vediamo se ci capiamo, sì
quando all'essere vittima (di violenze intendo, più o meno gravi) si sovrappone l'atteggiamento mentale, il considerarsi tale...come se quella tal situazione fosse predestinata, fatale, che non può/poteva non accadere. Nella testa non c'è via d'uscita, rivalsa.
e allora l'altro diventa carnefice. e null'altro. e ha estremo potere su di te.
a seconda della percezione e dell'intensità della violenza subita scattano tanti e diversi meccanismi, no?
dal giustificarlo/a diventando colpevole delle azioni dell'altro (nella propria testa intendo) e inibendosi qualunque azione, al diventare "Calimero", quando è il momento di agire, di decidere in un senso o nell'altro, cercando negli altri e nelle loro rassicurazioni il conforto affettivo, ma inibendosi di nuovo possibilità di azione concreta personale...
e in mezzo i millemila altri atteggiamenti e costruzioni che trattengono in una situazione.
ma è l'atteggiamento mentale, l'immagine che si ha di se stessi che toglie energia all'azione.
fin quando sono vittima nella mia testa, sono colpevole, sono Calimero, sono...chi non può fare nulla.
Saranno le condizioni, saranno le persone che mi stanno intorno, sarà che nessuno mi capisce..ma permango in quella situazione.
smetto di essere vittima, solo quando nella mia testa l'immagine che ho di me diventa quella di una Persona che può fare scelte e quelle scelte comincio a sentirle mie...prima di farle...le faccio nella testa prima di portarle fuori.
(ovviamente semplificando e generalizzando il tutto..ognuno ha i suoi vissuti che guidano le personali re-azioni, azioni)
sul fare la vittima, d' accordissimo!. Ma appunto, è fare, quindi è un processo intenzionale in cui mi maschero per raggiungere gli scopi dati.