Una famiglia felice

Brunetta

Utente di lunga data
Quindi tu leggi riviste mediche, quelle scientifiche intendo?
Perché negli articoletti su internet si dicono un sacco di stupidaggini.
Io se cerco un parere valido vado da un medico mica faccio psicanalisi da bar.
Io te denuncerei per abuso della professione, guarda. Ti salvi solo perché per me sono al pari dei cartomanti.
Come non mi interessa rendere conto a nessuno la mia sessualità o genitorialità, non credo che nessuno possa chiedere delle mie competenze.
È proprio un metodo di discussione che considero sbagliato.
Tra l’altro come mio metodo, offro la possibilità di verificare in modo semplice.
Per questo ho invitato a fare una ricerca in rete.
Volevi una bibliografia?
 

Gaia

Utente di lunga data
Come non mi interessa rendere conto a nessuno la mia sessualità o genitorialità, non credo che nessuno possa chiedere delle mie competenze.
È proprio un metodo di discussione che considero sbagliato.
Tra l’altro come mio metodo, offro la possibilità di verificare in modo semplice.
Per questo ho invitato a fare una ricerca in rete.
Volevi una bibliografia?
No vorrei capire se capisci ciò che leggi. Se leggi riviste scientifiche devi saperle leggere.
Non è che le possa leggere chiunque e comprenderle.
Mancano proprio le basi.
Per me puoi parlare di quello che ti pare, ma tu psicanalizzi le persone e per dare coerenza a ciò che dici in genere appiccichi un link del web.
Ma se pensi di essere più credibile fai pure.
Se no altro sappiamo che sai incollare un link.
Che a una certa età è sicuramente una competenza.
 

hammer

Utente di lunga data
Quindi tu leggi riviste mediche, quelle scientifiche intendo?
Perché negli articoletti su internet si dicono un sacco di stupidaggini.
Io se cerco un parere valido vado da un medico mica faccio psicanalisi da bar.
Io te denuncerei per abuso della professione, guarda. Ti salvi solo perché per me sono al pari dei cartomanti.
Direi che confondere uno psicologo con un cartomante dimostra una certa superficialità.
La psicologia si fonda su scienza e competenza, non su superstizioni.
Prima di fare paragoni ridicoli, sarebbe meglio documentarsi.
 

Gaia

Utente di lunga data
Direi che confondere uno psicologo con un cartomante dimostra una certa superficialità.
La psicologia si fonda su scienza e competenza, non su superstizioni.
Prima di fare paragoni ridicoli, sarebbe meglio documentarsi.
Ti vai pure dagli psicologi. Io faccio da me.
 

Skorpio

Utente di lunga data
E sai che anche tu dai alla parola superficialità un significato tutto tuo?
Ma siccome non me ne frega niente mi appello alla fata della superficialità e me ne sbatto.
Direi che qui si offrono spunti, in genere

Senza rivendicare competenze né medaglie al valore in bacheca, per scalare autorevolezza.

Poi ognuno degli spunti che riceve fa ciò che crede, in base a fattori diversissimi può capitalizzare o gettare nel non riciclabile, anche solo in base alla simpatia di chi offre

Rileva il fatto che ci si stizzisca di uno spunto, anche perché (lo ripeto) l'uso di quello spunto (per chi lo riceve ) è libero
 
Ultima modifica:

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Vi leggo. Ipazia mi piace sempre tanto come scrivi, ammetto di doverlo rileggere due/tre volte😅🙈
Io penso che un pezzo importante sia saltato nella mia fascia di età. Quella tra i 30 e i 40 di adesso. Prima, tante cose non c erano. L ADHD era una sigla sconosciuta, non si riconoscevano i DSA, così come l ossessivo compulsivo, il deficit dell' attenzione, parlando di cose "banali" che banali non sono. Adesso, mio figlio, i figli di tanti miei amici, fanno chi terapia, chi logopedia, in base a quello che viene riscontrato. Ma nella generazione dei miei (mamma del 63 e papà del 65) queste cose non si conoscevano e quindi noi "figli" abbiamo "saltato" una sorta di approfondimento. Quando portai mio figlio per la prima volta al Gemelli, il dottore mi disse "signora, lei è iperattiva lo sa? L ho osservata". E mi è rimasta impressa questa cosa.

A prescindere, ciò che ho elencato è diverso da disturbi psichiatrici. Ma il quadro che ho fatto è riservato anche a quello. Mi sono ritrovata seriamente a che fare con persone coetanee o poco più poco meno con patologia borderline, per dire, che non ammettevano di avere un problema da curare seriamente. E la risposta dei genitori (generazione dei miei circa) è sempre stata ma no. Ma è carattere. È solo nervoso. È scontroso. Quando è così va solo lasciato stare.
Ecco. Io spero che andando avanti maturi quell occhio di riguardo nel capire che un figlio, in questo caso, ha un problema. Ha un qualcosa dove noi non possiamo fargli nulla in prima persona, come amici, come compagni, come familiari. Un'altra ragazza che conosco ha fatto portare il figlio 15enne in clinica. Ha dovuto farlo. Aveva iniziato a farsi male, a scappare da casa, a dare di matto. Un giorno ha buttato un vaso di sotto. E a un certo punto ci vuole coraggio, tanto. A capire che noi non possiamo fare più di questo. Che è poi una consapevolezza tradotta come l aiuto più grande.
Grazie :LOL::LOL:🌻

E' un processo molto lento.

Ripensavo alla storia di definizione di salute mentale, concetto e definizione che negli anni sono cambiati profondamente.
Come sono cambiati profondamente i modelli di riferimento per la definizione dei paradigmi.
Sono convinta cambieranno ancora e ancora.
Probabilmente ad una velocità ben maggiore di quella che abbiamo visto fino ad ora.
E le neuroscienze, la tecnica di imaging velocizzeranno ulteriormente le cose.

Di base, ad oggi, si è concordi nel definire il confine tra normalità e patologia come un filo sottile su cui siamo tutti equilibristi.

Ed è questa la grande svolta, non ancora del tutto avvenuta, ossia la consapevolezza che il disturbo sia dentro e non fuori.
Non un castigo. Non una punizione. Non una pena. Non un marchio.
Questo significa che chiunque potrebbe finire per avere un disturbo di un qualche genere semplicemente perchè tutti abbiamo un cervello: attacco di panico, compulsione, ossessione, ansia, disturbi stress correlati. Per dirne qualcuna.

E questo va a scardinare tutta una serie di assunti, legati alla mente e alla malattia. E quindi vergogna, colpa, paura.
Compresa la questione dibattuta del raptus, altro retaggio non ancora del tutto eliminato, ancora legato all'idea che dal fuori, come un fulmine lanciato da zeus, venisse inserito un comportamento che mai e poi mai si sarebbe altrimenti presentato.
Ci vorrà ancora tempo. Ma la direzione è questa.

La questione è che finalmente si può valutare la quantità e non solo la qualità, si possono rilevare le relazioni tra i meccanismi fisiologici e le manifestazioni complesse, come il comportamento per esempio, ma anche la percezione, la coscienza.
La valutazione della "quantità" è uno dei riferimenti per la definizione di salute mentale odierna.
E' un salto storico.

E' una evoluzione, ed è ovvio e lampante che negli ultimi 20 anni i salti siano stati da gatto con gli stivali mentre prima si facevano balzelli da ranocchia.

Ci vorrà ancora tempo per equilibrare le cose.
Adesso a mio avviso c'è un abuso di etichette che non è a pari passo con una consapevolezza collettiva.
E ci si rifugia nelle diagnosi e nei trattamenti trattati come trattamento del sintomo. E questa è una questione anche medica che sta cambiando, lentamente, molto lentamente.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Io per occhio clinico allenato intendevo che dire anche solo "mio figlio crolla davanti agli errori" non è un banale SI/NO, ma è uno spettro come tutti gli altri. Crolla quando? Sempre? Con che intensità? Rispetto a quali errori? Più o meno della media dei suoi coetanei? e altre non so quante considerazioni. Perchè poi il rischio è quello di dire: Oddioh! mio figlio ha messo in fila 2 macchinine allora è autistico ==> invasione delle NPI
Hai ragione, non è un banale si/no.

Che è il motivo per cui scrivevo nell'altro post che di fronte a certe manifestazioni si tratta di alzare le antenne e fare una cosa antica: confrontarsi con gli altri adulti coinvolti nel percorso di crescita.
E sai benissimo quanto difficile sia farlo.
Mettersi lì e ascoltare anche cose che non si vorrebbero sentire perchè fanno semplicemente male.
Discutersi e discutere.

Basterebbe questo sai.
Arrivare a quel confronto con una minima apertura che permetta di sentire anche le cose che non si vorrebbero sentire. Soprattutto quelle che disconfermano.

Poi, a me viene sempre in mente anche il discorso, che credo di aver già scritto fra l'altro, di un mio prof di psicopatologia quando ero una ragazzina alle prese coi primi esami. Avevo studiato e molto, e studia che ti ristudia ero giunta alla conclusione di avere tutte le psicopatologie elencate nel manuale.
Così, ero andata dal professore e a fine esame, gli avevo chiesto "io le ho tutte, lei pensa che sia il caso che smetta di studiare?"
Lui mi aveva risposto, ridacchiando, che se le avevo tutte non avrei dovuto preoccuparmi ma anzi. Era un bene.
Avrei dovuto preoccuparmi solo in due casi: non averne neanche una oppure averne una o due ma molto molto presenti in termini quantitativi nella mia vita.
E mi aveva spedita a casa dicendomi che mi aspettava per l'esame successivo. :D

Ho capito meglio negli anni cosa intendesse.
Anche quando mi sono rilassata io e ho imparato che quando si affrontano questioni così delicate e intrecciate nelle vite delle persone serve proprio non avere fretta.
Raccogliere dati e osservare, confrontarsi e cercare collaborazione.

Quello che io rilevo, e probabilmente è uno degli effetti collaterali del salto da gatto con gli stivali di questi ultimi 20 anni, è tanta ansia, anche da parte dei genitori ma non soltanto da parte loro.

Il punto è che non si osserva un momento, si osserva un percorso, una evoluzione.
E' in un percorso, unendo i famosi puntini che le cose emergono.
La fretta, non serve a niente. Specialmente se è dettata dall'ansia.

E anche questo sarà un aspetto non indifferente di cui occuparsi.
Vedremo se sarà un aspetto interessante anche economicamente e politicamente oppure no. ;)
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
anche se a volte.....
Questo è: "il mio contenitore è giunto al limite, te sei l'ultimo della lista che mi è capitato sotto gli occhi e ti prendo a calci in culo anche per tutti quelli che sono venuti prima di te." :LOL: :LOL:

Ma direi che si finisce nella dimensione della regolazione delle emozioni e della gestione della frustrazione oltre che, eventualmente, del passaggio all'agito!
 

perplesso

Administrator
Staff Forum
Questo è: "il mio contenitore è giunto al limite, te sei l'ultimo della lista che mi è capitato sotto gli occhi e ti prendo a calci in culo anche per tutti quelli che sono venuti prima di te." :LOL: :LOL:

Ma direi che si finisce nella dimensione della regolazione delle emozioni e della gestione della frustrazione oltre che, eventualmente, del passaggio all'agito!
stai sottovalutando il potere terapeutico dei calci in culo e del ciclo di gomitate sullo zigomo sinistro

no buono
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
stai sottovalutando il potere terapeutico dei calci in culo e del ciclo di gomitate sullo zigomo sinistro

no buono
Non lo sottovaluto.
Anche se non parlerei di potere terapeutico, ma piuttosto di passaggio all'agito che solleva da una pressione emotiva.

Anche questa roba perfettamente umana.
Che può essere regolata usando i contesti, altra invenzione umana funzionale al comportamento umano.

Ai miei gatti dei contesti frega un cazzo, per dire ;)

A me piace combattere, darle e prenderle.
Divento romantica quando si tratta di lividi e segni.

Ma mi piace altrettanto contestualizzare.
E soprattutto mi piace che sia uno scambio.
Il mio avversario deve essere mio pari e non soltanto, pure degno di combattere con me. E questo significa che abbia il potere di darmene altrettante di quante gliene posso dare io.

Sono vecchia ormai, lo sai, all'alba dei miei quasi 200 anni ho imparato che combattere con chi non combatte al mio livello è soltanto noia. :)

In educazione questo non avviene mai.
La relazione è sempre asimmetrica.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Hai ragione, non è un banale si/no.

Che è il motivo per cui scrivevo nell'altro post che di fronte a certe manifestazioni si tratta di alzare le antenne e fare una cosa antica: confrontarsi con gli altri adulti coinvolti nel percorso di crescita.
E sai benissimo quanto difficile sia farlo.
Mettersi lì e ascoltare anche cose che non si vorrebbero sentire perchè fanno semplicemente male.
Discutersi e discutere.

Basterebbe questo sai.
Arrivare a quel confronto con una minima apertura che permetta di sentire anche le cose che non si vorrebbero sentire. Soprattutto quelle che disconfermano.

Poi, a me viene sempre in mente anche il discorso, che credo di aver già scritto fra l'altro, di un mio prof di psicopatologia quando ero una ragazzina alle prese coi primi esami. Avevo studiato e molto, e studia che ti ristudia ero giunta alla conclusione di avere tutte le psicopatologie elencate nel manuale.
Così, ero andata dal professore e a fine esame, gli avevo chiesto "io le ho tutte, lei pensa che sia il caso che smetta di studiare?"
Lui mi aveva risposto, ridacchiando, che se le avevo tutte non avrei dovuto preoccuparmi ma anzi. Era un bene.
Avrei dovuto preoccuparmi solo in due casi: non averne neanche una oppure averne una o due ma molto molto presenti in termini quantitativi nella mia vita.
E mi aveva spedita a casa dicendomi che mi aspettava per l'esame successivo. :D

Ho capito meglio negli anni cosa intendesse.
Anche quando mi sono rilassata io e ho imparato che quando si affrontano questioni così delicate e intrecciate nelle vite delle persone serve proprio non avere fretta.
Raccogliere dati e osservare, confrontarsi e cercare collaborazione.

Quello che io rilevo, e probabilmente è uno degli effetti collaterali del salto da gatto con gli stivali di questi ultimi 20 anni, è tanta ansia, anche da parte dei genitori ma non soltanto da parte loro.

Il punto è che non si osserva un momento, si osserva un percorso, una evoluzione.
E' in un percorso, unendo i famosi puntini che le cose emergono.
La fretta, non serve a niente. Specialmente se è dettata dall'ansia.

E anche questo sarà un aspetto non indifferente di cui occuparsi.
Vedremo se sarà un aspetto interessante anche economicamente e politicamente oppure no. ;)
Un prof della mia ex ex, credo di psicologia clinica, diceva che in base a un mero elenco di sintomi un bel disturbo di personalità non si nega a nessuno. Ma tu parlavi di trattamenti intesi come trattamento di sintomi, ma intendi che i trattamenti potrebbero eliminare le cause dei disturbi mentali, piuttosto che limitarsi ad attenuarne i sintomi?
 

perplesso

Administrator
Staff Forum
Non lo sottovaluto.
Anche se non parlerei di potere terapeutico, ma piuttosto di passaggio all'agito che solleva da una pressione emotiva.

Anche questa roba perfettamente umana.
Che può essere regolata usando i contesti, altra invenzione umana funzionale al comportamento umano.

Ai miei gatti dei contesti frega un cazzo, per dire ;)

A me piace combattere, darle e prenderle.
Divento romantica quando si tratta di lividi e segni.

Ma mi piace altrettanto contestualizzare.
E soprattutto mi piace che sia uno scambio.
Il mio avversario deve essere mio pari e non soltanto, pure degno di combattere con me. E questo significa che abbia il potere di darmene altrettante di quante gliene posso dare io.

Sono vecchia ormai, lo sai, all'alba dei miei quasi 200 anni ho imparato che combattere con chi non combatte al mio livello è soltanto noia. :)

In educazione questo non avviene mai.
La relazione è sempre asimmetrica.
lo so che per arrivare devi fare dei giri tutti tuoi. basta che alla fine non ti si debba venire a prendere perchè ti sei scordata di fare il pieno
 

danny

Utente di lunga data
Certo che serve un occhio clinico e serve che sia ben allenato nell'esperienza, non solo sui libri.
L'esperienza permette di "annusare". Poi ci sono test sempre più precisi.

Epperò.

Se mio figlio crolla di fronte agli errori, ha mal di pancia ogni volta che deve affrontare una verifica o una prova o una sfida sportiva, se rifugge le situazioni sociali o ci si immerge come se non considerasse la situazione in sè, se ha bisogno di me per regolare le sue emozioni, se ha un tono dell'umore che cambia spesso e in modo apparentemente immotivato, se si fissa sulle cose o sulle persone, se quando è frustrato sfugge le situazioni (e per sfuggire intendo sia chiudersi e sembrare non toccato come anche reagire di rabbia ed esplodere) , se dice bugie e aggiusta troppo la realtà...ecco, già solo con queste cose io inizierei ad alzare le antenne e a confrontarmi con gli altri adulti che lo vedono in altri contesti.

Fra l'altro aggiungo che la psicosomatica non è proprio da non considerare: mal di testa ricorrenti, mal di pancia, mali ricorrenti, diarrea, stitichezza sono segnali di cui tenere conto. Ovviamente in assenza di patologie.
Per non parlare del rapporto col cibo. E non penso al non mangiare. Se avessi un figlio vorace, che non si controlla di fronte al cibo, piuttosto che molto selettivo (quello è verde non mi piace per fare un esempio) alzerei le antenne.
C'è un bug che ho rilevato in alcuni casi.
Non è che i genitori non vedono i problemi dei figli, anche quando sono palesi.
È che i problemi dei figli sono riscontrabili negli stessi genitori, per cui non possono essere interpretati da loro correttamente nella loro dissonanza.
Ricordo questa ragazzina che aveva l'abitudine di instaurare inconsapevolmente rapporti troppo morbosi e addirittura seduttivi con gli adulti. Se ne era parlato tra noi adulti perché il comportamento da attuare con lei necessitava di una gestione e prudenza. I coetanei a loro volta comprendevano un certo ritardo nello sviluppo emotivo e sessuale della loro coetanea. Nessuno ha mai avuto il coraggio di parlare ai genitori del problema in quanto non sembravano aperti al confronto.
La situazione si è conclusa anni dopo con un'accusa da parte dei genitori di questa ragazza alle nostre figlie ree di aver sedotto un quarantenne (in realtà il tipo aveva provato, c'erano testimoni, a fare proposte sessuali alla quattordicenne figlia di un'altra coppia).
In pratica la percezione si era totalmente ribaltata.
Non è una questione culturale in questi casi.
Ho notato anche in altre situazioni che i genitori tendono a normalizzare i problemi dei figli che appartengono anche a loro.
Per fare un esempio, una figlia di un'anoressica non sarà mai riscontrata facilmente come anoressica dalla madre.

E questo problema purtroppo riguarda anche in taluni casi anche i professionisti.
Psichiatri e psicologi possono avere, malgrado gli studi, una percezione alterata dalla prioprua esperienza nel rapportarsi con un adolescente.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Un prof della mia ex ex, credo di psicologia clinica, diceva che in base a un mero elenco di sintomi un bel disturbo di personalità non si nega a nessuno. Ma tu parlavi di trattamenti intesi come trattamento di sintomi, ma intendi che i trattamenti potrebbero eliminare le cause dei disturbi mentali, piuttosto che attenuarne i sintomi?
Concordo con la psicologa clinica.
E' un niente trovarsi disturbati senza sapere nè perchè nè percome :D

No.
Intendo semplicemente che la medicina è ancora molto legata alla cura e alla riduzione del sintomo.
E che ancora vede l'individuo in modo frammentario e frammentato.
Ma il nostro organismo potrebbe, se vogliamo essere definito un sistema complesso aperto, con tutto quel che comporta.

Un disturbo non può essere trattato solo prendendo in considerazione i sintomi, serve la considerazione di tutto l'individuo nella sua complessità, compreso il contesto in cui quell'individuo vive.

Anche perchè molti disturbi sono sistemici.
E vengono mantenuti con funzione sistemica, ossia di mantenimento in vita del sistema stesso.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
C'è un bug che ho rilevato in alcuni casi.
Non è che i genitori non vedono i problemi dei figli, anche quando sono palesi.
È che i problemi dei figli sono riscontrabili negli stessi genitori, per cui non possono essere interpretati da loro correttamente nella loro dissonanza.
Ricordo questa ragazzina che aveva l'abitudine di instaurare inconsapevolmente rapporti troppo morbosi e addirittura seduttivi con gli adulti. Se ne era parlato tra noi adulti perché il comportamento da attuare con lei necessitava di una gestione e prudenza. I coetanei a loro volta comprendevano un certo ritardo nello sviluppo emotivo e sessuale della loro coetanea. Nessuno ha mai avuto il coraggio di parlare ai genitori del problema in quanto non sembravano aperti al confronto.
La situazione si è conclusa anni dopo con un'accusa da parte dei genitori di questa ragazza alle nostre figlie ree di aver sedotto un quarantenne (in realtà il tipo aveva provato, c'erano testimoni, a fare proposte sessuali alla quattordicenne figlia di un'altra coppia).
In pratica la percezione si era totalmente ribaltata.
Non è una questione culturale in questi casi.
Ho notato anche in altre situazioni che i genitori tendono a normalizzare i problemi dei figli che appartengono anche a loro.
Per fare un esempio, una figlia di un'anoressica non sarà mai riscontrata facilmente come anoressica dalla madre.

E questo problema purtroppo riguarda anche in taluni casi anche i professionisti.
Psichiatri e psicologi possono avere, malgrado gli studi, una percezione alterata dalla prioprua esperienza nel rapportarsi con un adolescente.
Sì, è come dici.

E' il motivo per cui quel prof ridacchiando mi aveva detto che se le avevo tutte in modica quantità potevo non preoccuparmi troppo.
Ma di mettermi in allarme se non ne avessi avuta nessuna o solo una o due in quantità importanti. :)

I professionisti seri dovrebbero andare in supervisione. Proprio per evitare queste e altre dispercezioni.
Partendo dal presupposto che un professionista serio sa che è a rischio dispercezione e dovrebbe saper anche riconoscere quando l'altro sollecita questioni dentro che richiedono attenzione.
Purtroppo...non sempre è così.

La rete sociale avrebbe una funzione nella gestione di bug come questo.
Ma le reti sociali sono state smantellate.
 

hammer

Utente di lunga data
C'è un bug che ho rilevato in alcuni casi.
Non è che i genitori non vedono i problemi dei figli, anche quando sono palesi.
È che i problemi dei figli sono riscontrabili negli stessi genitori, per cui non possono essere interpretati da loro correttamente nella loro dissonanza.
Ricordo questa ragazzina che aveva l'abitudine di instaurare inconsapevolmente rapporti troppo morbosi e addirittura seduttivi con gli adulti. Se ne era parlato tra noi adulti perché il comportamento da attuare con lei necessitava di una gestione e prudenza. I coetanei a loro volta comprendevano un certo ritardo nello sviluppo emotivo e sessuale della loro coetanea. Nessuno ha mai avuto il coraggio di parlare ai genitori del problema in quanto non sembravano aperti al confronto.
La situazione si è conclusa anni dopo con un'accusa da parte dei genitori di questa ragazza alle nostre figlie ree di aver sedotto un quarantenne (in realtà il tipo aveva provato, c'erano testimoni, a fare proposte sessuali alla quattordicenne figlia di un'altra coppia).
In pratica la percezione si era totalmente ribaltata.
Non è una questione culturale in questi casi.
Ho notato anche in altre situazioni che i genitori tendono a normalizzare i problemi dei figli che appartengono anche a loro.
Per fare un esempio, una figlia di un'anoressica non sarà mai riscontrata facilmente come anoressica dalla madre.

E questo problema purtroppo riguarda anche in taluni casi anche i professionisti.
Psichiatri e psicologi possono avere, malgrado gli studi, una percezione alterata dalla prioprua esperienza nel rapportarsi con un adolescente.
Verissimo. I genitori spesso non vedono i problemi nei figli quando questi riflettono le loro difficoltà personali o familiari.
Anche i professionisti, nonostante la loro formazione, possono essere influenzati dalle loro esperienze personali.
 
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