Segnali di pericolo

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ma pensando ad uno stupro mi dici come puoi parlare di dinamica nella quale c'è compartecipazione. ...se non passiva?
Innanzitutto qui si sta parlando di dinamica vittima carnefice all'interno di una relazione.

Come vittima di stupro però ti posso confermare, e portando con me testimonianze di donne che hanno affrontato percorsi finalizzati a collocare lo stupro nella loro vita, che c'è compartecipazione. Passiva. Certo. Ma io ero lì.
HO subito. Prima persona singolare. IO HO SUBITO. Non è senza significato questa frase.
Che è fra l'altro la prima affermazione liberatoria per una vittima di stupro.
Ed è esattamente la frase che non si vorrebbe pronunciare...perchè fa un male cane. E fa rabbia. E fa desiderio di violenza. Di distruzione. Chi poi la rivolge a se stesso, chi la rivolge all'esterno. (identificazione col carnefice).

E lo rivendico.

Perchè uno degli obiettivi dello stupro è esattamente la negazione dell'essere lì.

Il tentativo estremo di nullificare l'esistenza della volontà.

Esserci, è poter collocare l'evento. Riconoscerlo. E riconoscere se stessa in quell'evento.
La denuncia...credi serva davvero per avere giustizia?

La denuncia serve per affermare "io ho subito una violenza." Per gridarlo davanti agli uomini e alle donne. Per non nascondersi da qualche parte a farsi docce bollente perse nel desiderio di levarsi la pelle di dosso.
LA denuncia è affermare che si esiste. CHe si è doloranti, spezzate, lese. MA VIVE.

Togliersi, non vedersi dentro...è psicosi.
 
Ultima modifica:
Innanzitutto qui si sta parlando di dinamica vittima carnefice all'interno di una relazione.

Come vittima di stupro ti posso confermare, e portando con me testimonianze di donne che hanno affrontato percorsi finalizzati a collocare lo stupro nella loro vita, che c'è compartecipazione. Passiva. Certo. Ma io ero lì.

E lo rivendico.

Perchè uno degli obiettivi dello stupro è esattamente la negazione dell'essere lì.

Il tentativo estremo di nullificare l'esistenza della volontà.

Esserci, è poter collocare l'evento.

Togliersi...è psicosi.
cosa vuol dire lo rivendico?
 

Skorpio

Utente di lunga data
Sono come Harry Potter, che si stupisce quando si accorge di sapere parlare il serpentese :D

Sdrammattizzo, eh :)
Si fa x ragionare :)

Ma tu andavi a "caccia" di violenza (secondo me)

E non è un appunto. È proprio una cosa che risuonava in me.

Mica c'è nulla di male, ci vado pure io ogni tanto, pero lo so :)
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
cosa vuol dire lo rivendico?
ho modificato il post.

Forse con le aggiunte è più chiaro.

Quando ti stuprano, prima del corpo c'è la tua volontà negata e annullata. C'è un esistere in una condizione in cui l'altro ti sta chiedendo/imponendo di non esistere. Di non avere volontà.
Tu gli rispondi "io esisto" "sono qui" "ti sto dicendo no"
E l'altro ti dice "non esisti, non esisti. Non ti vedo, non ti sento, non ci sei".

Compartecipare, essere lì e non essere scomparse. Essere protagonista di un evento che ti piomba addosso come uno tsunami, ma tu ci sei nello tsunami. E puoi prenderti responsabilità di te. Cura di te. Esserci per te.

Mettere la prima persona singolare. IO HO SUBITO.
E' esserci e aver cura di sè.

Anche se fa male.

EDIT: aggiungo. La colpa non esiste....se si attraversa e si diventa co-protagonisti ALLA PARI. Nel ruolo della vittima.
E allora aver subito non è aver accettato. Ma è il confrontarsi con l'impotenza. Con l'impossibilità di non accettare.

LA giurisprudenza ha fatto disastri collocando in quel "ho subito" l'accettazione. Te li ricordi? Coi jeans non è violenza. Troppo stretti per essere sfilati. Ha la minigonna (la troia) non è violenza. Etc etc.

Invece HO SUBITO è affermare la propria impotenza. Sottolineare il potere sbilanciato per cui uno impone all'altro.
Ma è anche affermare il proprio potere di esserci e di poter dire.
Che è l'esatto contrario di quello che hai voglia di fare dopo essere stata stuprata. Vuoi solo tacere. Dimenticare. Lasciarti dietro tutto.
Come se lo tsunami non ci fosse stato. Come se nessuno non ti avesse appena dimostrato che sei ANCHE impotente.

La responsabilità, la cura è ricordarsi, affermare, rivendicare che non si è SOLO impotenti. Si è molto di più.

E che esserlo stata non significa continuare ad esserlo.

Riprendersi il potere, dopo averlo perso.
Ma se non accetti, se non riconosci di averlo perso, non lo puoi andare a riprendere.
Se non sai dove l'hai perso...dove vai per prendertelo di nuovo?
E non ce l'ha l'altro. E' dentro di te. E' ancora dove era.
Anche se è stato, per un momento, depotenziato.

EDIT2: nella dinamica vittima - carnefice questo passaggio è ancora più importante.
Perchè a differenza di uno stupro che è "improvviso", la dinamica vittima - carnefice (quella delle violenza domestica) è frutto di un percorso. Prima individuale e poi di coppia.

Non è un caso che si chieda, continuamente, di parlare. Di dire. Di affermare il proprio essere vittima. Sottolineo AFFERMARE.
Che è prendersene la responsabilità e la cura. Per poter andare oltre.

Quell* che non lo fanno, restano nella dinamica. Ingabbiat*

Ed è questo il motivo per cui i numeri lasciano il tempo che trovano.
Sono solo numeri.

Descrivono il fenomeno solo numericamente. Quantitativamente.
Ma questo è un fenomeno anche QUALITATIVO. (in termini di descrizione).

Quindi ben più complesso dei numeri (rilevati fra l'altro. E quindi manchevoli di tanti altri numeri che restano nel segreto.)
 
Ultima modifica:

Marjanna

Utente di lunga data
ho modificato il post.

Forse con le aggiunte è più chiaro.

Quando ti stuprano, prima del corpo c'è la tua volontà negata e annullata. C'è un esistere in una condizione in cui l'altro ti sta chiedendo/imponendo di non esistere. Di non avere volontà.
Tu gli rispondi "io esisto" "sono qui" "ti sto dicendo no"
E l'altro ti dice "non esisti, non esisti. Non ti vedo, non ti sento, non ci sei".

Compartecipare, essere lì e non essere scomparse. Essere protagonista di un evento che ti piomba addosso come uno tsunami, ma tu ci sei nello tsunami. E puoi prenderti responsabilità di te. Cura di te. Esserci per te.

Mettere la prima persona singolare. IO HO SUBITO.
E' esserci e aver cura di sè.

Anche se fa male.

EDIT: aggiungo. La colpa non esiste....se si attraversa e si diventa co-protagonisti ALLA PARI. Nel ruolo della vittima.
E allora aver subito non è aver accettato. Ma è il confrontarsi con l'impotenza. Con l'impossibilità di non accettare.

LA giurisprudenza ha fatto disastri collocando in quel "ho subito" l'accettazione. Te li ricordi? Coi jeans non è violenza. Troppo stretti per essere sfilati. Ha la minigonna (la troia) non è violenza. Etc etc.

Invece HO SUBITO è affermare la propria impotenza. Sottolineare il potere sbilanciato per cui uno impone all'altro.
Ma è anche affermare il proprio potere di esserci e di poter dire.
Che è l'esatto contrario di quello che hai voglia di fare dopo essere stata stuprata. Vuoi solo tacere. Dimenticare. Lasciarti dietro tutto.
Come se lo tsunami non ci fosse stato. Come se nessuno non ti avesse appena dimostrato che sei ANCHE impotente.

La responsabilità, la cura è ricordarsi, affermare, rivendicare che non si è SOLO impotenti. Si è molto di più.

E che esserlo stata non significa continuare ad esserlo.

Riprendersi il potere, dopo averlo perso.
Ma se non accetti, se non riconosci di averlo perso, non lo puoi andare a riprendere.
Se non sai dove l'hai perso...dove vai per prendertelo di nuovo?
E non ce l'ha l'altro. E' dentro di te. E' ancora dove era.
Anche se è stato, per un momento, depotenziato.

EDIT2: nella dinamica vittima - carnefice questo passaggio è ancora più importante.
Perchè a differenza di uno stupro che è "improvviso", la dinamica vittima - carnefice (quella delle violenza domestica) è frutto di un percorso. Prima individuale e poi di coppia.

Non è un caso che si chieda, continuamente, di parlare. Di dire. Di affermare il proprio essere vittima. Sottolineo AFFERMARE.
Che è prendersene la responsabilità e la cura. Per poter andare oltre.

Quell* che non lo fanno, restano nella dinamica. Ingabbiat*

Ed è questo il motivo per cui i numeri lasciano il tempo che trovano.
Sono solo numeri.

Descrivono il fenomeno solo numericamente. Quantitativamente.
Ma questo è un fenomeno anche QUALITATIVO. (in termini di descrizione).

Quindi ben più complesso dei numeri (rilevati fra l'altro. E quindi manchevoli di tanti altri numeri che restano nel segreto.)
Ipazia tu credi sia possibile che una persona che ha subito violenza (non in una dinamica di coppia) possa continuare a sentirsi impotente durante e dopo un procedimento penale che diciamo non riconoscere appieno alla vittima i danni da lei subiti? Voglio dire, potrebbe essere che si veda questo riconoscimento a non essere impotenti legato ad un processo? E che in funzione a questo ci si senta ancora impotenti?
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ipazia tu credi sia possibile che una persona che ha subito violenza (non in una dinamica di coppia) possa continuare a sentirsi impotente durante e dopo un procedimento penale che diciamo non riconoscere appieno alla vittima i danni da lei subiti? Voglio dire, potrebbe essere che si veda questo riconoscimento a non essere impotenti legato ad un processo? E che in funzione a questo ci si senta ancora impotenti?
Non ho capito bene il grassetto Marjanna.

Provo così.
Ma non so se è una risposta.

EDIT: è una generalizzazione. Le sfumature sono tante quante ne possono creare le persone coinvolte.

dopo uno stupro la domanda che risuona, un rumore di fondo che non smette se non per brevi periodi prima di o far uscire o mandare all'oblio (semplificando) è (sempre semplificando e generalizzando) "ho subito. Potevo fare di più. Potevo dire no più forte. Potevo scappare più veloce. Potevo difendermi di più. Potevo non essere in quel posto. etc etc"

In alcuni casi si rimuove. Senza se e senza ma. Quell'evento non è MAI esistito. (e qui si nega la propria esistenza. Ci si toglie un pezzo di vita e di presenza nella propria vita).

Qualunque cosa pur di trovare un motivo a quell'aver subito. Un motivo che permetta di prendersi, riappropriarsi dell'evento.
Solo che è un percorso al contrario.
Il subire viene visto e percepito come una colpa.
Come una mancanza. Come una inadeguatezza. Come una vergogna.

Mi spiego?

Affermare IO HO SUBITO, significa prima di tutto comprendere, in un discorso con se stesse che si è fatto tutto il possibile. Che non serviva dire più forte il no. Che non serviva correre più veloce. Difendersi con più aggressività.
E non perchè non serviva in senso stretto, ma perchè NON SI POTEVA. (è un discorso con i propri limiti sena renderli assoluti ed eterni ma collocandoli in un qui e ora. E senza, di contro, cercare fughe dai propri limiti. Accoglierli e abbracciarli in pace)

Se si fosse potuto, lo si sarebbe fatto. (ed è questo il primo grande dubbio....potevo e non ho fatto? Non sono stata capace? Forse in fondo in fondo sono stata io a essere carnefice di me stessa - avevo la minigonna per esempio -....guarda quante trappole in questi dubbi...tutta distruzione di sè ed evitamento di una cosa terrorizzante. Accettare che si può essere in impotenza e non è inadeguatezza, colpa o vergogna. E' una parte dell'essere.).

Significa accettare quella se stessa in quella condizione di quel momento.

A posteriori forse si sarebbe fatto diversamente, forse non si sarebbe andata in quel posto, forse si sarebbero tenute le chiavi in mano vicino alla porta di casa, forse le si sarebbe ficcate negli occhi, forse....mille forse del senno di poi.

Ma è senno di poi.
Ed è anche (fondamentalmente) evitamento dell'evento. O meglio, del dolore che quell'evento provoca se lo si ascolta.

Dell'aver subito. Del AVER DOVUTO SUBIRE. E serve il rinforzo AVER DOVUTO.
Perchè nel subire c'è l'implicito (del senno di poi) avresti potuto...

E buongiorno al cazzo.
A saperlo prima.
Se mi avessero mandato una raccomandata per avvertirmi. Una telefonata direttamente da dio magari. :D

In un processo quel che viene messo in dubbio è esattamente questo.
Dimostrami di aver davvero, di non aver potuto fare niente di diverso.

Non penso ci sia un processo che possa risarcire dai danni di uno stupro.

Esiste qualcosa o qualcuno che può risarcire di uno stupro?

Io, cercando vendetta, combattevo la mia impotenza. La negavo nella continua dimostrazione di potenza. Bella dinamichina :D
E mi sono sentita, in negazione, impotente nella potenza. Ogni dimostrazione di potenza mi portava all'impotenza. E' paradossale. Eppure lineare se ci si guarda. Se ho bisogno di dimostrare potenza, non sono potente. Ho bisogno di dimostrarlo. Ergo non ne sono certa. E sono invece certa del mio non esserlo. Quindi ho bisogno di produrre continuamente prove di essere potente per non essere impotente.

Quindi sì, l'impotenza, se negata, ce la si porta addosso. Come una schiavitù. Come una dipendenza.
Per non essere impotente, sono "costretta" a dimostrare potenza.

(una amica, per farti un esempio opposto, aveva assolutizzato la sua impotenza. L'aveva resa la sua "maschera" di fronte a se stessa. SE ne era appropriata. Stesso risultato, per vie diverse. E anche stesso obiettivo. Padroneggiare un qualcosa che non è padroneggiabile se non atttraverso l'accoglienza del limite).

Un procedimento penale è uno strumento. Non il fine, a mio parere.
E' uno strumento per non lasciare nel silenzio. Per affermare e rivendicare a testa alta di AVER SUBITO. Di aver DOVUTO ACCETTARE QUALCOSA DI INACCETTABILE.

cercare riparazione lì...io sono scettica.

Ma non so se ti ho risposto.
 
Ultima modifica:

Brunetta

Utente di lunga data
Resta il fatto che se io ho paura della reazione dell’altro e l’altro mi può ammazzare è meglio che scappo.
Dopo potrò scandagliare perché mi sono messa in una relazione disfunzionale e comprenderne dinamiche e responsabilità. Dopo. Dopo se sono ancora viva.
 

oriente70

Utente di lunga data
Ar cavaliere nero non je devi rompe se cazzo ... Regola semplice e lineare.
Il cavaliere può essere M o F
 

danny

Utente di lunga data
Una trentina di anni fa, un intellettuale famoso di cui non rivelo il nome perché mi renderebbe meno anonimo, strangolo' la moglie mentre le faceva un massaggio al collo.
L'autopsia stabili' che lei non oppose alcuna resistenza.
Nella sua autobiografia, pubblicata postuma, questo tipo si giustificava moralmente lasciando intendere che era stata lei a chiedergli, implicitamente, di ucciderla. I risultati dell'autopsia sembravano dare ragione di questa versione, ma l'opinione pubblica, soprattutto femminista, si scaglio' contro di lui dandogli essenzialmente del paraculo ed escludendo che lei potesse essere consenziente.
Recentemente, sono state ritrovate delle lettere di lei, in cui effettivamente manifestava il suo desiderio di farla finita, e e che aiutarla fosse proprio lui, il marito.
Come la vedete in questo caso?
Un omicidio è un omicidio PUNTO?
Beati voi che vedete tutto bianco o nero.
Stai argomentando sul piano giuridico o su quello etico?
Dal punto di vista personale, io comunque non aiuterei mai una persona che volesse morire.
Un individuo ridotto in quelle condizioni psicologiche è da aiutare, finché è possibile farlo.
 

Skorpio

Utente di lunga data
Resta il fatto che se io ho paura della reazione dell’altro e l’altro mi può ammazzare è meglio che scappo.
Dopo potrò scandagliare perché mi sono messa in una relazione disfunzionale e comprenderne dinamiche e responsabilità. Dopo. Dopo se sono ancora viva.
Si ma dopo quando?

Se sei in "relazione" disfunzionale ti ribecca anche dopo 6 mesi eh? Doppiamente inca

Ce lo dicono i fatti

Questo è il punto, non bisognerebbe scivolarci a quel PUNTO
 
Ultima modifica:

danny

Utente di lunga data
Resta il fatto che se io ho paura della reazione dell’altro e l’altro mi può ammazzare è meglio che scappo.
Dopo potrò scandagliare perché mi sono messa in una relazione disfunzionale e comprenderne dinamiche e responsabilità. Dopo. Dopo se sono ancora viva.
Assolutamente sì, se ti rendi conto di trovarti in una relazione disfunzionale che può mettere in pericolo la tua vita.
Un aiuto esterno è solitamente necessario.
Ieri sera stavo guardando "Colazione da Tiffany".
In poche parole la storia di uno gigolò che si innamora di una semi-escort psicopatica.
Al bacio finale sotto la pioggia tra i due ho pensato con terrore a come sarebbe evoluta nel tempo quella storia. Non ci ho visto nulla di romantico, come farebbe intuire la scena e non sono riuscito a far aderire i "Ti amo" di lui con il concetto di amore che io ho, vi ho visto solo il suo desiderio di possesso.
E ho pensato che lo sguardo esterno, disincantato, è necessario per scorgere certe dinamiche, ma anche che probabilmente nella valutazione di quella coppia ci ho messo molto del mio vissuto.
Ho intuito quindi una necessità - quello dello sguardo esterno, ma anche un limite dello stesso.
Non è un caso che quando inizia una storia d'amore ci si confidi agli amici per comprenderne i risvolti. Dentro una coppia si è parzialmente ciechi.
 

Foglia

utente viva e vegeta
E chi l'ha mai detto?

la mia domanda era un altro. La psicosi è stata una fatalità, una sfiga, oppure il frutto di un tuo percorso di vita?

E guarda che io non sto giudicando :)

Quanto all'infarto...scambi la colpa con la responsabilità.

La colpa è cercare il motivo (il colpevole) di un evento.

La responsabilità è l'accettazione delle proprie possibilità e impossibilità in quell'evento.

E ancora no. Il nesso di causa, in particolare in termini di interiorità e di relazionalità non esiste.

Non siamo esseri lineari.
Lo so che non stai "giudicando" .:) Ma hai una visione della compartecipazione alla violenza che non condivido affatto.

Il grassetto: credo un po' tutte e tre le cose insieme, unite ovviamente anche a me ed al mio "funzionamento".

Colpa o responsabilità, non credo faccia la differenza in questo specifico ambito. Non sempre si è responsabili per un infarto: ovvio.... Se poi lo stile di vita condotto è assolutamente dissoluto, entriamo in un altro discorso.

Normalmente se ho un raffreddore non vado a cercare "spiegazioni" che vadano al di là di me. Non mi metto certamente a indagare lo stato di salute del mio amico (magari più pirla di me :D) che mi ha "invogliata" a fare il bagno in mare a mezzanotte magari a fine settembre. Non so come dire.
Me ne frega assai poco della "dinamica", se non nella misura in cui serve a me capire eventualmente perché sono attratta da certe cose. O perché ci sono cascata. Ma non me ne fregherebbe nulla conoscere il "percorso" autonomo di uno stupratore. Se le tenesse, le sua "colpe". Non mi interessa capire se sono colpe o se sono malattie. Ma proprio chissenefrega :). Questo dico io.

Sul nesso di causa: non so cosa pensi che sia. Il nesso di causa (come anche è per uno dei presupposti per la sussistenza di un reato) si basa su FATTI. E io pure a quelli faccio riferimento.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Si fa x ragionare :)

Ma tu andavi a "caccia" di violenza (secondo me)

E non è un appunto. È proprio una cosa che risuonava in me.

Mica c'è nulla di male, ci vado pure io ogni tanto, pero lo so :)

Eh..... Boh. :)

Io se lo ho fatto, l'ho fatto in maniera del tutto incosciente. E può essere.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
la vedo che se ricevo una richiesta del genere dall' uomo che amo ( a meno che non sia a certi livelli di sofferenza fisica di malattie terminali...che è un altro discorso)
farò di tutto per fargli cambiare idea , a cominciare da robuste cure psicologiche e via dicendo.
ma ti pare normale esaudire una richiesta malsana di questo tipo ?
Erano entrambi in cura da decenni.
E non mi pare "normale", semplicemente succede e giudicare - sia nel senso morale che in quello giuridico - è operazione molto delicata, che deve tenere conto della dinamica (per dirla in termini ipaziani :))

Forse non è questione di vederla in B/N. E' chiaro che dietro l'amorevole marito si potrebbe nascondere il re dei paraculi, la legge persegue a prescindere, proprio perchè non le compete dare giudizi morali ma mettere in pratica quanto stabilito socialmente. Secondariamente capisco la confusione generata dai "pietosi assassini" ma onestamente ritengo che sia semplicemente una faccenda di valori prioritari e quello della vita per me (per me) è quello più importante, poi si potrebbere dibattere per mesi sulla sofferenza, sull' eutanasia sul volere personale, sull 'accanimento terapeutico etc, ma mi chiamo fuori, in tutta sincerità queste visioni dell'amore usato come alibi al proprio egoismo, una una clava per gettare l'acido in faccia agli altri o come simulacro, come idolo al quale tutto è concesso e tutto è permesso mi lascia piuttosto scettico. Le vere dimostrazioni di amore ed attaccamento per me sono altre, quello descritto assomiglia piuttosto ad un idolo arrogante e autoreferenziale.
Ma in linea di massima anche per me.
Solo che sento di avere anche altre forme di attaccamento, che voi definireste malate e che invece riconosco e cerco di gestirle e non mi ritengo per questo malato, cosi' come non lo ritengo malato quando lo vedo in altre relazioni.

Non si capisce mai se hai il gusto della provocazione o se credi nelle cose che scrivi.
Mi auguro e ti auguro il primo caso.
Ma io credo che quando si scrive lo si faccia sempre per provocare, se no a che serve? :)

Mi ritengo vittima di violenza ed abusi psicologici che consistono in una saltuaria ma puntuale denigrazione, di ripetuti svilimenti e dispezzo ma non posso concordare con te.

La violenza fisica è prettamente maschile, il danno che provoca va dal grave al gravissimo all'irreparabile ed è ovviamente quella che più di tutti colpisce per la gravità e per le conseguenze.

Quindi no, non siamo 'alla pari'.

La cosa grave è invece un'altra, e cioè che non si da il benchè minimo risalto a quell'altra specie di violenza, non meno infida ma dalle conseguenze invisibili, che è quella che ho descritto prima.
Premesso che sono d'accordo con Ipazia sulla necessità di uscire dalla logica della guerra tra i generi, credo che socialmente - quindi politicamente - la disparità consista proprio considerare le diverse forme di violenza come violenze di genere (gli uomini violenza fisica e le donne violenza psicologica) e porre quella fisica come forma più grave e pericolosa, a presciendere dal danno oggettivo provocato dalla violenza e dalla corresponsabilità di vittima e carnefice

solo una riflessione.

Anche in questo 3d, che ho letto velocemente emerge come prima istanza la guerra fra generi.

Sono più cattivi i maschi, sono più cattive le femmine.
E via discorrendo.

Nella mia parte emotiva quando legge che comunque non si riesce proprio ad uscire dalla dinamica secolare che caratterizza i rapporti maschio e femmina in una competizione da cui entrambi i generi escono completamente perdenti a tutti i livelli, mi vien veramente tristezza. E pena.

La violenza è una dinamica.
Anche quando il potere è completamente sbilanciato come nel caso di uno stupro.

Ed è una dinamica per il semplice motivo che coinvolge almeno due protagonisti.

Anche la vittima è una protagonista (per la puttana!) anche mentre subisce immobilizzata un cazzo che la sfonda.

E la dis-comunicazione riguardo la dinamica toglie dignità, in particolare alle vittime.
Ma anche ai carnefici.
La guerra di cui dicevo nutre la dinamica sociale, da una parte e dall'altra.

E della pietà a me non fotte un cazzo (sì, sì, qui parla solo la parte emotiva). Non è questione di pietà.

E' questione che fino a quando la vittima e il carnefice non sono due individui in relazione, seppur con potere sbilanciato a volte in modo assoluto fino alla negazione dell'altro (ma se lo nego, è lì), ma sono soltanto i ruoli di cui si investono (più o meno consensualmente) ogni discorso è sterile.

Finisce sempre e soltanto a cercare chi ha ragione.

Una delle mie reazioni dopo essere stata violentata è stata andare a parlare con gli stupratori.
Volevo sapere. Volevo capire. Quei mostri schifosi. E volevo farli a pezzi. Minuscoli, ma non abbastanza perchè non soffrissero.

E...sorpresa...mi sono trovata davanti delle persone. Come me.
Con un vissuto e una storia che li aveva condotti esattamente lì.

E adesso evitiamo perfavore di scambiare (come è storia di questo forum) il COMPRENDERE con il giustificare.
Uno uomo che si impone su una donna senza il suo consenso è una merda. E sta male. A molteplici livelli. IDem a generi inversi, ovviamente.

MA non è solo una merda. E' ben di più.

E questo è l'inghippo. Che è ben di più.
E' uno dei posti dove nasce la distorsione, il conflitto (di chi guarda cercando un riassunto) fra la parte e il tutto degli individui.
Che tiene legati vittima e carnefice a doppio filo. Catena. Anzi.
che non si può riassumere una persona in una definizione, morale fra l'altro.

Comodo dividere il mondo in buoni e cattivi. Alla fine.

Ma non porta a nulla.

Se non a ripetere un dialogo che violentemente parla di violenza.
E dico violentemente perchè quando le discussioni vertono sul cercare la ragione, la consensualità cade.
E dove cade la consensualità, si genera violenza.

Beh...non ha ragione nessuno.

E di sicuro non è una questione di genere.
MA di funzionamento di cognizione, emozione spiritualità in dialogo interno e consapevole a loro volta in comunicazione e inseriti in una realtà.

Mah...magari mi sono capita da sola. :D

In ogni caso....io sono una donna che sa essere molto violenta. E che al contempo ha subito violenza.
A volte andandola scientemente a cercare e provocare.
Non è mai mancata la risposta. E non ho mai mancato di rispondere.

Che cattiva :)
Ma anch'io volevo, a modo mio, introdurre il tema della dinamica, per spostare il discorso dal giudizio morale alla comprensione, dalla guerra dei generi alla dialettica relazionale, dalla responsabilità assoluta alla corresponsabilità, dalla mostrizzazione del carnefica alla disanima delle dinamica.
Certo io tendo a spararla grossa per smuovere le acque, tu tendi all'analisi dialettica, ma nella sostanza non siamo in disaccordo, credo

Stai argomentando sul piano giuridico o su quello etico?
Dal punto di vista personale, io comunque non aiuterei mai una persona che volesse morire.
Un individuo ridotto in quelle condizioni psicologiche è da aiutare, finché è possibile farlo.
Ragionavo sul piano etico. Anche se si sa che i due piani sono intrecciati.
Volevo soprattutto sottolineare la complessità del vissuto che porta a commettere un atto puntuale, che viene a mio avviso scorrettamente assolutizzato, astratto dal contesto, per additarlo come mostruoso, mentre invece è una delle mille uscite a forme di sofferenza che, in misura diversa, ci toccano tutte.
 
Strangolare una persona a mani nude non ha dietro nessuna dinamica possibile per chi è sano di mente.e non credo abbia senso trattare casi da psichiatria. E sono un po' stufa del solito giudizio del non giudizio. Qui non si fa altro, ognuno a suo modo , ognuno con la sua dose di egocompiacimenti.qui come ovunque
 
Ultima modifica:

spleen

utente ?
Ma in linea di massima anche per me. Solo che sento di avere anche altre forme di attaccamento, che voi definireste malate e che invece riconosco e cerco di gestirle e non mi ritengo per questo malato, cosi' come non lo ritengo malato quando lo vedo in altre relazioni. .
Poche persone che hanno una patologia comportamentale la riconoscono come tale, gli alberi si riconoscono chiaramente per i frutti che danno e non è che richiamere in causa una fantomatica complessità li faccia diventare meno velenosi.
 

spleen

utente ?
Strangolare una persona a mani nude non ha dietro nessuna dinamica possibile per chi è sano di mente.e non credo abbia senso trattare casi da psichiatria. E sono un po' stufa del solito giudizio del non giudizio. Qui non si fa altro, ognuno a suo modo , ognuno con la sua dose di egocompiacimenti.qui come ovunque
Ognuno a modo suo anche no per piacere.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Poche persone che hanno una patologia comportamentale la riconoscono come tale, gli alberi si riconoscono chiaramente per i frutti che danno e non è che richiamere in causa una fantomatica complessità li faccia diventare meno velenosi.

:up:
 

Foglia

utente viva e vegeta
Ognuno a modo suo anche no per piacere.


E bis :up:

Ci manca solo che mi debba "interessare" il patologico altrui, al di fuori ovviamente di quello che è il mio lavoro, o di quelle che posso sentire proprio come mie specifiche necessità.
 
Top