posto.
Ma dove dovrebbe stare il figlio?
 
Top