Approfondiamo un po' questa questione.
Mettiamo il caso che io decida di farmi un grosso ed evidente tatuaggio.
Lo dico a mia moglie e lei mi risponde che le fanno schifo le persone tatuate e che soprattuto quel tatuaggio mi sta da schifo. Io però poiché penso che il mio corpo sia mio e non suo decido di farlo lo stesso.
Mia moglie come potrebbe reagire? Sicuramente si sentirebbe esclusa dalla sfera delle persone influenti su di me, dall'altra c'è il fatto che quel grosso tatuaggio lei non riesce a vederlo e le dà fastidio.
Io ho sicuramente fatto qualcosa per me, escludendo lei.
Lei ora però potrebbe benissimo reagire escludendo me in conseguenza delle mie scelte.
La stessa cosa se lei decidesse domani di raparsi i capelli a zero e di rifarsi le labbra a canotto stile Lilli Gruber, ovvero inguardabili, andando in giro vestita da metallara.
Liberissima di farlo, ma altrettanto libero io di trovarla inadeguata ai miei gusti estetici.
Non si è padroni del corpo dell'altro, ma ci si adegua, anche in questo, alle aspettative altrui per continuare a piacere. Non si può ragionare solo in funzione di quello che si vuole per sé.
Se porti tutto all’estremo è ovvio che invalidi qualunque ragionamento.
Guarda che ci sono state donne qui che hanno sostenuto che si dovesse
sempre accontentare il marito.
Seguirlo nelle fantasie e pratiche sessuali, ma anche impegnarsi per essere sexy ed evitare tute in casa o di stare costantemente a dieta per essere adeguatamente stimolanti.
E non è che una donna dice una cosa del genere perché non lo fa. Lo fa eccome.
E se lo fa significa che c’è un uomo che lo richiede.
Allo stesso modo ho letto per pagine e pagine disquisizioni sulla importanza di un pompino.
Questo significa che quello che viene considerato importante è il possesso e il controllo.
Non dubito che il bisogno di controllo sia una forma di ansia, di timore di una perdita che costituisce non solo un importante punto di riferimento, ma la rassicurazione di un valore.
Non dico neppure che non sia in una certa misura naturale/istintivo, nel senso di difficile razionalizzazione. Lo è talmente che causa mediamente uno o più morti ogni tre giorni.
Io sostengo da tempo che il femminicidio va “compreso” e non semplicemente represso. E su quali pilastri si fondi l’identità maschile e femminile e quali siano quelli sbagliati perché fragili è una cosa fondamentale da capire. A me sembra evidente che se uno uccide la moglie, i figli e si suicida non è solo e semplicemente un bieco assassino, ma è soprattutto una persona che ha prima visto crollare tutti i suoi punti di riferimento.
È insomma la figura speculare alle spose indiane che, una volta vedove, si buttavano sul rogo del marito. E così come quelle non avrebbero trovato possibilità di vita senza il sostentamento del coniuge, sarebbero state respinte da tutti e sarebbero finite sotto perfino alla casta dei paria e vivere di elemosina, ugualmente ora vi è una cultura che fa pensare, fin da bambini, che se un uomo viene lasciato dalla moglie non solo perde un affetto, ma perde la stima degli altri uomini perché è come se tutti gridassero che è stato inadeguato sessualmente, sentimentalmente e magari anche lavorativamente, incapace di fornire quanto la famiglia richiedeva, e che poi si ritroverà senza sostentamento.
In queste condizioni il controllo della partner va ben oltre l’istintiva gelosia e desiderio di possesso sani compresi nel sentimento che si prova, ma diventano una necessità identitaria.
Purtroppo siamo in una società molto complessa in cui si mescolano istanze vecchie, che vorremmo credere superate (ma il delitto d’onore è stato abrogato solo nel 1981 (
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Delitto_d'onore ) e cerca di rientrare come “confusione causata da condizioni particolari” più o meno sono queste le dizioni usate) e richieste di riconoscimento personale sociale che si mescolano e potenziano tutto come quelle della prestazionalità sessuale, del successo lavorativo, del dover avere uno stile di vita sempre più somigliante a quello delle classi alte attraverso la frequentazione di locali di un certo livello, vacanze in determinati luoghi consentire ai figli studi alti e partecipazione ad attività sportive e formative oltre la scuola e persino una vita sessuale varia e superstimolante, su modello pornografico che viene veicolato non solo nei porno, ma anche nella “cultura popolare” dei reality e delle trasmissioni e giornali di gossip.
Tutto questo aumenta il bisogno di controllo oltre lo spontaneo moto dell’animo, ma anche oltre la legislazione esplicita.
Anche qui sto leggendo pagine e pagine di commenti di uomini che partecipano emotivamente alla vicenda di Random con una veemenza che mostra come siano perfettamente inseriti in questa cultura che ho descritto e che essi stessi alimentano. Anche proiettare le proprie esperienze e paure è spontaneo, però bisognerebbe anche ragionare razionalmente, almeno quando riguarda altri. Qui pochi uomini si sono posti nel ruolo di amico che rassicura e supporta e non nel ruolo di incendiari.
Non è un caso che quasi tutte le donne stiano svolgendo un ruolo da vigili del fuoco (evito il termine pompiere per l’assonanza ambigua nel contesto) perché percepiscono, anche istintivamente, la pericolosità della mentalità che sta dietro a questa focosa partecipazione.