Flambette, guarda, io non sono ipocrita. Io ho pulito cessi quando lavoravo d'estate per pigliarmi due soldi e d'inverno studiavo. Sicuramente se avessi fatto servizietti d'altro tipo avrei guadagnato di più e fatto meno fatica. Ho fatto una scelta che mi era consona, l'altra a dire la verità manco mi è mai venuta in mente. Ma in questo mondo strano, dove dispensatori di morte e disgrazie sono rispettabili, io ritengo che con il proprio corpo uno ci faccia quello che gli pare, anche cederlo per soldi PERCHE' E' IL SUO e sebbenne non abbia mai condiviso quel sentire e sebbene l'esistenza di certi fenomeni mi amareggi e persino mi disgusti(non sempre invero), ne riconosco la realtà ed il diritto di affermazione.
Quello che voglio è che la Marietta(celebre prostituta romagnola) abbia gli stessi miei diritti e CHE NESSUNO LA GIUDICHI PER QUELLO CHE PAGA SULLA PROPRIA PELLE.
In ticino va così...
Ticino

rostitute e tasse: ‘Costrette a lavorare solo per pagare le imposte!’ PDF Stampa E-mail
BELLINZONA – “Non è giusto! Io sono costretta a lavorare dodici mesi all’anno solo per dare i soldi a loro”. “Siamo veramente poche, però dobbiamo pagare per tutte”. “A me sembra che questo sia vero e proprio sfruttamento dello prostituzione”. A parlare sono tre donne che da diversi anni lavorano come prostitute nel nostro Cantone. Provengono da paesi appartenenti alla Unione europea e quindi possono fare richiesta del permesso di lavoro e svolgere il mestiere più antico del mondo in piena legalità. E allora perché si lamentano? La causa scatenante della rabbia di queste donne è il sentimento di subire un’ingiustizia da parte dello Stato. Come tutti i cittadini, anche loro devono pagare le tasse. Il problema però, ci hanno spiegato Lara, Serena e Ivana (i nomi sono fittizi) è che il Cantone ha stabilito che tutte le prostitute registrate devono pagare la stessa cifra, basata sul presupposto che le donne guadagnino, tra i 50000 e i 70'000 franchi netti all’anno. Come ci hanno spiegato le tre donne si tratterebbe di sborsare tra i 550 e i mille franchi al mese solo per pagare le tasse. La cifre però raddoppia perché oltre alle imposte c'è anche la cassa malati e l’avs da pagare. Tutti soldi che le illegali non spendono.
Non tutte le prostitute guadagnano la stessa cifra all’anno
Dove sta l’ingiustizia? Tutte quante affermano con veemenza che non è possibile pensare che tutte le prostitute riescano a guadagnare tutti quei soldi. I motivi sono diversi. Non tutte riescono a fare lo stesso numero di marchette in un giorno o in una settimana. La maggior parte inoltre, non lavora 365 giorni all’anno, anzi. Le tre donne da noi interpellate lavorano due o tre mesi, poi si prendono una pausa, spesso per tornare a casa. È possibile che altre lavorino di più, “ma in genere”, ha spiegato Lara, “non ce la fai”. Ma tutto questo il fisco cantonale non lo prende in considerazione, a quanto pare. Così come non considera che per esercitare la professione, le prostitute devono anche sostenere delle spese. Come ci ha spiegato in particolare Lara, che si trova in Ticino da più tempo rispetto alla altre due ragazze, la voce più importante è senz’altro l’affitto della stanza in cui si lavora: 5'000 franchi in un mese. A questo bisogna aggiungere l’affitto dell’appartamento in cui invece si vive, perché spesso le prostitute non vivono dove lavorano, si tratta di due luoghi separati. Come per tutti gli altri cittadini che vivono in forma regolare nel nostro Cantone poi, ci sono le altre fatture da pagare, come la cassa malati e l’AVS.
Costretta a lavorare solo per pagare le tasse
Lara ci ha spiegato che per molti anni ha esercitato la professione senza il permesso e nonostante questo non ha mai avuto guai con la polizia. Ad un certo punto però il gerente del locale in cui lavorava l’ha obbligata a registrarsi, pena l’esclusione dal giro. Lara allora si è messa in regola e da quel giorno, ci spiega, le è caduto il mondo addosso. “Ho vissuto per due anni”, ci racconta, “con l’angoscia di non riuscire a pagare le tasse. Per i primi mesi pagavo 1'000 franchi ogni mese, poi 500”. Ma il problema più grave, hanno sottolineato le tre donne, è che il fisco non conosce la nostra realtà. Sempre Lara ci ha detto che negli anni in cui lavorava in forma illegale, lei restava nel nostro paese tre o quattro mesi e poi tornava a casa. Una volta registrata si è trovata costretta a lavorare dodici mesi all’anno e solo per poter pagare le tasse. Secondo Lara, c’è una sorta di contraddizione in questo sistema perché in un certo senso le prostitute sono obbligate a lavorare di più in questo modo, anche a scapito della loro salute. Lara oltretutto si è trovata costretta a vivere nella stanza in cui lavorava perché non poteva più permettersi di pagare l’affitto di un appartamento. “Mettermi in regola”, ha raccontato Lara, "è stato lo sbaglio più grande che potessi fare. Non lo consiglierei a nessuno".
Le prostitute legali pagano anche per tutte le altre?
Le prostitute registrate sono una piccola percentuale rispetto a quelle non registrate. Di conseguenza solo una minoranza deve pagare le tasse, mentre tutte le altre mettono in tasca tutto quello che guadagnano. Questo influenza il mercato, in quanto una squillo illegale può anche permettersi di abbassare i prezzi, “tanto tutto quello che guadagna è suo”. Le prostitute legali sono ancora una volta penalizzate. Il permesso di lavoro inoltre non offre nessun tipo di garanzia. Nemmeno il timore delle retate e dei controlli di polizia è un motivo per regolarizzarsi. Come ci ha rivelato Ivana, “se la polizia ti becca senza permesso, al massimo paghi una multa di 900 franchi. Inoltre non capita spesso di finire in un controllo, al massimo una o due volte all’anno, per cui i conti sono presto fatti: meglio pagare la multa e poi continuare a lavorare, che pagare fino a 12'000 franchi di tasse all’anno solo per essere in regola”. Il permesso non dà alcun vantaggio, anzi. Serena ci ha raccontato che quando si è messa in regola, i gestori dei locali le hanno chiuso le porte in faccia, “per loro”, ci ha spiegato Serena, “è meglio affittare la stanza ad una ragazza senza permesso, così possono fare quello che vogliono e possono scopare gratis.” Con le ragazze regolari non si può. "Chi me lo fa fare di tenere il permesso?" Dicono in coro le tre donne che stanno seriamente pensando di restituirlo come già hanno fatto diverse colleghe che sono tornate nell’illegalità.
Le tre donne hanno sottolineato che sarebbero ben disposte a lavorare in forma regolare e pagare le tasse (come tutti i cittadini), ma però queste dovrebbero essere giuste, basate sul lavoro effettivo.
“Il sistema non funziona”
Secondo queste donne le ingiustizie e le contraddizioni nel modo di tassare le prostitute sono troppe e tutte hanno la sensazione che il fisco non abbia veramente un’idea chiara della realtà in cui lavorano le squillo. “Chi ha deciso che noi guadagniamo tutte 50'000 o 70'000 franchi all’anno?” si chiede Ivana. Sentendo le loro testimonianze inoltre si capisce che è anche difficile per l’Ufficio delle contribuzioni tassare queste donne. “Io sono andata a chiedere informazioni,” ci racconta Serena, “e nemmeno loro sapevano cosa dovevo pagare, solo ora mi è arrivata della documentazione per gli anni scorsi.” Anche i controlli sembrano poco efficaci, se non addirittura inesistenti: “Io se lavoro pago”, spiega Ivana, “ma se no, non pago e non succede niente anche perché persino all’Ufficio non sanno cosa fare dato che ci sono parecchie proteste”. Serena invece ricorda di aver sentito in TV un nostro consigliere di Stato affermare che in Ticino “non vogliamo mantenere un’economia basata sulla prostituzione”. Ma allora, si chiede Serena, “non dovrebbero esserci queste distinzioni e bisognerebbe tassare le prostitute come tutti gli altri cittadini.”
di Paola Latorre
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