Election day : hillary Vs Donald

Nobody

Utente di lunga data
In America non esiste la sinistra almeno non nella concezione più pura del comunismo....il socialismo vabbè
Mussolini insegna :p

nemmeno Matteo Renzi è di sinistra, sfido chiunque a dimostrarmelo :D
appunto, da un bel po' di tempo nemmeno qui, a dir la verità :D ma chi comanda e chi fa informazione si ostina a non capirlo, salvo poi dopo le elezioni ammettere di non averci capito un cazzo :carneval: Vedi New York Times... :rolleyes:
 

Nobody

Utente di lunga data
Credo che i distinguo oggi vadano fatti sulla base delle persona a cui parlano i diversi schieramenti.
La destra appare più orientata a parlare con operai, ceto medio insoddisfatto, piccola imprenditoria, abitanti delle piccole città.
La sinistra sembra trovi più ascolto presso laureati, dipendenti, pensionati, borghesia, ma anche, nel caso della Clinton, se la vogliamo paragonarla alla nostra sinistra, grossi gruppi finanziari.
Almeno, questa è una mia sensazione, magari errata.

In questo, sembrano ripetersi alcune modalità già viste in passato, nella prima metà del secolo scorso, con i dovuti distinguo.
no no, ma quale errata, è esattamente così... guarda Roma dove ha preso i voti il PD. Prati, Parioli... lì ha fatto il pieno. Nelle periferie buio totale. E se tutto questo non cambierà, e sono certo che non cambierà, l'effetto Trump si vedrà in tutta Europa.
 

Nobody

Utente di lunga data
Hai centrato in pieno proprio quello che la "signora" non ha voluto o potuto capire...
faccio qualche esempio:

- Durante le primarie in Michigan, Trump, all'ombra di una fabbrica Ford, ha minacciato l'azienda che se avesse portato avanti il piano di chiudere la fabbrica e trasferirla in Messico, lui avrebbe applicato una tariffa del 35% su ogni vettura fabbricata in Messico e rispedita agli Stati Uniti. È stata ovviamente musica per le orecchie degli operai del Michigan.
- Trump ha minacciato i vertici della Apple che li avrebbe costretti a fermare la produzione di iPhone in China, per trasferirla esclusivamente in America.
- e questi sono tutti lavoratori arrabbiati, amareggiati, ingannati dall'effetto a cascata di Reagan ed abbandonati dai Democratici che ancora cercano di predicare bene ma, in realtà, non vedono l'ora di flirtare con un lobbista della Goldman Sachs che firmerà un gran bell'assegno prima di lasciare la stanza....
- senza poi contare il supporto fornito dalla Clinton ai trattati Nafta e Tpp, che hanno fortemente danneggiato le economie di 4 stati americani ( Michigan,Ohio,Pensylvania e Wisconsin ) che erano sempre stati serbatoio di voto per i dem e che ora, guarda caso, hanno votato Trump'....
Aggiungo una cosa, sul giornalismo statistico predittivo, degli analisti, della mole imponente di numeri messi in campo , tutti a prevedere la vittoria dei dem... e come scriveva un giornalista, alla luce del risultato finale decisamente controcorrente, " ... I giornalisti devono uscire dagli uffici, alzarsi dalle scrivanie, alzare gli occhi dai loro smartphone, scansare l'ego che gli impedisce la visuale e tornare a consumarsi le suole delle scarpe per capire il mondo. E con loro, anche gli editori devono pretendere che si torni a fare questo e investire perché si torni a fare questo. Altrimenti sarà inutile lamentarsi della crisi.La politica e il giornalismo: i due mondi più lontani dalla realtà che esistano oggi. USA 2016 ci insegna anche questo, ce lo ricorda con un monito molto chiaro e preciso. Chi saprò raccoglierlo? " E qui ci sarebbe da meditare.....
che Trump non ami la globalizzazione è sicuro... che poi riuscirà a cambiare davvero le cose, molto meno. Ma certamente è vero quello che dici, i voti li ha presi per queste promesse.
La cosa davvero fattibile, è un miglioramento dei rapporti con la Russia. Con la "signora" alla Casa Bianca, viste le sue idee malsane una guerra mondiale diventava davvero possibile.
 

brenin

Utente
Staff Forum
che Trump non ami la globalizzazione è sicuro... che poi riuscirà a cambiare davvero le cose, molto meno. Ma certamente è vero quello che dici, i voti li ha presi per queste promesse.
La cosa davvero fattibile, è un miglioramento dei rapporti con la Russia. Con la "signora" alla Casa Bianca, viste le sue idee malsane una guerra mondiale diventava davvero possibile.
Renzi va per la prima volta a Mosca in una visita ufficiale... diversi dossier sul tavolo ( Libia,Ucraina,sanzioni,scambi commerciali ) e che fa appena messo il piede a Mosca ? va a deporre fiori sul luogo dell'assassinio di un noto oppositore del regime ucciso a pochi passi dal Cremlino. Il primo incontro politico con chi lo tiene ? con Medvedev ( primo ministro fantoccio, per niente considerato persino dagli stessi russi, che il nostro premier incontro dopo una riunione con pochissimi imprenditori ). E da ultimo incontra Putin: ecco, quanto descritto - nella forma protocollare svoltasi - per i russi significa che conti poco o nulla. Per "loro" chi conta parla con Putin in primis, poi - eventualmente - con altri esponenti del governo ma la scala gerarchica deve essere tassativamente rispettata. Quando Putin ti riceve per ultimo.... non è un buon segno ( e non mi dilungo oltre ). Che bisogno c'era di deporre i fiori con tanto di squilli di trombe e tamburi ? a che pro ? Non conosce niente della Russia,di Putin,dei russi,del loro modo di pensare ed agire, mentre loro sanno esattamente tutto di lui.... questa è bieca superficialità, grossolano pressapochismo, applicare sempre il solito clichè sia che incontri la Merkel,od Obama o Putin, questo è un comportamento che lo scredita non solo agli occhi dell'opinione pubblica russa ma internazionale. Che altro aggiungere ? peggio di così non avrebbe potuto fare. e cosa possiamo aspettarci da questi personaggi... se si avesse la modestia e la lungimiranza di sapersi adattare all'interlocutore,di studiarlo approfonditamente,di coltivare relazioni franche e dirette ( e non come pecora di un gregge ), allora forse tanti problemi correnti non ci sarebbero.
 

ologramma

Utente di lunga data
Renzi va per la prima volta a Mosca in una visita ufficiale... diversi dossier sul tavolo ( Libia,Ucraina,sanzioni,scambi commerciali ) e che fa appena messo il piede a Mosca ? va a deporre fiori sul luogo dell'assassinio di un noto oppositore del regime ucciso a pochi passi dal Cremlino. Il primo incontro politico con chi lo tiene ? con Medvedev ( primo ministro fantoccio, per niente considerato persino dagli stessi russi, che il nostro premier incontro dopo una riunione con pochissimi imprenditori ). E da ultimo incontra Putin: ecco, quanto descritto - nella forma protocollare svoltasi - per i russi significa che conti poco o nulla. Per "loro" chi conta parla con Putin in primis, poi - eventualmente - con altri esponenti del governo ma la scala gerarchica deve essere tassativamente rispettata. Quando Putin ti riceve per ultimo.... non è un buon segno ( e non mi dilungo oltre ). Che bisogno c'era di deporre i fiori con tanto di squilli di trombe e tamburi ? a che pro ? Non conosce niente della Russia,di Putin,dei russi,del loro modo di pensare ed agire, mentre loro sanno esattamente tutto di lui.... questa è bieca superficialità, grossolano pressapochismo, applicare sempre il solito clichè sia che incontri la Merkel,od Obama o Putin, questo è un comportamento che lo scredita non solo agli occhi dell'opinione pubblica russa ma internazionale. Che altro aggiungere ? peggio di così non avrebbe potuto fare. e cosa possiamo aspettarci da questi personaggi... se si avesse la modestia e la lungimiranza di sapersi adattare all'interlocutore,di studiarlo approfonditamente,di coltivare relazioni franche e dirette ( e non come pecora di un gregge ), allora forse tanti problemi correnti non ci sarebbero.
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Analisi perfetta delle situazioni che si sono venute a creare in America e Russia , che dire pigio ..mi piace...come nel famoso network
 

Nobody

Utente di lunga data
Renzi va per la prima volta a Mosca in una visita ufficiale... diversi dossier sul tavolo ( Libia,Ucraina,sanzioni,scambi commerciali ) e che fa appena messo il piede a Mosca ? va a deporre fiori sul luogo dell'assassinio di un noto oppositore del regime ucciso a pochi passi dal Cremlino. Il primo incontro politico con chi lo tiene ? con Medvedev ( primo ministro fantoccio, per niente considerato persino dagli stessi russi, che il nostro premier incontro dopo una riunione con pochissimi imprenditori ). E da ultimo incontra Putin: ecco, quanto descritto - nella forma protocollare svoltasi - per i russi significa che conti poco o nulla. Per "loro" chi conta parla con Putin in primis, poi - eventualmente - con altri esponenti del governo ma la scala gerarchica deve essere tassativamente rispettata. Quando Putin ti riceve per ultimo.... non è un buon segno ( e non mi dilungo oltre ). Che bisogno c'era di deporre i fiori con tanto di squilli di trombe e tamburi ? a che pro ? Non conosce niente della Russia,di Putin,dei russi,del loro modo di pensare ed agire, mentre loro sanno esattamente tutto di lui.... questa è bieca superficialità, grossolano pressapochismo, applicare sempre il solito clichè sia che incontri la Merkel,od Obama o Putin, questo è un comportamento che lo scredita non solo agli occhi dell'opinione pubblica russa ma internazionale. Che altro aggiungere ? peggio di così non avrebbe potuto fare. e cosa possiamo aspettarci da questi personaggi... se si avesse la modestia e la lungimiranza di sapersi adattare all'interlocutore,di studiarlo approfonditamente,di coltivare relazioni franche e dirette ( e non come pecora di un gregge ), allora forse tanti problemi correnti non ci sarebbero.
Sono pienamente d'accordo... oltretutto va a deporre fiori lì per servilismo verso chi l'ha voluto al potere. Perchè il nostro è solo un burattino... ben pagato ovviamente, e ben privilegiato. Ma sempre di pupazzo si tratta, quindi senz'anima (ormai venduta) e coi fili ben allacciati...
 

brenin

Utente
Staff Forum
Brenin, ti posso fare una domanda?
Ma secondo te, perché anche in Italia Trump (lui solo) è stato dipinto come il demonio?
Ieri su FB non ho letto altro che tristi considerazioni di amici che si strappavano le vesti per la mancata elezione della Clinton. In ufficio pure.
Io mi sono astenuto dal partecipare a discussioni che erano chiaramente di pura partigianeria e scarsamente costruttive.
E se avessi detto quello che tu hai scritto della Clinton e che condivido, credo che sarei stato fortemente criticato.
Perché si è arrivati a questo?
Eppure hai postato link e articoli di giornale che descrivono un'altra realtà.


PS Sono anni che non guardo la televisione. Mi informo principalmente attraverso internet, ormai.
Mi rendo conto che informarsi, se si vuole, non è impossibile.
Basta leggere fonti differenti, sempre.
Scrivo la mia.... accostando il successo che ebbe il cavaliere a quello di Trump.... tanto "merito" di questi successi ( particolarmente per il ns. Paese ) secondo me è da imputare ai famosi intellettualoidi radical chic di sinistra ( dicono loro ), quelli dei " salotti buoni " , che tanto parlano,straparlano, che usano talvolta linguaggi talmente accademici da sembrare astrusi, che ben se ne guardano di andare nelle fabbriche e parlare con i lavoratori, che sono lontani anni luce dalla gente, dalle loro problematiche,da tutto ciò che concerne la vita "reale" di un comune mortale, tantè che - se non erro - è addirittura sparito dal loro vocabolario la parola " militante " . E' gente dedita ad ostentare visioni ed idee di sinistra, in modo radicale e settario , perchè così è di moda e perchè la destra è rozza,fascista ed ignorante. Loro hanno ragioni " a prescindere " , sono i detentori di verità assolute che rilasciano in pillole affinchè tutti non si affaticassero troppo a capirli. Li accomuno alla corte del re sole a Versailles, i Veltroni,i Dalema,i Rutelli, che hanno fatto della politica una professione ben remunerata e molto durevole nel tempo. E poi, da ultimo, questa mania di suddivisioni interne e litigiosità....
 

PresidentLBJ

Pettinatore di bambole
Se pensiamo che conservare un posto di lavoro, una asistenza sanitaria e una speranza di futuro per i propri figli sia un privilegio è chiaro che la gente che non si spartisce la torta (gli ultimi, come li ha chhiamati Trump) ti si rivoltano contro.

E questo presumo stia per succedere un po' dappertutto.
Un tempo c'erano le politiche sociali, oggi come oggi solo quelle assistenziali, ma la gente non ha bisogno di assistenza, ha bisogno di muoversi in un sistema praticabile, vivibile, non in uno dove devi rinunciare a qualsiasi certezza in nome dell' arrichimento delle elites bancarie.

Poi possiamo pure discutere su chi rappresenti Trump, ma quello che si è sentito, quello è.
Quoto. Magari dopo questa volta gli analisti riusciranno a capire che i "poveri" votano chi li difende (o almeno promette di difenderli) da altri "poveri".
 

danny

Utente di lunga data
Quoto. Magari dopo questa volta gli analisti riusciranno a capire che i "poveri" votano chi li difende (o almeno promette di difenderli) da altri "poveri".
Da quello che leggo qua e là e dalle condivisioni sui social temo si continui a insistere sulla modalità degli altri come "brutti sporchi e cattivi", usando tra l'altro linguaggi basici e semplificati al massimo per arrivare a tutti senza la necessità di effettuare troppi ragionamenti.
Forse la convinzione è che insistendo su questo punto si riesca a convincere le persone che è davvero così e a rigettare qualsiasi responsabilità.
Piuttosto temo che per evidenziare la cosa si introducano anche eventi destabilizzanti.
Inoltra la pratica del votare il meno peggio e del turarsi il naso, sta evidenziando i suoi limiti.
Trump è un avversario di livello infimo a cui si è contrapposta una candidata impresentabile.
Si sta evidenziando così una tendenza a peggiorare per entrambi gli schieramenti la leadership e di conseguenza le proposte.
Per me stanno realizzando che l'astina si può spostare sempre più verso il basso, gradualmente, senza trovare ostacoli.
Niente di diverso ovviamente sta accadendo da noi.
 
Ultima modifica:

spleen

utente ?
Da quello che leggo qua e là e dalle condivisioni sui social temo si continui a insistere sulla modalità degli altri come "brutti sporchi e cattivi", usando tra l'altro linguaggi basici e semplificati al massimo per arrivare a tutti senza la necessità di effettuare troppi ragionamenti.
Forse la convinzione è che insistendo su questo punto si riesca a convincere le persone che è davvero così e a rigettare qualsiasi responsabilità.
Piuttosto temo che per evidenziare la cosa si introducano anche eventi destabilizzanti.
Inoltra la pratica del votare il meno peggio e del turarsi il naso, sta evidenziando i suoi limiti.
Trump è un avversario di livello infimo a cui si è contrapposta una candidata impresentabile.
Si sta evidenziando così una tendenza a peggiorare per entrambi gli schieramenti la leadership e di conseguenza le proposte.
Per me stanno realizzando che l'astina si può spostare sempre più verso il basso, gradualmente, senza trovare ostacoli.
Niente di diverso ovviamente sta accadendo da noi.
E' la personalizzazione della politica. Un tempo dietro le persone c'era il sistema di potere dei partiti, con tutte le sue storture ma anche con apparati e soprattutto elites che sapevano elaborare una politica precisa o quantomeno coerente.
Oggi come oggi avanti tutti in ordine sparso, con la politica ridotta a slogan e promesse alle varie lobbies.
Mi chiedo se da noi come in Amerika ci sia ancora qualcuno che abbia una visione, un obbiettivo aggregante che non sia la mera messa in pratica di vuote promesse elettorali.
Trump e altri sono prima di tutto un fallimento della politica. Che una volta si chiamava nobile arte e che è finita per assomigliare all'altra nobile arte: il pugilato.
 

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
Staff Forum
Quoto. Magari dopo questa volta gli analisti riusciranno a capire che i "poveri" votano chi li difende (o almeno promette di difenderli) da altri "poveri".
Scrivo la mia.... accostando il successo che ebbe il cavaliere a quello di Trump.... tanto "merito" di questi successi ( particolarmente per il ns. Paese ) secondo me è da imputare ai famosi intellettualoidi radical chic di sinistra ( dicono loro ), quelli dei " salotti buoni " , che tanto parlano,straparlano, che usano talvolta linguaggi talmente accademici da sembrare astrusi, che ben se ne guardano di andare nelle fabbriche e parlare con i lavoratori, che sono lontani anni luce dalla gente, dalle loro problematiche,da tutto ciò che concerne la vita "reale" di un comune mortale, tantè che - se non erro - è addirittura sparito dal loro vocabolario la parola " militante " . E' gente dedita ad ostentare visioni ed idee di sinistra, in modo radicale e settario , perchè così è di moda e perchè la destra è rozza,fascista ed ignorante. Loro hanno ragioni " a prescindere " , sono i detentori di verità assolute che rilasciano in pillole affinchè tutti non si affaticassero troppo a capirli. Li accomuno alla corte del re sole a Versailles, i Veltroni,i Dalema,i Rutelli, che hanno fatto della politica una professione ben remunerata e molto durevole nel tempo. E poi, da ultimo, questa mania di suddivisioni interne e litigiosità....
Oddio nelle fabbrica magari ci sono quelli della FIOM che ascoltano, dopodiché il nulla
E se dobbiamo dirla tutta nessuna e ribadisco nessuna parte politica ha mai e ribadisco mai dato voce agli operai
né la sinistra radical chic né la destra e nemmeno salvini o Grillo

quando vedrò qualche parte politica seriamente impegnata a dare voce agli operai te la segnalo :p
 

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
Staff Forum
Fonte : espress.it

INTERVISTA[h=1]Bauman: 'L'imbroglione Trump è un veleno, venduto come antidoto ai mali di oggi'[/h][h=2]La riflessione del decano dei sociologi europei sul nuovo Presidente Usa. Domenica sull'Espresso in edicola Lezioni Americane: nello speciale, Ian Buruma, Massimo Cacciari, Marco Damilano, William Frey, Marco Pacini, Jake Gyllenhaal e la storia illustrata da Makkox [/h]DI GIULIANO BATTISTON
11 novembre 2016
18



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Per Zygmunt Bauman, decano dei sociologi europei, tra i più autorevoli pensatori contemporanei, la vittoria elettorale di Donald Trump è un sintomo allarmante: riflette il divorzio ormai avvenuto tra potere e politica, da cui deriva un vuoto, un divario colmato da chi promette soluzioni facili e immediate a problemi complessi e sistemici, attingendo al ricco serbatoio della retorica populista.

Trump – spiega Bauman a l'Espresso – ha saputo giocare abilmente la carta dell'outsider e dell'uomo forte, combinando una politica identitaria discriminatoria e l'enfasi sulle ansie economiche dei cittadini americani, figlie del passaggio da un modello economico inclusivo a un modello che esclude, marginalizza e crea veri e propri esiliati. Trump si è presentato come l'antidoto alle incertezze del nostro tempo, ma è un veleno, sostiene Zygmunt Bauman, per il quale la vittoria dell'imprenditore statunitense lascia presagire il rischio che i tradizionali meccanismi di tutela democratica vengano sostituiti «dall'agglutinamento del potere in modelli autoritari o perfino autoritari».
I dimenticati del nuovo secolo hanno fatto la rivoluzione. A destra, perché la sinistra non li ha voluti vedere. Uno shock epocale che non riguarda solo gli Stati Uniti ma che scuote il concetto stesso di Occidente. Sulla copertina di questa settimana l'analisi di Ezio Mauro e la storia illustrata degli Stati (dis)Uniti d’America disegnata da Makkox. Tra gli altri servizi del numero in edicola da domenica 13 novembre, l'intervista esclusiva al direttore generale della Rai Antonio Campo Dall'Orto sullle promesse disattese della Tv di Stato. Ecco la presentazione del nuovo numero di Tommaso Cerno e Marco Damilano











Negli Stati Uniti e in Europa la reazione prevalente alla vittoria di Trump, perlomeno negli ambienti progressisti, è stata di stupore e paura. C'è chi ha parlato di «un grande pericolo», chi di «una sfida al modello democratico occidentale», chi di «una tragedia per la repubblica americana e per la Costituzione». Questi toni a tratti apocalittici le sembrano appropriati?
Le visioni apocalittiche spuntano fuori ogni volta che la gente entra nel “grande territorio sconosciuto”: quando si è certi che nulla, o molto poco continuerà a essere così come è stato, e non si ha alcun indizio su ciò che è destinato ad accadere o su ciò che probabilmente sostituirà quel che ci lasciamo alle spalle. Le reazioni alla vittoria di Trump hanno proliferato velocemente. La cosa sorprendente è che siano tutte consensuali: così come è successo nel caso del voto per la Brexit, si interpreta il voto per Trump come una protesta popolare contro l'establishment e l'elite politica del Paese nel suo complesso, nei confronti dei quali una larga parte della popolazione ha maturato una crescente frustrazione per aver disatteso le aspettative e non aver mantenuto le
promesse fatte. Non sorprende che tali interpretazioni siano particolarmente diffuse tra coloro che hanno forti interessi acquisiti nel mantenimento dell'attuale establishment politico.

Mentre Trump ha giocato proprio la carta dell'outsider...
Non essendo parte di tale elite, non avendo ricoperto alcun incarico elettivo, provenendo “dal di fuori dell'establishment politico” ed essendo ai ferri corti perfino con il partito di cui era formalmente membro, Trump ha offerto un'occasione unica per una condanna, senza appelli, contro l'intero sistema politico. Lo stesso è successo nel caso del referendum britannico, quando tutti i principali partiti politici (dai conservatori al Labour e ai Liberals) si sono uniti nella richiesta di restare nell'Unione europea, così che ogni cittadino ha potuto usare il proprio voto per esprimere il disgusto per il sistema politico nella sua interezza. Un altro fattore, complementare, è stato la notevole brama della popolazione affinché l'infinita litigiosità parlamentare, inefficace e impotente, venisse [h=1]VEDI ANCHE:[/h][h=1]Dalle 'donne sono cagne' a 'la pigrizia dei neri' Le 100 dichiarazioni peggiori di Donald Trump [/h][h=2]E poi muri da erigere, dittatori da esaltare, immigrati da deportare, bufale da cavalcare. È giunto il momento di analizzare la credibilità di questo candidato attraverso le sue stesse parole. Perché sì, Donald Trump può diventare il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America[/h]sostituita dalla volontà indomita e inoppugnabile di “un uomo forte” (o di una donna forte), capace con la sua determinazione e con le sue doti personali di imporre in modo immediato, senza tentennamenti e temporeggiamenti, soluzioni veloci, scorciatoie, decisioni vere. Trump ha costruito abilmente la propria immagine pubblica come una persona ricca di quelle qualità che l'elettorato sognava. Quelli appena citati non sono gli unici fattori che hanno contribuito al trionfo di Trump, ma sono senz'altro cruciali. Al contrario, la trentennale appartenenza di Hillary Clinton all'establishment e la sua agenda politica frammentata e compromissoria hanno giocato contro la popolarità della sua candidatura.

Concorda con quanti si spingono a leggere la vittoria di Trump come una manifestazione della crisi del modello democratico occidentale?
Credo che stiamo assistendo all'accurato svisceramento dei principi della “democrazia”, che si presumeva
fossero intoccabili. Non credo che il termine in sé verrà abbandonato, almeno come termine con cui descrivere un ideale politico, anche perché quel “significante”, come lo avrebbe definito Claude Levi-Strauss, ha assorbito ed è ancora capace di generare molti e differenti “significati”. C'è però una chiara possibilità che i tradizionali meccanismi di salvaguardia (come la divisione di Montesquieu del potere in tre ambiti autonomi, il legislativo, l'esecutivo e il giudiziario, o il sistema britannico di checks and balances) escano in qualche modo dal favore pubblico e vengano privati di significato, sostituiti in modo esplicito o di fatto dall'agglutinamento del potere in modelli autoritari o perfino dittatoriali. Le citazioni che lei ha riportato come reazioni alla vittoria di Trump indicano tutte una preoccupazione comune, sono sintomatiche di una tendenza crescente, che esiste: la tendenza a riportare – per così dire – il potere dalle nebulose vette elitarie dove è stato collocato o dove è stato trascinato verso “casa”. La tendenza dunque a riportare il potere all'interno di una comunicazione diretta tra l'uomo forte al vertice da una parte e dall'altra l'aggregazione dei suoi sostenitori e soggetti di potere, equipaggiati con i social network come strumenti di indottrinamento e di sondaggio delle opinioni.

Nel corso della campagna elettorale, Trump ha molto insistito sulle questioni razziali e sul nazionalismo più insulare e discriminatorio, ma non ha fatto appello solo a questi temi. Al di là degli attacchi sistematici verso i “diversi”, ha giocato la carta dell'incertezza economica di tutti quei cittadini americani che hanno la percezione di essere stati defraudati dai processi di globalizzazione. I due aspetti – l'ansia economica e l'ansia verso gli “altri” – sono legati? E come?
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Tra quanti hanno votato Trump, alcuni fanno parte della categoria degli “espulsi”: quei cittadini che facevano parte di un “contratto sociale” ma che ne sono stati espulsi forzatamente, insieme a quelli, giovani ma non solo, che non ne sono stati parte e non lo saranno mai in futuro. La vittoria di Trump rappresenta la fine del modello economico inclusivo, keynesiano, del dopoguerra, sostituito da un modello di segno opposto, che esclude?
Il passaggio da una visione del mondo, da una mentalità e da una politica economica che include a una che esclude non è affatto nuovo. È stato un passaggio strettamente sincronizzato con un altro salto qualitativo, quello da una società di produttori a una società di consumatori, che non sarebbe stato possibile senza la marginalizzazione, ovvero la creazione di una “sottoclasse” che non soltanto è degradata rispetto alla società delle classi, ma ne è stata del tutto esiliata, una categoria di “consumatori fallati” talmente esclusa da non poter essere riammessa. L'attuale tendenza verso la “securitizzazione” dei problemi sociali aggiunge acqua allo stesso mulino: rende le reti dell'esclusione ancora più ampie, mentre trasferisce coloro che finiscono in queste reti da una categoria che, per quanto inferiore, rimaneva di segno “positivo”, a una divisione che, per quanto morbida, rimane micidiale, sinistra e tossica.

In alcuni suoi libri, per esempio ne La solitudine del cittadino globale, lei analizza ciò che definisce come «la trinità malvagia», l'incertezza, l'insicurezza e la vulnerabilità, sentimenti prevalenti in un mondo in cui è avvenuto il divorzio tra potere e politica. È inevitabile che tale divorzio conduca all'uomo forte o al populismo?
Sì, tendo a credere che sia inevitabile. Il divorzio a cui fa riferimento lascia dietro di sé un divario – un divario che si sta spaventosamente allargando – dal quale emana la combinazione avvelenata della disperazione e della sfortuna. Gli strumenti ortodossi, che credevamo familiari e disponibili, per combattere e respingere efficacemente i problemi e le ansie che ci attanagliano sono ormai spuntati. Soprattutto, non si crede più che possano mantenere quanto promettono. Per una società nella quale sempre meno persone ricordano, di prima mano, cosa significasse vivere sotto un regime totalitario o dittatoriale, l'uomo forte – non ancora sperimentato - non sembra un veleno, ma un antidoto: per le sue presunte capacità di saper fare le cose, per le soluzioni veloci e istantanee, per gli effetti immediati che promette di portare come corredo alla sua nomina.

Beppe Grillo, il leader italiano del Movimento Cinque Stelle, ha sottolineato le similitudini tra le vittorie elettorali del suo partito e quella di Trump scrivendo che «sono quelli che osano, gli ostinati, i barbari, che porteranno avanti il mondo. E noi siamo i barbari!». È tempo che l'establishment faccia veramente i conti con i nuovi barbari?
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