Tu hai visitato le carceri italiane? A che età? Ritieni sia stato formativo per farti avere una "buona condotta"?
Sì, ho visitato carceri in Italia, negli USA ed in altri posti e, poi, nella mia attività ho avuto contatti per lavoro, diciamo, con malviventi fuori e dentro la prigione.
Ho iniziato a 21 anni, studente di giurisprudenza, ero in campeggio all' isola Elba con la mia fidanzata (che sarebbe divenuta mia moglie) e visitai il penitenziario di Porto Azzurro. Gli altri amici erano andati a vedere la residenza di Napoleone, io ho preferito parlare con gli ergastolani . Gente interessante, sofferente e rassegnata, senza prospettive (allora, era davvero fine pena mai) con l'illusione della revisione o della grazia e tanta voglia di parlare.
Appena laureato, sono partito per il servizio di leva e sono stato assegnato in un centro di addestramento reclute dell'Esercito (fanteria) in Piemonte, IV Corpo d'Armata Alpino, dove confluivano per la maggior parte diciottenni da carceri minorili della Sardegna, Sicilia, e regioni del Sud. Caserma antica, con poco riscaldamento (dormivamo in tuta da combattimento, facendo uso delle 3 coperte di dotazione individuale), un freddo cane (anche -17°C), neve, rancio appena passabile, ufficiali ed istruttori per lo più stronzi, necessità di difenderti (con catene e coltelli), insomma un ambientino non piacevole. Ma, alla fine, salvo qualche eccezione ed una polmonite, lunghe ore per parlare tra noi di casa, delle famiglie e delle ragazze (specie, con quelli che ricevevano lettere delle fidanzate che li lasciavano, per approfittare della loro assenza e non rischiare le botte), un discreto cameratismo e solidarietà umana tra molti di noi.
Fuori della caserma no. Eravamo costretti a trascorrere le ore di libera uscita in divisa (requisiti gli abiti da civile), con una stellina sul cappotto d'ordinanza (le mostrine del corpo di assegnazione rinviate al termine dell'addestramento). Eravamo riconoscibilissimi e chiaramente visti con ostilità e prevenzione dalla popolazione locale (comprese le ragazze): un periodo vissuto da discriminato come lo erano i miei camerati, due mesi senza licenze (max due giorni) per quelli che, non pregiudicati o puniti, erano troppo lontani da casa. Venivamo controllati dalle ronde della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che rendevano difficili le poche ore di libera uscita.
Poi, per lavoro (non da arrestato, ci tengo a precisarlo) sono andato per colloqui in varie carceri italiane: per lo più, Sollicciano (FI), Regina Coeli (RM), Poggioreale (NA). Quando sono andato a studiare all'Università di California, ho avuto modo di visitare due penitenziari negli USA di massima sicurezza (uno federale ed uno statale). Il mio relatore di laurea faceva,
pro bono, parte di un'associazione californiana per la tutela dei condannati a morte privi di mezzi (per lo più di colore ed ispanici) e mi ha portato con sé.
Tutte esperienze che mi hanno formato.
Personalmente ho qualche dubbio che la minaccia possa essere preventiva, in termini di formazione.
Non è una minaccia, è diverso.
Visiti una prigione da libero, ma hai un piccolo, piccolissimo assaggio di cosa aspettarti se ti metti nei guai. Una specie di vaccino. Non ti salva in assoluto ma aiuta dandoti un'idea.
Nella mia esperienza, ho conosciuto torme di violenti a parole e con gli indifesi. Con quelli che li trattano senza mostrare timore e con fermezza, la piantano subito. Perché i violenti sono spesso dei gran vigliacchi.
Molti anni fa, due nipoti di mia moglie, appena diciottenni, li portai a vedere dei processi in Corte d'Assise con imputati detenuti. Vedere uomini in gabbie, scortati da guardie penitenziarie ammanettati li impressionò molto. A distanza di anni, me lo ricordano e mi ringraziano. Probabilmente, qualche volta ci hanno pensato ed hanno filato dritti. Qualche loro amico, no.
Una frase che sentii in passato, fu circa questa "le leggi servono per saperle usare" o un termine simile, con un senso tipo aggirarle, mentre io vedevo un qualcosa di finito in qualche modo in una legge, un senso di norma, di condotta appunto. La frase citata, era stata espressa da un avvocato, non giovane.
C'è una diffusa idea che le leggi siano fatte per essere aggirate e che nessuno venga punito davvero. Che gli avvocati siano degli intrallazzatori ed opportunisti, che trovano sempre cavilli ed espedienti, ed i giudici dei corrotti o collusi. I poliziotti dei violenti e faziosi, quando non sono disonesti.
A parte i film, che si concentrano sui casi-limite, e chi ama raccontare storie eclatanti per le più svariate ragioni, spessissimo si esagera, qualche volta per interesse o per vanteria.
Poi, come capita nella vita, ci sono le eccezioni (penso ai casi Cucchi, Mollicone, E. Orlandi, tanto per fare esempi). O quei casi nei quali la verità è stata celata dietro il segreto di Stato (es. la strage di Ustica del DC-9 Itavia).
Certamente ci sono dei delinquenti anche tra gli operatori del settore giustizia, come in tutte le categorie (dai panettieri agli imprenditori).
Ma nella grande maggioranza essi sono onesti e fanno il loro lavoro secondo le loro capacità (grande o modesta che sia). Talvolta qualcuno fa il suo dovere con sofferenza silenziosa.
Se hai il dovere (costituzionale) di difendere anche uno che ha commesso un grave reato, talvolta gravissimo ed odioso, qualcuno lo deve fare. Non è facile, ma lo devi fare secondo coscienza.
Così arrestare qualcuno destinatario di un mandato di cattura, pure se sembra un poveraccio, incapace di violenza, che ti fa pena.
Un magistrato inquirente (che sostiene la pubblica accusa) deve formulare le accuse nel modo più preciso possibile, a prescindere da chi sia l'imputato. Sforzandosi di essere obiettivo.
Poi, un magistrato giudicante deve fare, forse, il lavoro più difficile e spesso ingrato: giudicare atti e comportamenti, incidendo nella vita di persone (anche solo patrimonialmente), sapendo che l'errore è sempre dietro l'angolo. E che qualche dubbio di essere incorso in sviste ti può venire di notte a complicare il sonno.
Il vero problema della giustizia italiana è che risulta terribilmente lenta. Quando la sentenza diviene definitiva le persone sono cambiate, le attività economiche possono essere cessate, e sembra quasi un'ingiustizia essere puniti dopo tanto tempo o trovarsi una decisione favorevole che non può essere eseguita utilmente.
Però, abbiamo un sistema penale che offre molte più garanzie di difesa di tanti paesi (USA compresi), se ti capitasse di essere inquisito. Che è un bene, spesso non compreso.
Infatti, la tentazione di una giustizia sommaria, ma rapida, cresce.