Stavolta non mi va di rispondere singolarmente ad ognuno, come faccio sempre per rispetto nei confronti di chi ha comunque speso del tempo a scrivermi.
Sicuramente sono io che non so dialogare ed è vero che mi capita anche nella vita reale di suscitare queste reazioni.
Ci tengo solo a precisare alcune cose, più per me stesso che per voi, che in ogni caso vi siete fatti una vostra idea e figuriamoci se potreste mai cambiarla...e soprattutto avete le vostre idee, i vostri tabù inamovibili, i vostri sacri campanelli di allarme (olocausto, incesto, pedofilia, consenso...i pilastri della religione laica contemporanea).
Non ho mai difeso né l'incesto né la pedofilia. Non ricordo neanche più da cosa era nato questo discorso, ma io volevo sottolineare una cosa molto precisa, e cioè che è la cultura che attribuisce un senso alle azioni, che le rende buone, accettabili o inaccettabili. Anche la questione del consenso: dov'è che il problema del consenso si pone? Solo dove c'è cultura e la cultura cambia di continuo.
Intendo la cultura che stabilisce cio' che è accettabile e cio' che non lo è.
Per voi è accettabile piegare la schiena 8 ore al giorno per arricchire la classe dei capitalisti?
Per me no.
Per voi c'è REALE consenso da parte del lavoratore?
Per me no.
Davvero pensate che sia immaginabile una passione erotica dove non ci siano squilibri, consensi solo parziali, violenze psicologiche (e anche fisiche, in fondo la penetrazione è sempre un po' violenta)?
Se ipazia mi dice che tutto sta nella consapevolezza condivisa posso anche essere d'accordo, fermo restando che per me una parte di inconsapevolezza bruta è comunque necessaria.
Ma se mi rispondete che sto fuori di testa e che ha ragione la mia compagna, beh, significa semplicemente che avete bisogno di mettere a distanza
Di stigmatizzare fuori di voi qualcosa che vi perturba.
Perché l'essere umano è contraddittorio e solo nel mondo delle seghe mentali tutto procede secondo divina armonia.
Detto cio', buona continuazione a tutti
@
Irrisoluto, io credo di aver capito cosa stai tentando di far passare.
Il modo però è provocatorio, e usa esempi forti.
Che vanno a toccare nervi sensibili, per tutti noi che apparteniamo comunque a questa cultura.
E che siamo condizionati dall'esserci cresciuti immersi.
Se provochi sui nervi scoperti, mi pare inevitabile che le reazioni siano di pari portata
Io ho capito il tuo discorso. (mi pare)
Potremmo spostarlo sulla concezione della prostituta: le pornai (=vendere) che erano nella gradino più basso della scala della prostituzione, e si vendevano sotto protezione e controllo di un padrone a cui davano una parte dei loro guadagni. Di solito erano schiave.
Poi c'erano le prostitute di strada, leggermente superiori nella scala. Si facevano pubblicità e avevano sandali con suole segnalatrici che lasciavano impresso "seguimi" (bellissimo!!

). Avevano diverse origini, meteci che non riuscivano a trovare altro lavoro, vedove che non riuscivano a mantenersi dopo la perdita del marito, o anziane che avevano acquistato la loro libertà (a pagamento). Erano registrate e pagavano le tasse ad Atene, per dire.
E poi c'erano le etere (le mie preferite

) erano in cima alla scala gerarchica, non esercitavano a cottimo e non si limitavano ai servizi sessuali. La parola significa compagna. E sempre seguendo la parola aveva denotava la nobiltà in una società essenzialmente militare, come all'epoca di Alessandro Magno. Le si ritrova nella cultura giapponese. Erano donne che potevano prendere parte alle conversazioni con gli uomini (roba piuttosto atipica in quelle società).
Aspasia, un'etera è stata compagna di Pericle e si vocifera fosse sua consigliera.
Insomma...allora la prostituzione era un mondo classificato e catalogato e descritto e vissuto in modo completamente diverso da oggi.
Se oggi io mi definissi un'etera verrei compresa solo da pochissime persone.
Se per provocare mi definissi prostituta, non verrei compresa. Per il semplice motivo che la storia della prostituzione non è storia studiata comunemente e tutta una serie di sfumature semplicemente non appartengono alla cultura corrente.
tutto questo per dire che andare via a salti fra le culture e addirittura confrontarle significa dare per scontate un sacco di cose. In primis un paradigma descrittivo in comune.
Quindi se dici che la pedofilia nel'antica grecia era accettata, rischi di passare per quello che fa la ode alla pedofilia e rimpiange i bei tempi andati.
Quando in realtà stai semplicemente dicendo che ogni cultura accettava e classificava comportamenti che erano sua stessa espressione.
E che anche la cultura subisce evoluzione lasciando tracce più o meno profonde.
E che i significati che noi attribuiamo sono significati presenti. Validi in questo qui e ora. E che potrebbe benissimo essere che fra 100 anni (uno sputo di tempo rispetto ai tempi evolutivi) tutto potrebbe essere sovvertito.
E che tutto questo tuo discorso è scientifico (storico scientifico). Nel senso di descrittivo di un andamento.
Nessuna morale.
Non hai tutti i torti. (ma solo se si esce dalla cutlura dicotomica del collocare nel giusto e nello sbagliato e si guardano i fatti senza connotazione)
60 anni fa l'omossesualità era una parafilia.
Oggi, finalmente, è considerata per quel che è. Un indirizzo.
Espressioni di evoluzione culturale. Nè giusto nè sbagliato in assoluto. Storia.
Mia nonna diceva al mio primo moroso che se facevo la cattiva faceva bene a picchiarmi.
Io mi scandalizzavo.
MA per lei era assolutamente logico e normale non solo dirlo ma incoraggiare un uomo a farlo.
Perchè quella per lei non era violenza nè tanto meno vessazione.
Lei era figlia del suo tempo.
E del suo tempo rappresentante.
Nè giusto nè sbagliato in assoluto. Storia.
Come ognuno di noi lo è del nostro.
Una cosa mi sento di dirtela, se anche con la tua compagna usavi il modo della provocazione, utilizzavi una modalità passivo aggressiva.
Che, andando all'etimologia della parola aggredire, ad gredior, significa avvicnarsi, farsi vicino.
Ma in questa cultura è un comportamento che non è accettato.
Io per esempio se mi sento provocata, ignoro di solito. O svelo la provocazione.
MA non la accetto.
La tua ragazza (o ex) invece cadeva nel tranello e finiva in aggressività diretta (modalità dell'avvicinarsi che la caratterizzava).
Il risultato è il casino che hai più volte descritto.
Dinamica relazionale prodotta dalle vostre caratteristiche individuali.
E da una capacità comunicativa governata più da quella forza bruta a cui ti rifai che alla condivisione di caratteristiche per poterle fare incontrare e mediare.
Forza bruta che io riconosco. E come te ritengo necessaria.
Ma non come sfogo di frustrazione o modo alternativo all'impegno di una comunicazione funzionale e mirata alla comprensione reciproca.
Forza presa consapevolmente e nella consapevolezza che si sta maneggiando roba delicatissima perchè riguarda pulsioni fondamentali che richiedo ancora maggior cura delle esternazioni di default e socialmente accettate e quindi conosciute e riconosciute. E nella consapevolezza che si sta andando per territori poco se non per niente esplorati a livello mainstream. E che sono oltretutto ricoperte dalla polvere dei secoli di storia che ci ha preceduto.
Pulsioni che richiedono, per essere collocate nella relazione, un buon filtro identitario. Da parte di entrambi. Oggi.
E che proprio per questo motivo se non ci si comunica sopra nel modo più chiaro possibile e in costante tensione alla chiarezza, di solito finisce in un gran botto. (domani chissà..)
Che sia poi violenza fisica, è solo una delle tante variabili dei fuochi d'artificio che si vedono qui e là.
In ogni caso, pensa, la stigmatizzazione è una di quelle caratteristiche che caratterizza l'umano dall'origine
