ipazia
Utente disorientante (ma anche disorientata)
Non sono d'accordo che la rabbia sia confusione, perlomeno nel mio sentire non lo è. La rabbia è un modo. Dell'essere. E' energia. Poi dipende cosa c'è dentro.Quanta roba, quanta complessità.
Io ho manifestato stupore per la rabbia proprio perché la rabbia è confusione, almeno è confuso la rabbia di cui parlate e porta a violenza un po' a casaccio, anche contro se stesse.
Di aggressività ho parlato io perché è proprio altra cosa dalla violenza.
No Ipazia non è imploso niente, si è sviluppato in modo molto positivo. Ogni movimento che è di una minoranza è vittorioso se riesce a entrare nella mente e nella prassi della maggioranza. E questo è avvenuto.
Residui di contraddizioni sono normali.
Questa libertà di cui godete non vi è stata regalata.
Però adesso cercate di separare le questioni perché io non riesco a capire con chi ce l'avete. Appunto vedo rabbia confusa.
Ho trovato un collegamento con le arti marziali proprio per la ricerca di una modalità di controllo, non certo di competenze per agire con aggressività.
Mi farebbe anche ridere l'idea che una donna di 1,60 possa pensare di poter confrontarsi fisicamente con un aggressore maschio di media forza.
Nella mia c'è stato per tantissimo tempo la rivalsa, per esempio. Che diventava disprezzo e schifo.
Ci ho lavorato. E' rimasta la rabbia. Ma la rivalsa no. E la rabbia è energia che se ben condotta diventa determinazione e fermezza.
Il punto della questione della rabbia non è averla o meno. Il punto è usarla anzichè esserne usati.
Che è poi la differenza fra re-azione e azione.
Ovviamente stiamo facendo un discorso analitico. Quindi "pretendiamo" di scomporre emozioni complesse e analizzarle una per una. Che è un buon esercizio di consapevolezza, se è accompagnato dalla consapevolezza che è appunto una operazione analitica. E quindi artificiosa.
Nel concreto le emozioni si presentano complesse e mescolate.
Non a caso si parla di educazione alle emozioni, no?
Da cui discende poi l'educazione affettiva.
Non sono d'accordo che le conseguenze siano state positive e basta. E' pur vero che io ho evidenziato quelle negative e basta. Ma quelle positive ci sono. Sono quelle negative che spesso, secondo me, vengono messe sotto il tappeto.
Ho collaborato spesso con associazioni di donne, anche a livello nazionale, una delle grandi discussioni, con le "vecchie" del movimento riguardava la comunicazione fra generi.
E la mia critica è sempre stata, ed è, il fatto che gli uomini vengano esclusi. Io sono convinta che la comunicazione si co-costruisca. Escludere un genere, tenendolo tendenzialmente come contro-parte non lo condivido.
E questa è una delle eredità.
Quando parlo di movimento imploso parlo di non passaggio e traduzione alle nuove generazioni.
Che stanno dando per scontate tutte una serie di acquisizioni.
Ti ricordi, per esempio, la questione riguardo la legge 194? Collaboravo molto attivamente in quel periodo.
E ho fatto informazione a tappeto. Fra le ragazzette. Non sapevano praticamente nulla. E parlo di universitarie.
La catalogavano come legge sull'aborto. E diventava necessariamente uno schieramento morale rispetto a quella questione (e questo dal punto di vista politico, in quella campagna è stato anche strumentalizzato), quando quella legge è ben più complessa, e parla di autodeterminazione del corpo.
Il passaggio generazionale non si è tramutato in azioni di continuità. Tanto che tutta una serie di acquisizioni sono anche traballanti. Non c'è stato passaggio generazionale e trasformazione. Questo critico. In questo senso vedo implosione e fallimento. E conflitto.
E il conflitto, se ben condotto è una risorsa. Se è solo spazio in cui vince qualcuno allora no.
E si ritorna all'educazione alle emozioni. Anche la rabbia. E all'educazione alla gestione del conflitto.
E so che ben sai come manchi esattamente questo tipo di educazione. Da cui discende la questione dell'accettazione della diversità, per esempio.
Tu vedi rabbia confusa perchè siamo diverse. Semplicemente. Come in voi vedevano rabbia confusa chi vi guardava.
E' confuso il percorso per risalire a quello che c'è sotto. E trovo invece utile e produttivo, proprio per andarci sotto e trovare i nodi del dolore, confrontarsi esattamente sulla rabbia. Insieme. Donne e uomini.
Dialogando e cercando forme di comunicazione win win.
Come stiamo facendo io e te in questo momento per esempio.
Che portiamo ognuna la propria posizione e la scambiamo, cercando una nell'altra spunti per capire meglio.
E questo accade perchè è chiaro che l'obiettivo è comprendere. E conoscere.
Per quanto riguarda le arti marziali...nobody e brenin hanno già chiaramente espresso cosa è un percorso di disciplina marziale.
Dall'alto del mio 1,58 ti assicuro che è possibilissimo invece confrontarsi con un maschio di media forza fisica. E anche uscirne piuttosto bene. Capisco possa far ridere se non si è mai sperimentato. Ed hai ragione. Casi alle cronache non ne salgono perchè ragazzine che si avvicinano alla marzialità sono poche, seppur in crescita. E diminuiscono mano a mano si sale di età. Della mia età, per esempio, le donne sono pochissime che praticano, in proporzione. E non ho neanche 40 anni eh.
Ovviamente sto parlando di percorso di disciplina e arte marziale. Non di corsi di difesa personale. Che adesso van tanto di moda. E che personalmente mi piacciono poco. Anche se credo possano avere una loro funzione, se ben gestiti.
Un buon maestro di difesa in apertura di ogni lezione ricorda alle presenti di non credere di poter fare chissà che in un contesto di aggressione reale.
Che quello che si impara serve principalmente per aprire la porta alla consapevolezza di non essere indifese. E che esistono diversi terreni per difendersi. Non ridere insomma al pensiero di potersi confrontare. Anche se, un buon maestro, consiglia alle partecipanti a quei corsi di lasciar andare la borsa.
In un corso di difesa serio insegnano che la cosa migliore è riuscire a individuare il varco per scappare.
Aprono la questione dello "stupore" di fronte all'aggressione. Ma è acqua fresca.
Un buon maestro ripete fino alla nausea che credere di potersi davvero difendere per aver frequentato un corso di 40 ore è un inganno pericolosissimo. Molto.
Ma mette sul piatto una serie di questioni. Fa ragionare. E fa prendere confidenza con un corpo che non è abituato a muoversi in termini di difesa.
Altro discorso è un percorso marziale. Che dura anni. E allenamento costante, continuo, faticoso. Non solo fisicamente. Ma mentalmente ed emotivamente.
Un percorso marziale mette costantemente di fronte al limite. Fisico e mentale. Allena la frustrazione. La fatica. Insegna alla mente a essere attenta e presente. Insegna al corpo a muoversi per istinto.
Insegna le emozioni. E insegna a modularle.
Che la tecnica in sè non serve a niente. Come ben diceva sarastro. Una nera di karate può aver combattuto sul tatami. Ma se non ha mai sperimentato in reale, non saprà cosa fare.
In una situazione di aggressione reale scattano altri funzionamenti. Il corpo fa prima della mente. La mente interviene a posteriori. E serve una memoria muscolare per fare questo.
E serve il controllo acquisito e consolidato della mente a lasciare che il corpo faccia senza tuttavia farsi trascinare dal corpo. Ed è una sorta di retrocontrollo. Non passa attraverso il pensiero. Il pensiero è lento. In quelle situazioni.
Se pensi di dare un pugno, ne hai già presi tre...con un uomo di media forza ne basta uno per andare in terra.
Non pensi il pugno. Il corpo riconosce lo stimolo e agisce. Non RE-agisce. E per questo serve disciplina mentale.
Le arti marziali serie insegnano questo. (e se ho ridotto troppo all'osso confido in nob e brenin che mi integrino.)
Poi, so che le arti marziali hanno una brutta fama. Marziale in fondo significa guerra.
Capisco vengano confuse con gli sfoghi che anche io ho visti nelle gabbie delle arti che fra l'altro vanno molto di moda adesso.
Ma l'arte marziale è ben altro dalla gabbia, dal colpo cieco, dallo sfogo incontrollato di potenza.