Verissimo.
In effetti, pur non avendoli vissuti, faccio fatica ad immaginare come meravigliosi gli anni 50.
Per chi vi è cresciuto, erano anni di ricostruzione.
Sai qual è il problema dell'Italia di oggi?
Che è uno stato che si è arreso.
Che non crede più nelle sue potenzialità. Privo di una politica estera.
Con politici di una mediocrità assoluta e una popolazione assorta e indolente che sfrutta il più possibile le risorse residue senza definire alcun futuro, evitando anche di avere figli.
Ora, proiettati negli anni 50 e immagina quale fosse il sentimento comune di allora.
Non avevi una pletora di pensionati che rimpiangevano i bei tempi e condannavano l' ignavia dei giovani che allo stesso tempo se la prendono con i boomer quando non hanno le capacità di emigrare altrove, ma di persone che si affannavano a ricostruire la loro vita, a ridefinire parametri nuovi, proiettati verso il cambiamento, dopo esperienze forti, potenti, che ne avevano aumentato le energie ma anche la bellicosità mista all'orgoglio.
Non c'era il Don Matteo di Bova, ma il Don Camillo di Guareschi, per intenderci.
Uno che ti spaccava in testa il crocifisso, un prete che tirava pugni.
Perché cazzo occorre un minimo di aggressività nella vita per operare il cambiamento, ovvero tutto ciò che oggi viene stigmatizzato.
E di cose che cambiavano ce n'erano tante, tante rivoluzioni sociali, artistiche, tecnologiche.
Quel poco che ho fatto a livello sociale e politico fino a 10 anni fa oggi non sarebbe nemmeno possibile.
Mancano proprio le persone.
Al limite oggi si possono combattere battaglie on line con dei reel contro l'obbligo femminile di depilarsi le ascelle.
Al massimo.