Segnali di pericolo

Mariben

Utente di lunga data
Una trentina di anni fa, un intellettuale famoso di cui non rivelo il nome perché mi renderebbe meno anonimo, strangolo' la moglie mentre le faceva un massaggio al collo.
L'autopsia stabili' che lei non oppose alcuna resistenza.
Nella sua autobiografia, pubblicata postuma, questo tipo si giustificava moralmente lasciando intendere che era stata lei a chiedergli, implicitamente, di ucciderla. I risultati dell'autopsia sembravano dare ragione di questa versione, ma l'opinione pubblica, soprattutto femminista, si scaglio' contro di lui dandogli essenzialmente del paraculo ed escludendo che lei potesse essere consenziente.
Recentemente, sono state ritrovate delle lettere di lei, in cui effettivamente manifestava il suo desiderio di farla finita, e e che aiutarla fosse proprio lui, il marito.
Come la vedete in questo caso?
Un omicidio è un omicidio PUNTO?
Beati voi che vedete tutto bianco o nero.

A meno che tu non sia il figlio di Althusser...;). non comprendo cosa ti renderebbe " meno anonimo".
Edit
All'epoca avevo 20 anni ed ero attratta , affascinata dai filosofi francesi .
Mi hai fatto ricordare il fatto e ricordo che non fu condannato perchè "irresponsabile" ma rinchiuso in una clinica psichiatrica. in breve la condanna ci fu.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
A meno che tu non sia il figlio di Althusser...;). non comprendo cosa ti renderebbe " meno anonimo".
Edit
All'epoca avevo 20 anni ed ero attratta , affascinata dai filosofi francesi .
Mi hai fatto ricordare il fatto e ricordo che non fu condannato perchè "irresponsabile" ma rinchiuso in una clinica psichiatrica. in breve la condanna ci fu.
Bravissima :) Più precisamente fu stabilito il "non luogo a procedere" a causa dei suoi problemi psichiatrici...
Erano entrambi in cura da oltre 30 anni, e consultavano lo stesso psicanalista :eek:
Sull'anonimato ti ho naturalmente risposto in privato ;)
 

Brunetta

Utente di lunga data
Assolutamente sì, se ti rendi conto di trovarti in una relazione disfunzionale che può mettere in pericolo la tua vita.
Un aiuto esterno è solitamente necessario.
Ieri sera stavo guardando "Colazione da Tiffany".
In poche parole la storia di uno gigolò che si innamora di una semi-escort psicopatica.
Al bacio finale sotto la pioggia tra i due ho pensato con terrore a come sarebbe evoluta nel tempo quella storia. Non ci ho visto nulla di romantico, come farebbe intuire la scena e non sono riuscito a far aderire i "Ti amo" di lui con il concetto di amore che io ho, vi ho visto solo il suo desiderio di possesso.
E ho pensato che lo sguardo esterno, disincantato, è necessario per scorgere certe dinamiche, ma anche che probabilmente nella valutazione di quella coppia ci ho messo molto del mio vissuto.
Ho intuito quindi una necessità - quello dello sguardo esterno, ma anche un limite dello stesso.
Non è un caso che quando inizia una storia d'amore ci si confidi agli amici per comprenderne i risvolti. Dentro una coppia si è parzialmente ciechi.
Erano entrambi in cura da decenni.
E non mi pare "normale", semplicemente succede e giudicare - sia nel senso morale che in quello giuridico - è operazione molto delicata, che deve tenere conto della dinamica (per dirla in termini ipaziani :))


Ma in linea di massima anche per me.
Solo che sento di avere anche altre forme di attaccamento, che voi definireste malate e che invece riconosco e cerco di gestirle e non mi ritengo per questo malato, cosi' come non lo ritengo malato quando lo vedo in altre relazioni.


Ma io credo che quando si scrive lo si faccia sempre per provocare, se no a che serve? :)


Premesso che sono d'accordo con Ipazia sulla necessità di uscire dalla logica della guerra tra i generi, credo che socialmente - quindi politicamente - la disparità consista proprio considerare le diverse forme di violenza come violenze di genere (gli uomini violenza fisica e le donne violenza psicologica) e porre quella fisica come forma più grave e pericolosa, a presciendere dal danno oggettivo provocato dalla violenza e dalla corresponsabilità di vittima e carnefice


Ma anch'io volevo, a modo mio, introdurre il tema della dinamica, per spostare il discorso dal giudizio morale alla comprensione, dalla guerra dei generi alla dialettica relazionale, dalla responsabilità assoluta alla corresponsabilità, dalla mostrizzazione del carnefica alla disanima delle dinamica.
Certo io tendo a spararla grossa per smuovere le acque, tu tendi all'analisi dialettica, ma nella sostanza non siamo in disaccordo, credo


Ragionavo sul piano etico. Anche se si sa che i due piani sono intrecciati.
Volevo soprattutto sottolineare la complessità del vissuto che porta a commettere un atto puntuale, che viene a mio avviso scorrettamente assolutizzato, astratto dal contesto, per additarlo come mostruoso, mentre invece è una delle mille uscite a forme di sofferenza che, in misura diversa, ci toccano tutte.
Ognuno tende ad assumere il proprio punto di vista.
Io non provoco. Anzi tendo a ignorare chi provoca.
Il ragazzetto trascurato che dall’ultimo banco disturba e tira palline non credo che debba avere costantemente risposta.
[MENTION=5392]danny[/MENTION] tu hai visto quello in Colazione da Tiffany.
Altri vedono altro.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
Ognuno tende ad assumere il proprio punto di vista.
Io non provoco. Anzi tendo a ignorare chi provoca.
Il ragazzetto trascurato che dall’ultimo banco disturba e tira palline non credo che debba avere costantemente risposta.
@danny tu hai visto quello in Colazione da Tiffany.
Altri vedono altro.
ovviamente per me la provocazione non è tirare palline, ma tentare di dare una lettura diversa da quella "naturale", anche a costo a volte di esagerare con i paradossi.
visto che ti capita di leggermi dovrebbe esserti evidente.
in realtà credo che siano spesso le tue di affermazioni, come quella che hai appena fatto, a non meritare risposta.
sei in malafede o sei davvero convinta che tiro palline e disturbo?
 

Brunetta

Utente di lunga data
ovviamente per me la provocazione non è tirare palline, ma tentare di dare una lettura diversa da quella "naturale", anche a costo a volte di esagerare con i paradossi.
visto che ti capita di leggermi dovrebbe esserti evidente.
in realtà credo che siano spesso le tue di affermazioni, come quella che hai appena fatto, a non meritare risposta.
sei in malafede o sei davvero convinta che tiro palline e disturbo?
Io apprezzo molto le letture divergenti.
Ma quando divergi per il gusto di divergere, non sei più interessante e diventi un tiratore di palline che richiede solo di essere guardato.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
Io apprezzo molto le letture divergenti.
Ma quando divergi per il gusto di divergere, non sei più interessante e diventi un tiratore di palline che richiede solo di essere guardato.
Beh ripeto, non credo che sia il mio caso.
Ma certo non bisogna mai considerare nessuno sulla base della coscienza che ha di se stesso - o per dirla più popolare, non siamo i migliori giudici di noi stessi.
Quindi potresti avere ragione.
Peccato che non lo creda per nulla :mexican:
 

Foglia

utente viva e vegeta
Beh ripeto, non credo che sia il mio caso.
Ma certo non bisogna mai considerare nessuno sulla base della coscienza che ha di se stesso - o per dirla più popolare, non siamo i migliori giudici di noi stessi.
Quindi potresti avere ragione.
Peccato che non lo creda per nulla :mexican:
Diciamo che c'è modo e modo anche di provocare.

E diciamo che scambiare certe proprie affermazioni per provocazioni, attribuendo ad altri una mentalità ristretta, e' una modalità comunicativa che non fa breccia neppure in me.

Senza polemica, basta saperlo.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Beh ripeto, non credo che sia il mio caso.
Ma certo non bisogna mai considerare nessuno sulla base della coscienza che ha di se stesso - o per dirla più popolare, non siamo i migliori giudici di noi stessi.
Quindi potresti avere ragione.
Peccato che non lo creda per nulla :mexican:
Fa parte della tua personalità.
 

Marjanna

Utente di lunga data
ovviamente per me la provocazione non è tirare palline, ma tentare di dare una lettura diversa da quella "naturale", anche a costo a volte di esagerare con i paradossi.
Io non ho colto il paradosso negli esempi da te portati (ma è possibile sia un mio limite).
E' come se per assurdo qualcuno dicesse: una famosa poetessa -non vi dico chi sia- è morta mettendo la testa nel forno, agli atti si è trattato di suicidio ma cosa esclude che l'abbia fatto perchè avesse freddo?
Quindi pongo il dubbio che un suicidio sia una morte accidentale.
Già nel momento che dico che parlo di Sylvia Plath le cose cambiano, forse la mia ipotesi che avesse freddo potrebbe essere discussa.

Non ho neppure capito perchè in un elenco di "segnali di pericolo" di un articolo rivolto a donne hai letto una negazione al riconoscimento che una violenza può essere subita anche da un uomo.
Potrebbe esserci un elenco di "segnali di pericolo" che indicano che un bambino sta subendo una violenza, se fosse rivolto al bambino alcuni punti potrebbero essere molto simili a quelli riportati, ad esempio avere paura della reazione di un genitore, avere paura che trovandosi vicino ad un genitore possa partire una sberla, avere paura di dire ad un genitore che qualcosa ti fa paura o ti turba, ect. questo non esclude che anche adulti possano subire violenza.
La tua reazione mi fa pensare che tu abbia subito una violenza da parte di una figura femminile e che non l'hai sentita riconosciuta come tale a causa del tuo sesso.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
Diciamo che c'è modo e modo anche di provocare.

E diciamo che scambiare certe proprie affermazioni per provocazioni, attribuendo ad altri una mentalità ristretta, e' una modalità comunicativa che non fa breccia neppure in me.

Senza polemica, basta saperlo.
Io non ho detto a nessuno che ha una mentalità ristretta.
Semplicemente, viste le reazioni a dir poco aggressive, ho detto che quando uno si allontana dalla ripetizione della banalità, viene aggredito come se avesse detto chissà che.
Quello che intendevo dire il mio commento su quel gesto l'ho detto, non era una pura provocazione e contiene un fondo di verità.
D'altra parte, per raddrizzare un bastone storto a destra, bisogna imprimere una grande forza a sinistra :)

Fa parte della tua personalità.
Al limite fa parte di cio' che tu credi di capire di me a partire da quello che scrivo qui.
E non ho mai cercato di attirare l'attenzione, in nessuno contesto, neanche qui.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
Io non ho colto il paradosso negli esempi da te portati (ma è possibile sia un mio limite).
E' come se per assurdo qualcuno dicesse: una famosa poetessa -non vi dico chi sia- è morta mettendo la testa nel forno, agli atti si è trattato di suicidio ma cosa esclude che l'abbia fatto perchè avesse freddo?
Quindi pongo il dubbio che un suicidio sia una morte accidentale.
Già nel momento che dico che parlo di Sylvia Plath le cose cambiano, forse la mia ipotesi che avesse freddo potrebbe essere discussa.

Non ho neppure capito perchè in un elenco di "segnali di pericolo" di un articolo rivolto a donne hai letto una negazione al riconoscimento che una violenza può essere subita anche da un uomo.
Potrebbe esserci un elenco di "segnali di pericolo" che indicano che un bambino sta subendo una violenza, se fosse rivolto al bambino alcuni punti potrebbero essere molto simili a quelli riportati, ad esempio avere paura della reazione di un genitore, avere paura che trovandosi vicino ad un genitore possa partire una sberla, avere paura di dire ad un genitore che qualcosa ti fa paura o ti turba, ect. questo non esclude che anche adulti possano subire violenza.
La tua reazione mi fa pensare che tu abbia subito una violenza da parte di una figura femminile e che non l'hai sentita riconosciuta come tale a causa del tuo sesso.
Grassetto: verissimo.
Cio' non toglie che quando si parla di violenza : 1. si ritiene più grave quella fisica 2. si ritiene che sia rivolta soprattutto contro le donne. E il femminile dell'articolo me l'ha ricordato.
Il resto: loro si riferivano alla mia "ammirazione" per una ragazza che, dopo essere stata letteralmente bruciata dal ragazzo, ha dichiarato pubblicamente di essere corresponsabile e che nella loro coppia c'era una dinamica che non puo' essere liquidata con un'accusa di tentato omicidio.
Ribadisco che anche episodi criminali all'interno di una relazione sono il frutto di una dinamica di coppia della quale sono sempre entrambi corresponsabili, e che la vittima se ne renda conto e lo rivendichi mi sembra qualcosa di positivo.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Io non ho detto a nessuno che ha una mentalità ristretta.
Semplicemente, viste le reazioni a dir poco aggressive, ho detto che quando uno si allontana dalla ripetizione della banalità, viene aggredito come se avesse detto chissà che.
Quello che intendevo dire il mio commento su quel gesto l'ho detto, non era una pura provocazione e contiene un fondo di verità.
D'altra parte, per raddrizzare un bastone storto a destra, bisogna imprimere una grande forza a sinistra :)


Al limite fa parte di cio' che tu credi di capire di me a partire da quello che scrivo qui.
E non ho mai cercato di attirare l'attenzione, in nessuno contesto, neanche qui.
Si stava parlando della tua AMMIRAZIONE per una ragazza che aveva accondisceso a che le fosse stato versato dell'acido in faccia.

Scusa se ti sei sentito aggredito, in realtà ero solamente sbigottita.

Sul bastone storto e sulla forza a contrario no comment. Sbigottita bis, anzi, ma il mondo è sempre bello perché vario.
 

Marjanna

Utente di lunga data
Grassetto: verissimo.
Cio' non toglie che quando si parla di violenza : 1. si ritiene più grave quella fisica 2. si ritiene che sia rivolta soprattutto contro le donne. E il femminile dell'articolo me l'ha ricordato.
Il resto: loro si riferivano alla mia "ammirazione" per una ragazza che, dopo essere stata letteralmente bruciata dal ragazzo, ha dichiarato pubblicamente di essere corresponsabile e che nella loro coppia c'era una dinamica che non puo' essere liquidata con un'accusa di tentato omicidio.
Ribadisco che anche episodi criminali all'interno di una relazione sono il frutto di una dinamica di coppia della quale sono sempre entrambi corresponsabili, e che la vittima se ne renda conto e lo rivendichi mi sembra qualcosa di positivo.
Ok. Intanto mi colpisce come tu per primo "minimizzi" la tua violenza: 1 riga, poi poco importa parliamo del resto. Mi colpisce la tua riga rispetto al post di Ipazia (IO HO SUBITO) e mi colpisce come hai portato il centro della discussione citando comportamenti -messi in atto da un uomo rispetto ad una donna- punibili penalmente (un omicidio per strangolamento e una ragazza a cui è stato dato fuoco) come stendardo della violenza contro l'uomo.
Nessuno nega che esista una violenza verso il genere maschile, e che di questo si parli ancora poco, dando per scontato l'uomo come sesso forte, e che mostrarsi "abusati" per un uomo non sia facile (anche verso altri uomini) e che si possa venire tacciati come poco virili.
Dietro i due volti della violenza ci sono anni e anni di storia. La violenza verso le donne (il suo non riconoscimento ad essere esseri senzienti, che è la base del specismo) è ancora attuale in molte parti del mondo (mi vengono subito in mente India, Arabia Saudita...), ma ugualmente lo è quella verso l'uomo, più silente e anche ridicolizzata probabilmente dato che l'uomo deve essere virile. Si parla più spesso di violenza contro gli omosessuali, anche questa violenza è presente con cose truci in molte parti del mondo ancora oggi.
La chiave non credo sia in una guerra in chi ha subito di più o meno, ma proprio in quel IO HO SUBITO, citando Ipazia.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Lo so che non stai "giudicando" .:) Ma hai una visione della compartecipazione alla violenza che non condivido affatto.

Il grassetto: credo un po' tutte e tre le cose insieme, unite ovviamente anche a me ed al mio "funzionamento".

Colpa o responsabilità, non credo faccia la differenza in questo specifico ambito. Non sempre si è responsabili per un infarto: ovvio.... Se poi lo stile di vita condotto è assolutamente dissoluto, entriamo in un altro discorso.

Normalmente se ho un raffreddore non vado a cercare "spiegazioni" che vadano al di là di me. Non mi metto certamente a indagare lo stato di salute del mio amico (magari più pirla di me :D) che mi ha "invogliata" a fare il bagno in mare a mezzanotte magari a fine settembre. Non so come dire.
Me ne frega assai poco della "dinamica", se non nella misura in cui serve a me capire eventualmente perché sono attratta da certe cose. O perché ci sono cascata. Ma non me ne fregherebbe nulla conoscere il "percorso" autonomo di uno stupratore. Se le tenesse, le sua "colpe". Non mi interessa capire se sono colpe o se sono malattie. Ma proprio chissenefrega :). Questo dico io.

Sul nesso di causa: non so cosa pensi che sia. Il nesso di causa (come anche è per uno dei presupposti per la sussistenza di un reato) si basa su FATTI. E io pure a quelli faccio riferimento.
E' interessante come il linguaggio, e i significati siano importanti :)

Unito a questo è altrettanto importante l'elaborazione del vissuto.

Vedi, tu comprendi (nel senso di includi) l'idea della sfiga, della sfortuna. (idee prettamente umane e legate all'umano).
A me non interessano. Non sono mai stata interessata alla sfiga o alla sfortuna.

Sono sempre stata interessata al Fato invece. E a come l'umano si relaziona al Fato.
La collocazione dell'umano nell'ordine delle cose.

Scientificamente parlando....siamo importanti come le formiche che schiacciamo incuranti mentre camminiamo per la strada. Il nostro tempo è millesimale rispetto al tempo universale.
La fortuna o la sfortuna sono parametri del tempo umano. Ossia micro secondi rispetto all'universo.

Cosa è la sfiga?
E' un avvenimento contrario alle aspettative e alla propria definizione di fortuna.

Ma.

E' collocato in un tempo specifico (brevissimo) e in uno spazio (infineitesimale rispetto al tutto)
Certo, se il mio sguardo è ancorato alle aspettative e alla contemporaneità la sfiga parrebbe esistere.
SE lo sguardo si apre e prova ad abbracciare non dico qualcosa di più dell'umano, ma la comprensione del fatto che anche solo una vita umana è ben di più di una somma di fatti e che ogni fatto ha un suo preciso posizionamento in quella vita cade l'idea di sfiga o fortuna.
Sono eventi.
Descrivibili, ma parzialmente. (la loro descrizione dipende dall'osservatore e dalla sua posizione rispetto all'osservato).
La loro classificazione in positivo negativo, in sfiga o fortuna è una operazione astratta e relativa. Fortemente condizionata dall'interpretazione soggettiva che a sua volta è condizionata a livello storico, sociale, culturale.


La responsabilità, che è a mio parere invece una variabile interessante dal punto di vista della funzionalità dell'individuo nel suo tempo e nel suo spaio (suo inteso come relativo) riguarda il come li si accoglie e il come ce ne si prende cura, avendo cura di se stessi in quegli eventi. E l'accettazione nasce qui. (quindi quando parlo di accettazione non penso minimamente al significato cattolico del "me l'ha mandato dio" e non posso che o sotto-mettermi supinamente - non passivamente- o combattere)

E certo che quando vinci al superenalotto accogli a braccia aperte :D

La serenità però deriva dal saper accogliere (aver cura di sè in quel particolare evento, collocandolo e collocandosi nel Divenire -e quindi oltre la contemporaneità-) un evento spiacevole o meglio, non desiderato.

Certo è che se il tuo ragionamento è basato sul fatto che le cose non ti piacciono sono sfighe, e quelle che ti piacciono sono fortune (e a questo si lega l'idea di colpa, punizione e castigo prettamente cattolica con il sacrificio riparatore) il discorso lo possiamo semplicemente chiudere qui.

Perchè è evidente che la com-partecipazione di cui parlo (partecipare ad un evento anche se spiacevole - ossia non rifiutarlo nella serie di eventi di una vita, non assolutizzarlo e nemmeno annullarlo, e soprattutto non dargli una connotazione moralistica ma anzi, starci dentro il più pienamente possibile assumendosi la responsabilità di se stessi in quell'evento e la propria cura senza delega a dio, la politica, all'idea di quel che si vuole ) non è visibile. :)

E va bene così.

Ma.
Giusto perchè le parole hanno significati ben precisi.

Dinamica, partendo dal significato scientifico a cui si sono rifatte le scienze umane ovviamente declinando, è quel ramo della meccanica che si occupa di studiare il moto dei corpi e le sue cause, ovvero, in termini concreti, lo studio delle circostanze che determinano e modificano il moto stesso.
Declinarlo in termini umani, liberandosi dagli influssi dello scorso millennio, significa innanzitutto considerare l'essere umano come non assolutamente determinabile e non circoscrivibile in un movimento lineare.

Causa quindi non è un concetto di linearità (da A a B) ma è semplicemente l'insieme delle circostanze (individuali, relazionali, sociali, culturali, storiche) che sono concorrenti all'emersione di un determinato fenomeno (dinamica, ossia variazione di un moto).

Quindi com-prendere, pulito dal giustizialismo (che porta per direttissima alla giustificazione) significa osservare come i corpi si modificano nel loro moto ed in particolare come la loro interazione modifica i moti di ognuno e di entrambi, circolarmente.

Come su una scacchiera in cui ogni pedina ha una sua posizione si assoluta (l'afiere è e resta un alfiere) ma ne ha anche una relativa rispetto alle altre pedine e la modificazione della posizione di una pedina modifica lo schema di tutta la scacchiera.

Quindi mi hai frainteso pensando che io parlassi di comprensione paternalistica (comprendere il percorso per trovarci dentro motivazioni che tolgano la banalità del male) di chi agisce violenza.

E qui si potrebbe aprire un infinito OT sul perdono che implicitamente o meno sembra direttamente discendere dalla comprensione. Io non perdono e non concepisco il perdono. Anzi, rivolto ad altri, è per me una delle forme meglio articolate dell'arroganza e della supponenza. Oltre che dell'ipocrisia del perbenismo. Forse la peggior dipendenza dal giudizio sociale introiettato nei secoli cattolici. (insieme al sacrificio, svuotato completamente del suo senso originario...render sacro. Dare sacralità.)
Io per esempio col cazzo che perdono chi mi ha violentata. Senza rancore.
Ho perdonato me in quella situazione, però. Ed è qui la pace.
L'inclusione della mia presenza (com-partecipazione) in un evento orrendo. Che non volevo e che ho subito. Impotente. Ma presente.

A me interessa, ed è sempre interessato, comprendere la scacchiera in cui la violenza prende forma e forza.
Quella scacchiera in cui la violenza da ombra nascosta diviene carne e agito.
E quali sono le mosse delle pedine. Tutte. Perchè servono tutte per la partita.
SEnza una vittima, quella scacchiera non esiste. Come non esiste senza un carnefice.
E i moti dell'uno modificano lo schema della scacchiera per entrambi e vivendevolmente.

Poi, solo poi, è possibile comprendere il perchè ci si è finiti su quella scacchiera. (ma di solito, dei perchè a questo punto frega più un cazzo. Contano i come e i cosa).

Ma i perchè hanno il brutto vizio di contenere una giustificazione che da un lato divide il mondo in buoni e cattivi (e questo esiste nelle favole per i bambini, è una semplificazione. In ognuno di noi esistono le ombre. E ognuno di noi, messo nella giusta situazione è in grado di farle emergere ed agire...) e dall'altro permette il permanere di se stessi in una zona di confort (che di solito è nella barricata dei buoni. Dei motivati da. Degli assolti).

A me quindi interessano molto poco i perchè. Pur non riuscendo ancora a distaccarmene del tutto. Ma lo so che è una trappola, il perchè. In particolare se riguarda me.
Come mi interessa niente della pietà, della colpa o dell'assoluzione.
Non ho mai pensato che esistesse una qualche forma di giustizia.

Ho sempre pensato che esistesse la responsabilità della cura di se stessi nella scacchiera in cui ci si trova.

E continuo a pensare che sia l'unico spazio di libertà per l'uomo.

Per quanto l'uomo continui a credere di avere chissà quale potere sulla propria vita e sulla realtà in cui è.

Mi fa anche ridacchiare...la parte che vuol dipingere il tutto :D
 
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Irrisoluto

Utente di lunga data
Ok. Intanto mi colpisce come tu per primo "minimizzi" la tua violenza: 1 riga, poi poco importa parliamo del resto. Mi colpisce la tua riga rispetto al post di Ipazia (IO HO SUBITO) e mi colpisce come hai portato il centro della discussione citando comportamenti -messi in atto da un uomo rispetto ad una donna- punibili penalmente (un omicidio per strangolamento e una ragazza a cui è stato dato fuoco) come stendardo della violenza contro l'uomo.
Nessuno nega che esista una violenza verso il genere maschile, e che di questo si parli ancora poco, dando per scontato l'uomo come sesso forte, e che mostrarsi "abusati" per un uomo non sia facile (anche verso altri uomini) e che si possa venire tacciati come poco virili.
Dietro i due volti della violenza ci sono anni e anni di storia. La violenza verso le donne (il suo non riconoscimento ad essere esseri senzienti, che è la base del specismo) è ancora attuale in molte parti del mondo (mi vengono subito in mente India, Arabia Saudita...), ma ugualmente lo è quella verso l'uomo, più silente e anche ridicolizzata probabilmente dato che l'uomo deve essere virile. Si parla più spesso di violenza contro gli omosessuali, anche questa violenza è presente con cose truci in molte parti del mondo ancora oggi.
La chiave non credo sia in una guerra in chi ha subito di più o meno, ma proprio in quel IO HO SUBITO, citando Ipazia.
Non ho alcun problema a riconoscere la violenza in me: certo l'ho subita, ma l'ho anche provocata e in ogni caso l'ho integrata alla relazione, l'ho accettata come una componente del rapporto e l'ho coltivata - certo in modo inconscio - cosi' come ho coltivato l'amore.
Ma certo, immagino che voi siate del tutto immuni da queste brutture e guardiate con ribrezzo questa marmaglia di disadattati che vengono qui a esporre il proprio lato oscuro con la speranza che qualcuno abbia il coraggio di riconoscervisi almeno in parte :cool:

Si stava parlando della tua AMMIRAZIONE per una ragazza che aveva accondisceso a che le fosse stato versato dell'acido in faccia.

Scusa se ti sei sentito aggredito, in realtà ero solamente sbigottita.

Sul bastone storto e sulla forza a contrario no comment. Sbigottita bis, anzi, ma il mondo è sempre bello perché vario.
La mia ammirazione - termine questo sì, scelto per provocare - non andava alla sua accondiscendenza (che tra l'altro non c'è stata) ma al suo riconoscere l'ingiustizia di quello che si profilava: da una parte il mostro, che dal nulla preso da un raptus omicida le ha dato fuoco, e dall'altro la povera vittima innocente che è stata sorpresa nel cuore della notte per essere bruciata senza ragione e senza pietà dall'uomo che ha amato improvvisamente trasformatosi in killer folle e disumano. Ha rifiutato questa che sarebbe stata - e d'altronde è stata - la visione ufficiale per attirare l'attenzione sulla sua responsabilità, sulla sua complicità in un gioco di potere del quale teneva LEI le redini. Era lei che lo vessava, che lo lasciava, che lo tradiva. Il che NON GIUSTIFICA l'atto ovviamente, ma lo inserisce all'interno di un gioco, perverso quanto vuoi , ma del quale LEI PER PRIMA accettava le regole.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ma anch'io volevo, a modo mio, introdurre il tema della dinamica, per spostare il discorso dal giudizio morale alla comprensione, dalla guerra dei generi alla dialettica relazionale, dalla responsabilità assoluta alla corresponsabilità, dalla mostrizzazione del carnefica alla disanima delle dinamica.
Certo io tendo a spararla grossa per smuovere le acque, tu tendi all'analisi dialettica, ma nella sostanza non siamo in disaccordo, credo
Quando ti leggo ho la sensazione, ma potrei benissimo sbagliare, che "corresponsibilità" tu lo intenda in un "dividiamoci le colpe".
Creando di conseguenza la dinamica per cui le "colpe" dell'uno diventano non solo giustificazione ma amplificatore confermante di quelle dell'altro. Come se messe insieme rendessero più accettabile la loro esistenza.

E questo è un discorso a specchio rispetto a quello che sto facendo io.

Ma forse sto intendendo male.

Io per com-partecipazione intendo essere entrambi presenti sulla scacchiera che citavo nel post con foglia, ognuno responsabile per sè e responsabile della cura di sè.

E nella cura di sè io ci inserisco anche i "permessi" che si concedono all'altro. (ed è qui che si apre la relatività rispetto all'altro).
In nome, tendenzialmente, dell'amore e compagnia cantante. Visto che stiamo parlando di dinamiche di coppia.

E mi fa strano che tu dica di concordare con me. La dinamica riguarda le variazioni dei moti dei due corpi individualizzati, ognun per se stesso prima di tutto e poi in interazione. Proprio perchè la dinamica descrive le variazioni del moto di ognuno e come si influenzano reciprocamente. :)

Concretamente: in una dinamica vittima carnefice io affermo il mio ruolo di vittima non per rotolarmici dentro o per trovare spiegazioni agli agiti dell'altro. Ma per imparare a non rimettermici dentro in quella dinamica.
Questo mio riconoscimento non toglie l'assoluta responsabilità della azioni di ognuno.

Ergo, se io sono una provocatrice e tu mi pianti in faccia, non è che il mio essere stata provocatrice ti assolve in un qualche modo.
Io mi assumo il mio essere provocatrice e tu un picchiatore.

Ognuno, di per sè ha le sue responsabilità.

LA dinamica la osservo per impararmi, per non ritrovarmi nelle stesse condizioni o per non finire per evitare le situazioni di coppia perchè il timore di non sapermi gestire (e quindi non saper decidere responsabilmente i permessi da accordare all'altro nella relazione con me) è troppo alto.

L'osservazione della dinamica dovrebbe servire per imparare.

La mia sottolineatura riguarda il fatto che invece non solo non si osserva la dinamica, ma si prosegue esattamente la stessa dinamica del potere che compone la struttura del potere nella dinamica vittima carnefice.

Dal potere...si gira attentamente a largo.
 
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Marjanna

Utente di lunga data
Non ho alcun problema a riconoscere la violenza in me: certo l'ho subita, ma l'ho anche provocata e in ogni caso l'ho integrata alla relazione, l'ho accettata come una componente del rapporto e l'ho coltivata - certo in modo inconscio - cosi' come ho coltivato l'amore.
Ma certo, immagino che voi siate del tutto immuni da queste brutture e guardiate con ribrezzo questa marmaglia di disadattati che vengono qui a esporre il proprio lato oscuro con la speranza che qualcuno abbia il coraggio di riconoscervisi almeno in parte :cool:
Voi non so. Io per me ti dico che non sono priva di lati oscuri. Ne sono immune alle brutture che possono aver colpito te (la marmaglia non ho presente chi sia, ho letto le storie di alcuni utenti e le prendo come storie personali, senza farne una marmaglia). Ciò che tu descrivi io l'ho vissuto da figlia, senza averne una vera comprensione per moltissimi anni, subendo in un certo senso un abuso dalla parte che ritenevo abusata (mia madre), che credevo di dover proteggere mentre entravo in gioco solo come pedina. Solo ora che sono anziani è palese ai miei occhi questo meccanismo, e quanto mio padre soffra profondamente di fronte alle affermazioni di lei, di come si faccia manovrare anche da sensi di colpa che anche se sollecitati poi si crea da solo (e si rincuora col paradiso meritato). E ora capita gli si parli, e siamo in due figli, perchè vediamo che veramente va dietro e sta male per cose assurde, lui un poco si sente confortato ma il giorno dopo cade nelle stesse dinamiche. Percui lunghi da me dire che un uomo in una relazione non può subire violenza, e consentimi di dire che in questo tipo di relazioni se ci sono figli in mezzo ci vengono trascinati dentro.

EDIT: però quando la violenza porta a lesioni fisiche, a volti sfigurati dall'acido, si è proprio varcato un confine. Questo confine viene punito perchè la nostra comunità ha deciso che cosi deve essere. Che vi sia dietro un percorso in tal senso, per arrivare al confine, neppure lo nego. Personalmente nutro un certo riguardo per chi mi dice di aver ucciso un animale quando l'uccisione è avvenuta in "senso sportivo" guardando negli occhi l'animale morire (credo che questo sia una confine, per quanto storicamente sia qualcosa che ha permesso la vita alla nostra specie), anche se pure in tal senso faccio delle divisioni. Per i topi ad esempio si usa il veleno, gli provoca una morta lenta, dolorosa, spesso lontana e invisibile, a cui possono seguire altre morti (quella di un rapace che lo preda ad esempio). Un mio vicino li cattura con le trappole "prendi e rilascia", solo che poi non li rilascia e gli spara un colpo al cervello. Questo metodo è in realtà più "compassionevole" del primo.
 
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danny

Utente di lunga data
Grassetto: verissimo.

Ribadisco che anche episodi criminali all'interno di una relazione sono il frutto di una dinamica di coppia della quale sono sempre entrambi corresponsabili, e che la vittima se ne renda conto e lo rivendichi mi sembra qualcosa di positivo.
E' positivo nel momento in cui la vittima vuole liberarsi dell'oppressore, mentre nella storia che hai raccontato la mia percezione è che fosse esattamente il contrario
 

spleen

utente ?
La mia ammirazione - termine questo sì, scelto per provocare - non andava alla sua accondiscendenza (che tra l'altro non c'è stata) ma al suo riconoscere l'ingiustizia di quello che si profilava: da una parte il mostro, che dal nulla preso da un raptus omicida le ha dato fuoco, e dall'altro la povera vittima innocente che è stata sorpresa nel cuore della notte per essere bruciata senza ragione e senza pietà dall'uomo che ha amato improvvisamente trasformatosi in killer folle e disumano. Ha rifiutato questa che sarebbe stata - e d'altronde è stata - la visione ufficiale per attirare l'attenzione sulla sua responsabilità, sulla sua complicità in un gioco di potere del quale teneva LEI le redini. Era lei che lo vessava, che lo lasciava, che lo tradiva. Il che NON GIUSTIFICA l'atto ovviamente, ma lo inserisce all'interno di un gioco, perverso quanto vuoi , ma del quale LEI PER PRIMA accettava le regole.
Qualsiasi lettura "diversa" da quella che tu consideri appiattita e banale si dovrebbe basare su degli assunti e delle conclusioni, in modo di gettare nuova luce di verità su di un fatto o su di un rapporto. Lasciamo stare le considerazioni di carattere etico per un momento, a me sfugge totalmente l'ombra di verità che il fatto dovrebbe rivelare. Cosa hai scoperto in sostanza da questo fatto? Quali sono le conclusioni che hai maturato? Cosa c'è da capire da questa vicenda? Che gli esseri umani sono complessi? Che la violenza pervade il genere umano? Guarda che già certe dinamiche si sanno e sono note. O a te in fondo preme rendere eticamente accettabili certi comportamenti? E allora in pratica il tuo è un discorso moralista al contrario, uguale ed opposto a quello di quelli che dici di essere appiattiti. Spiega.
 

Foglia

utente viva e vegeta
E' interessante come il linguaggio, e i significati siano importanti :)

Unito a questo è altrettanto importante l'elaborazione del vissuto.

Vedi, tu comprendi (nel senso di includi) l'idea della sfiga, della sfortuna. (idee prettamente umane e legate all'umano).
A me non interessano. Non sono mai stata interessata alla sfiga o alla sfortuna.

Sono sempre stata interessata al Fato invece. E a come l'umano si relaziona al Fato.
La collocazione dell'umano nell'ordine delle cose.

Scientificamente parlando....siamo importanti come le formiche che schiacciamo incuranti mentre camminiamo per la strada. Il nostro tempo è millesimale rispetto al tempo universale.
La fortuna o la sfortuna sono parametri del tempo umano. Ossia micro secondi rispetto all'universo.

Cosa è la sfiga?
E' un avvenimento contrario alle aspettative e alla propria definizione di fortuna.

Ma.

E' collocato in un tempo specifico (brevissimo) e in uno spazio (infineitesimale rispetto al tutto)
Certo, se il mio sguardo è ancorato alle aspettative e alla contemporaneità la sfiga parrebbe esistere.
SE lo sguardo si apre e prova ad abbracciare non dico qualcosa di più dell'umano, ma la comprensione del fatto che anche solo una vita umana è ben di più di una somma di fatti e che ogni fatto ha un suo preciso posizionamento in quella vita cade l'idea di sfiga o fortuna.
Sono eventi.
Descrivibili, ma parzialmente. (la loro descrizione dipende dall'osservatore e dalla sua posizione rispetto all'osservato).
La loro classificazione in positivo negativo, in sfiga o fortuna è una operazione astratta e relativa. Fortemente condizionata dall'interpretazione soggettiva che a sua volta è condizionata a livello storico, sociale, culturale.


La responsabilità, che è a mio parere invece una variabile interessante dal punto di vista della funzionalità dell'individuo nel suo tempo e nel suo spaio (suo inteso come relativo) riguarda il come li si accoglie e il come ce ne si prende cura, avendo cura di se stessi in quegli eventi. E l'accettazione nasce qui. (quindi quando parlo di accettazione non penso minimamente al significato cattolico del "me l'ha mandato dio" e non posso che o sotto-mettermi supinamente - non passivamente- o combattere)

E certo che quando vinci al superenalotto accogli a braccia aperte :D

La serenità però deriva dal saper accogliere (aver cura di sè in quel particolare evento, collocandolo e collocandosi nel Divenire -e quindi oltre la contemporaneità-) un evento spiacevole o meglio, non desiderato.

Certo è che se il tuo ragionamento è basato sul fatto che le cose non ti piacciono sono sfighe, e quelle che ti piacciono sono fortune (e a questo si lega l'idea di colpa, punizione e castigo prettamente cattolica con il sacrificio riparatore) il discorso lo possiamo semplicemente chiudere qui.

Perchè è evidente che la com-partecipazione di cui parlo (partecipare ad un evento anche se spiacevole - ossia non rifiutarlo nella serie di eventi di una vita, non assolutizzarlo e nemmeno annullarlo, e soprattutto non dargli una connotazione moralistica ma anzi, starci dentro il più pienamente possibile assumendosi la responsabilità di se stessi in quell'evento e la propria cura senza delega a dio, la politica, all'idea di quel che si vuole ) non è visibile. :)

E va bene così.

Ma.
Giusto perchè le parole hanno significati ben precisi.

Dinamica, partendo dal significato scientifico a cui si sono rifatte le scienze umane ovviamente declinando, è quel ramo della meccanica che si occupa di studiare il moto dei corpi e le sue cause, ovvero, in termini concreti, lo studio delle circostanze che determinano e modificano il moto stesso.
Declinarlo in termini umani, liberandosi dagli influssi dello scorso millennio, significa innanzitutto considerare l'essere umano come non assolutamente determinabile e non circoscrivibile in un movimento lineare.

Causa quindi non è un concetto di linearità (da A a B) ma è semplicemente l'insieme delle circostanze (individuali, relazionali, sociali, culturali, storiche) che sono concorrenti all'emersione di un determinato fenomeno (dinamica, ossia variazione di un moto).

Quindi com-prendere, pulito dal giustizialismo (che porta per direttissima alla giustificazione) significa osservare come i corpi si modificano nel loro moto ed in particolare come la loro interazione modifica i moti di ognuno e di entrambi, circolarmente.

Come su una scacchiera in cui ogni pedina ha una sua posizione si assoluta (l'afiere è e resta un alfiere) ma ne ha anche una relativa rispetto alle altre pedine e la modificazione della posizione di una pedina modifica lo schema di tutta la scacchiera.

Quindi mi hai frainteso pensando che io parlassi di comprensione paternalistica (comprendere il percorso per trovarci dentro motivazioni che tolgano la banalità del male) di chi agisce violenza.

E qui si potrebbe aprire un infinito OT sul perdono che implicitamente o meno sembra direttamente discendere dalla comprensione. Io non perdono e non concepisco il perdono. Anzi, rivolto ad altri, è per me una delle forme meglio articolate dell'arroganza e della supponenza. Oltre che dell'ipocrisia del perbenismo. Forse la peggior dipendenza dal giudizio sociale introiettato nei secoli cattolici. (insieme al sacrificio, svuotato completamente del suo senso originario...render sacro. Dare sacralità.)
Io per esempio col cazzo che perdono chi mi ha violentata. Senza rancore.
Ho perdonato me in quella situazione, però. Ed è qui la pace.
L'inclusione della mia presenza (com-partecipazione) in un evento orrendo. Che non volevo e che ho subito. Impotente. Ma presente.

A me interessa, ed è sempre interessato, comprendere la scacchiera in cui la violenza prende forma e forza.
Quella scacchiera in cui la violenza da ombra nascosta diviene carne e agito.
E quali sono le mosse delle pedine. Tutte. Perchè servono tutte per la partita.
SEnza una vittima, quella scacchiera non esiste. Come non esiste senza un carnefice.
E i moti dell'uno modificano lo schema della scacchiera per entrambi e vivendevolmente.

Poi, solo poi, è possibile comprendere il perchè ci si è finiti su quella scacchiera. (ma di solito, dei perchè a questo punto frega più un cazzo. Contano i come e i cosa).

Ma i perchè hanno il brutto vizio di contenere una giustificazione che da un lato divide il mondo in buoni e cattivi (e questo esiste nelle favole per i bambini, è una semplificazione. In ognuno di noi esistono le ombre. E ognuno di noi, messo nella giusta situazione è in grado di farle emergere ed agire...) e dall'altro permette il permanere di se stessi in una zona di confort (che di solito è nella barricata dei buoni. Dei motivati da. Degli assolti).

A me quindi interessano molto poco i perchè. Pur non riuscendo ancora a distaccarmene del tutto. Ma lo so che è una trappola, il perchè. In particolare se riguarda me.
Come mi interessa niente della pietà, della colpa o dell'assoluzione.
Non ho mai pensato che esistesse una qualche forma di giustizia.

Ho sempre pensato che esistesse la responsabilità della cura di se stessi nella scacchiera in cui ci si trova.

E continuo a pensare che sia l'unico spazio di libertà per l'uomo.

Per quanto l'uomo continui a credere di avere chissà quale potere sulla propria vita e sulla realtà in cui è.

Mi fa anche ridacchiare...la parte che vuol dipingere il tutto :D

Ho letto tutto.
Ho bisogno di tempo e calma, per risponderti. Tempo, e calma :)
 
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